Diretto da Valerie Faris e Jonathan Dayton, coppia di registi famosa per Little Miss Sunshine, e scritto dalla coprotagonista Zoe Kazan, Ruby Sparks è un film intelligente e che mira a distruggere quegli stilemi estremamente tossici che negli anni Hollywood e i media hanno instillato e costruito a proposito delle donne.
Il sempre eccellente Paul Dano interpreta Calvin, scrittore che ha ricevuto larghissima fama da giovanissimo ma che ora è bloccato, nella vita quanto nella scrittura: non solo non scrive, ma non ha amici, non ha una ragazza e l’unica persona che frequenta al di fuori di suo fratello è il suo analista, interpretato da Elliott Gould. Questo finchè una notte Calvin sogna una ragazza a cui dà nome Ruby Sparks e comincia a scrivere di lei. Ma, man mano che ne scrive lei diventa reale: una persona in carne ed ossa che non sa di essere un prodotto della mente. Calvin è finalmente felice, ma appena i due cominciano ad avere dei problemi lui sa che c’è solo un modo per risolverli.
La attrice e sceneggiatrice Zoe Kazan, figlia d’arte e nipote del regista Elia Kazan, ha avuto l’idea originaria pensando al mito di Pigmalione e dandogli un punto di vista personale e femminile. Ma è indubbio che la storia abbia più di una implicazione, tutte che vanno a comporre uno sfaccettato mosaico femminista sulla visione della donna e in particolare su come è vista al cinema. Infatti, Ruby Sparks può essere visto come un 500 giorni insieme, più drammatico e più graffiante. Entrambi sono film che vanno a ironizzare sulla figura della manic pixie dream girl e in particolare sugli uomini che hanno questo ideale irraggiungibile. Manic pixie dream girl è un termine che è stato coniato dal giornalista Nathan Rabin in relazione al film del 2006 Elizabethtown, in cui il personaggio interpretato da Kirsten Dunst si comporta come magica risolvitrice di tutti i mali dello sfortunato protagonista, senza avere nessun altro tipo di scopo o di tratto caratteriale che non quello di essere una influenza estremamente frizzante e positiva per la controparte maschile. Dopo il suo conio, il termine è stato usato anche retroattivamente, talvolta in modo azzeccato, per esempio la Natalie Portman in La mia vita a Garden State, altre volte meno, per esempio con Clementine in The eternal Sunshine of the spotless mind, in cui anzi questo stilema viene satirizzato in modo consapevole.
Ruby è letteralmente una manic pixie dream girl: è il prodotto dell’immaginazione di uno scrittore che non vuole vivere con una donna reale ma con una fantasia, esattamente come tanti esempi di personaggi femminili al cinema sono in effetti stati concepiti. Fantasie della donna ideale, che negli anni si è evoluta e che, soprattutto nell’ultimo ventennio, è appunto una manic pixie, letteralmente una “fatina sempre felice”. Ovvero una donna giovane attraente ma con qualche stranezza o particolarità che dovrebbe essere posta come difetto ma che la rendono solamente ancora più adorabile. Modello di questo stereotipo è diventata l’attrice Zooey Deschanel, sia nella vita reale che in quella di finzione, soprattutto per i personaggi di Summer in 500 giorni insieme e di Jess in New girl.
Ruby Sparks parte proprio da questa premessa: cosa succederebbe se la manic pixie dream girl dei sogni divenisse reale? La risposta dà già la tesi del film: smette di essere una manic pixie dream girl e diventa una persona reale, che ha una propria personalità che esula dal partner maschile. Quindi, in pratica, non esiste. La risposta a questa domanda viene data a circa metà film ed è qui che la narrazione si sviluppa in toni più cupi, quasi da film horror. Calvin la cambia, fino al punto di manovrarla come un burattino. E qui allora la critica femminista trascende la critica hollywoodiana e arriva ad attualissimi fenomeni relazionali che interessano tantissime donne.
Calvin è infatti inquadrato come un narcisista patologico, una persona che gode di sé stessa, si crede vittima di tutto e che non ha un vero interesse per altre persone, specialmente donne. Quando incontra la sua ex Laila, lei gli dice che l’unica persona con cui lui vuole avere una relazione è sé stesso. E in quel momento in effetti Calvin è in una relazione con sé stesso, con un prodotto della sua mente e quindi del suo volere. La rapida escalation di cambiamenti che Calvin esercita su Ruby ha moltissime similitudini con quello che una donna può fare esperienza in una relazione malsana e violenta. Quando lei sta per lasciarlo lui scrive che lei non può vivere senza di lui e così via. In amore, i narcisisti sono burattinai e Calvin ha potentissimo strumento per applicare senza limiti la sua mania di controllo e il suo bisogno di continua attenzione.
Dal freddo senso dell’umorismo e dalla premessa assurda e dai risvolti drammatici, Ruby Sparks ricorda molto qualcosa che avrebbe potuto scrivere Charlie Kaufman, sceneggiatore non a caso di Eternal Sunshine of the Spotless mind, che come abbiamo detto satirizza questo stereotipo. I due registi però hanno comunque una mano riconoscibile, soprattutto nel delineare i personaggi mai come completamente simpatici o empatici, ma anzi lasciandoli avvolti in un’aura di disilluso scetticismo ma condivisibile fallacia.
Tra le chicche di attori, anche Annette Bening nel ruolo della madre e Antonio Banderas in quello del suo nuovo compagno fricchettone. Paul Dano, come al solito, è sempre una garanzia, sia per la sua stessa recitazione per il livello di qualità dei film che sceglie.
Voto Autore: [usr 3,0]