Gli Academy Awards, più comunemente conosciuti come Oscar, sono a mani basse il premio cinematografico più ambito al mondo. Leonardo Di Caprio, ad esempio, non aveva bisogno di un riconoscimento per essere annoverato tra gli attori più bravi e influenti dell’era contemporanea; eppure, il fatto che non aveva ancora vinto una statuetta nel 2016 cominciava per lui a essere un problema. Alla fine l’attore, pupillo di Martin Scorsese, ha vinto proprio per un film tra i meno memorabili della sua carriera.
Un altro piccolo insight che può dare idea di quanto l’Academy sia preponderante nel mercato filmico è il fatto che la stessa mantiene una prelazione curiosa in relazione alle aste del cinema: se si dovesse mettere in vendita una statuetta d’oro, vinta da qualsiasi attore o regista, l’ente più autorevole di Hollywood potrebbe “riscattarlo” per la cifra simbolica di un dollaro.
Si è dunque portati a credere che qualsiasi decisione dell’Academy sia legge; che non vi possa essere errore nel loro giudizio o nel loro credo.
Si fatica a credere, nel concreto, che vi possa essere un novero di Oscar controversi. Strano a dirsi, nel corso del tempo si sono susseguite anche critiche per quello che è un premio ambito, desiderato ma che induce anche all’insoddisfazione professionale. Com’è plausibile un simile scenario?
L’Oscar di per sé è un qualcosa che ha cambiato costantemente volto; pertanto, è cambiato anche l’indotto emotivo e lavorativo che ruota intorno alla loro assegnazione. Basta pensare che alcuni attori, dopo la vittoria, hanno esperito una fase professionale di sconforto, dettata da aspettative elevatissime che andavano ad infrangersi contro la superficie spigolosa di copioni acchiappasoldi.
Ad Halle Berry, per prendere un semplice caso in esame, sono stati avanzati progetti di grande impatto commerciale; film che avevano come pregio il solo fatto di avere un budget smisurato da mettere a disposizione della produzione tecnica. A detta sua, si può parlare di una vera e propria “maledizione della statuetta”.
Cambia talvolta il punto di vista relativo agli Oscar: sono un premio che la dice sempre lunga su chi è il più bravo, oppure occorre prenderli con le pinse? Ciò che è certo è che molti dei premi conferiti hanno dovuto affrontare un turbinio di critiche e controversie; quasi fosse doveroso per l’Academy giustificare la sua scelta infausta.
Oscar Controversi – Una breve rassegna di titoli
Oscar Controversi – Forrest Gump
La rassegna degli Oscar giudicati tra i più controversi di tutti comincia da un film inatteso; uno di quelli che fa indubbiamente stringere il cuore. Forrest Gump nel 1995 si tirò appresso una serie infinita di critiche per aver “saccheggiato” il Dolby Theatre con l’assegnazione di ben sei statuetta (tra cui miglior film e miglior regia).
Non si ritiene che ci sia bisogno di discutere i contenuti emotivi del film diretto da Robert Zemeckis; eppure, c’è chi in quell’occasione trasalì per non aver visto trionfare altri due film dalla portata elevatissima: si tratta di Le ali della libertà e Pulp Fiction.
Forrest Gump ha avuto il demerito, a detta dei più, di proporre su schermo pochi tecnicismi, per un risultato finale toccante ma troppo melodrammatico. Non si percepiva la presenza di un lavoro profondo, di una struttura narrativa ricercata e di attori al meglio delle loro prestazioni.
Di contro, c’è da dire che se l’intento del cinema è quello di intrattenere e suscitare emozioni, questo ne è uno degli esempi più vividi. Non sempre il tecnicismo prevale e a volte si tende a premiare (anche giustamente) opere che grazie alla loro genuinità lasciano maggiormente il segno.
Rocky (1976)
Il primo Rocky è già di suo un titolo controverso. Gli Oscar che si assicurò nel 1977 sono ben tre: miglior regia, miglior film e miglior montaggio (non propriamente tre statuette “leggere”). Fa stranire gran parte del pubblico il suo trionfo a scapito di capolavori come Taxi Driver o Quinto potere, pietre miliari della storia del cinema mondiale.
In questo caso la scelta dell’Academy appare come assolutamente giustificata: Rocky fu realizzato con un milione scarso di budget, in soli 28 giorni e con gli attori che si cambiavano tra una scena e l’altra in un camper parcheggiato sul set (indossando, tra l’altro, i loro vestiti personali).
Stallone scrisse di suo punto la sceneggiatura e lottò per prendere parte al progetto. Inizialmente gli venne proposto dalla MGM di vendere lo script originale. L’attore, che viveva di espedienti poco esaltanti (si parla di soft porn) si impuntò e pretese di essere lui a interpretare lo Stallone italiano.
Questa è dunque una storia di riscatto, nella finzione e nella realtà. Plausibile premiare anche aspetti che esulano dal contenuto per celebrare la grande macchina dei sogni che il cinema talvolta mette in moto.
La Vita è bella
La vita è bella è un autentico orgoglio italiano. Nel 1999 vinse, prevedibilmente, il premio come miglior film straniero. Meno attesa la statuetta come miglior attore protagonista, conferita a Roberto Benigni. In tanti hanno avanzato critiche in riferimento a una scelta narrativa (quella di raccontare una storia correlata all’Olocausto) che da sempre è sinonimo di “ammicca Academy”.
C’è di vero che Benigni fu criticato anche per l’atteggiamento intrattenuto durante l’annuncio di Sophia Loren. Saltò sui seggiolini del Dolby Theatre camminando letteralmente su una folla incredula e sconcertata.
A ragion veduta, il parterre ha ritenuto quanto meno insolito veder trionfare uno straniero, ma questa è solo un’opinione (gli Oscar sono appunto un premio mondiale). Più comprensibile il dispiacere per non vedere premiati nelle stesse categorie film del calibro di Salvate il soldato Ryan che, ancora una volta, vedeva un Tom Hanks in grande spolvero.
Shakespeare in Love
Si conclude poi con il titolo più controverso dei titoli più controversi di sempre. Su Shakespeare in Love si potrebbe tranquillamente proporre una rassegna a parte, tanto la sua aggiudicazione di sette statuette nel 1999 ha suscitato scalpore.
Andando con ordine, il film di per sé non è un’opera particolarmente vituperata. Si tratta pur sempre di un prodotto apprezzabile. La scelta di Gwyneth Paltrow come miglior attrice protagonista fece tuttavia sobbalzare la sala (tanto che si orecchiano anche dei fischi nel momento della premiazione stessa).
Ciò che fattualmente ha scatenato il pubblico è stato scoprire, intorno al 2016, la non troppo velata spinta di Harvey Weinstein a favore del film (di sua produzione). La Paltrow, tra l’altro, è una delle sue vittime più eminenti; pertanto, i cinefili hanno semplicemente trovato conferma di quanto asserivano: Shakespeare in Love è un buon film che ha ottenuto più di quanto meritasse. Un frutto del lato oscuro di Hollywood insomma.
Più che di film contestati si parla dunque di Oscar contestati. Si è vissuto male l’iter che ha portato alla loro proclamazione: ricevere una statuetta è pur sempre un atto che certifica la “superiorità” di un’opera rispetto a un’altra e spesso il pubblico si è sentito per questo specifico fatto piuttosto ingannato.