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Mass – Sull’elaborazione della perdita e della colpa

L’esordio alla regia del leggendario Marty Mikalski (Fran Kranz)

Se c’è un film che si è rivelato capace di divenire instant cult nel corso di pochi anni e dunque istantaneamente, quel film è Quella casa nel bosco, distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi e internazionali nel 2012.

In Quella casa nel bosco, Joss Whedon e Drew Goddard, rispettivamente sceneggiatore e regista del film, rileggevano gli stilemi e cliché dell’horror restando a metà strada tra parodia e ricerca di un linguaggio horror assolutamente originale, citazionista e dunque fortemente debitorio, nonostante forzatamente scanzonato e derisorio.

Un personaggio certamente memorabile del film è proprio Marty Mikalski (Fran Kanz), il giovane drogato, nonchè saggio del gruppo che tra teorie cospirazioniste, percezioni folli e tuttavia centrate, comprende prima degli altri la situazione paradossale e da incubo che li vede vittime di un gioco ben più grande di loro, talmente letale da condurli alla morte.

Mass
Marty Mikalski (Fran Kranz) – Quella casa nel bosco

Nel 2021 Fran Kranz esordisce alla regia con Mass, un dramma d’impegno sociale di grande forza e impatto, dopo una lunga esperienza da interprete maturata con grandi nomi del cinema nordamericano tra i quali Richard Kelly, Ridley Scott, Peter Spears e M. Night Shyamalan.

Mass compie un lungo percorso festivaliero, dal Sundance Film Festival, ai Gotham Indipendent Film Awards, fino Critics’ Choice Awards e infine agli Independent Spirit Awards raccogliendo importanti premi tra i quali il Premio Robert Altman al miglior cast e quello alla Miglior interpretazione da non protagonista a Reed Birney.

L’esordio di Fran Kranz è una vera sorpresa, un piccolo grande film che sembra annunciare una promettente carriera registica, sulle tracce di un modello cinematografico senza dubbio impegnato, autoriale e dal forte spirito indipendente.

Impostazione teatrale – Cinema scarno ed essenziale

Mass non è uno di quei film dalla trama elaborata e complessa, piuttosto ricerca la semplicità e l’essenzialità nel fotografare un momento d’incontro tra due coppie adulte che si ritrovano sedute ad un tavolo per discutere delle loro vite, del peso della colpa e delle conseguenze di un gesto drammatico che diversi anni prima, seppur in modo differente, ha costretto ciascuno di loro ad elaborare una perdita che non potrà mai essere in nessun modo razionalizzata e accettata, quella dei rispettivi figli.

Il tema centrale, nonostante la sceneggiatura di Kranz lo ponga abilmente come sottotraccia e sfondo di ciò che il film mostra e racconta, è quello delle stragi scolastiche negli Stati Uniti, una piaga che sembra sempre più destinata ad allargarsi e peggiorare, poiché la sofferenza giovanile è in continuo e rapido aumento, così come l’accesso pressoché semplificato e illimitato alle armi.

Il figlio di Richard (Reed Birney) e Linda (Ann Dowd) ha infatti ucciso diversi compagni di classe negli anni del liceo, tra quelli, il figlio di Jay (Jason Isaacs) e Gail Perry (Martha Plimpton) che dopo aver sofferto e insultato pubblicamente i genitori dell’assassino del figlio, decidono una volta per tutte di incontrarli per indagare le origini di quel male e infine incontrarsi spiritualmente, tanto sulla perdita, quanto sulla speranza che le loro vite possano proseguire.

Quell’incontro dovrebbe perciò rivelarsi capace di liberarli da quel fardello di colpe e dubbi e verità non dette, così pesante da provocare perfino la divisione della coppia e la distruzione definitiva del nucleo familiare, già duramente minato da quella perdita incancellabile.

Mass
Ann Dowd, Reed Birney, Michelle N. Carter, Jason Isaacs and Martha Plimpton in MASS

Frank Kranz sembra inizialmente porsi sulle tracce del Polanski di Carnage, ossia cinema da camera – concentrato su pochi personaggi e ambienti, ma non privo di una costruzione scenografica e filmica imponente e presente – per poi allontanarsene ben presto, seguendo piuttosto un modello cinematografico sempre più poggiato sull’impostazione scenica e di movimento del teatro in sottrazione, quello caratterizzato da un linguaggio scarno e inserito in un contesto drammaturgico e scenografico essenziale e per certi versi privo di qualsiasi abbellimento o riferimento a ad altro testo.

Mass dunque compie questa scelta, privandosi tanto di colonna sonora, quanto di elementi narrativi base (flashback e flash forward) che se in qualsiasi altro caso sarebbero stati capaci di spezzare e aggiungere eventi ad una narrazione estremamente lineare e rigida, qui avrebbero assunto tutt’altro significato, per questa ragione il film sceglie di non servirsene, concentrandosi sui volti dei suoi interpreti e sulla forza del dialogo che è senz’altro l’elemento centrale e realmente memorabile del film.

Le interpretazioni – Sull’elaborazione delle colpe e del lutto

Laddove la scrittura dalla sorprendente maturità di Fran Kanz si rivela capace di veicolare Mass in una direzione sempre più da cinema americano d’impegno sociale e politico – nel suo essere così fortemente spigolosa, spietata, analitica e commovente – sono proprio le quattro interpretazioni principali il fulcro del film, le basi attorno alle quali tutto nasce, muta e infine si distruggendo, trovando una nuova genesi.

Quattro interpretazioni differenti, funzionali e di una potenza scenica francamente senza precedenti: dalla prova in sottrazione, distruttiva seppur amorevole di Jason Isaacs, a quella ben più sofferta e riflessiva di Ann Dowd, fino alla disperazione fisica e psicologica resa ottimamente da Martha Plimpton e Reed Birney, che si muove ancora una volta lungo due tracce opposte, la prima fatta di silenzi e poi lacrime e urla, e la seconda, molto più rassegnata e in qualche modo costretta a cancellare il male che è stato, celato in uno sguardo che non riesce però a nasconderne la presenza.

Mass è un logorante e necessario dialogo a quattro voci e volti che scava nelle profondità psicologiche concentrandosi sui non detti e indagando il reale significato delle colpe che ciascuno dei quattro ha commesso e taciuto, così come sulle conseguenze del lutto, tanto sul piano fisico, quanto su quello psicologico.

Mass
Incontrarsi sulle colpe di una perdita

Un racconto cinematografico abile e di notevole portata narrativa che scandaglia un lungo periodo di tempo senza mai mostrarlo davvero, almeno, non per immagini, ma che trova una resa ancor più chiara e netta grazie alla forza della scrittura, così sincera e chirurgica.

Di grande intelligenza infine la riflessione sul tema ancora oggi tristemente attuale e nevralgico delle stragi scolastiche negli Stati Uniti che assume finalmente un punto di vista mai esplorato, poiché concentrato sulle vittime di secondo piano, coloro che a casa hanno atteso inutilmente il ritorno di un figlio, che forse quel giorno ha imbracciato un fucile, o che invece è morto per mano di un coetaneo, tra le aule di una scuola che avrebbe dovuto garantire ad entrambi gli individui sicurezza, comprensione e aiuto.

Mass non è un film semplice, al contrario, è di una lucidità spietata e per questo disarmante sul male che ogni uomo può produrre o incontrare e che nasce lentamente nel corso del tempo, quel tempo che se privato d’attenzione e sguardo, può condurre alla fine tragica e definitiva, ossia la morte che porta inevitabilmente con sé una lunga serie di complicazioni ed effetti rispetto alle vite e sentimenti di coloro che invece restano, ricordando quelle colpe, dubbi e sensazioni, nell’amara consapevolezza di non potervi più porre alcun rimedio.

Un dramma importante, un esordio sorprendente.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Mass di Fran Kranz riflette sul tema delle stragi scolastiche americane raccontando con inaspettata sincerità l'elaborazione della perdita, attraverso l'incontro tra quattro individui che seppur divisi dalla morte e dal dolore, si ritrovano nella comune volontà di proseguire lungo il cammino della vita, nonostante il peso della colpa e la necessità di un perdono apparentemente irraggiungibile.

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