Quando Wes Craven nel 1996 gira quel capolavoro indiscusso che è Scream, si diverte a prendere in giro l’horror e i suoi clichè, smontandoli e rivelandoli come tali. Riesce comunque a suscitare paura nel pubblico dimostrando che gli stereotipi del cinema dell’orrore funzionano sempre. Drew Goddard (sceneggiatore di Cloverfield e di serie cult come Lost e Alias), con il suo film d’esordio come regista, Quella casa nel bosco (The Cabin in the Woods, 2012), compie un’operazione simile a quella del maestro del terrore. In collaborazione con lo sceneggiatore Joss Whedon (creatore della serie televisiva Buffy l’ammazzavampiri e del mitico The Avengers), Goddard scrive e dirige un film che è un vero e proprio tributo al genere horror.
Il plot di Quella casa nel bosco è apparentemente quanto di più banale possa esserci. Sin dall’inizio il film strizza l’occhio al filone dei teen horror che vede di solito come protagonisti un gruppo di giovani bellocci (tranne lo sfigato di turno) con gli ormoni in subbuglio, che s’apprestano a trascorrere una vacanza tutta sesso e rock and roll in un luogo che si rivela tutt’altro che pacifico. I protagonisti di Quella casa nel bosco sono cinque ragazzi tipicamente americani: c’è il palestrato, la bionda sexy e disinibita, la timida ragazza intellettuale, il buffone e il nerd. Decisi a trascorrere un weekend in completo relax, i malcapitati si recano in un vecchio e malandato cottage sulle rive di un lago. La loro vacanza presto si trasformerà nel peggiore degli incubi. Dovranno vedersela con zombie assetati di sangue e con una schiera di orribili creature, tutte vere e proprie icone dei classici film dell’orrore: lupi mannari, pagliacci stile Pennywisedi “IT“, mummie, streghe e mostri multiforme sfileranno in una goliardica parata splatter durante la quale sopravvivere sarà sempre più difficile.
Drew Goddard con fare canzonatorio ma mai irriverente, rende omaggio al cinema horror attraverso continue citazioni e riferimenti disseminati in tutto il film. Non mancano scenari e trovate tipiche di un certo cinema splatter che per quanto prevedibili e prive di senso continuano inspiegabilmente a funzionare. Il gruppo dei giovani sventurati ricorda quelli di Venerdì 13 (Friday the 13th,1980) di Sean S. Cunningham che, giunti al Camp Crystal lake se l’erano dovuta vedere con Jason Voorhees e sua mamma Pamela. E se gli ospiti de La casa (Evil dead, 1981),celebre pellicola di Sam Raimi, evocavano accidentalmente dei demoni, quelli di Quella casa nel bosco attraverso la lettura di un vecchio diario, sembrano risvegliare una famiglia di zombi assetati di sangue. In realtà non sono loro i responsabili dell’orda dei non-morti che invade il bosco ed il cottage.
Nulla di ciò che accade in Quella casa nel bosco è casuale. Dietro al macabro soggiorno dei giovani c’è un vero e proprio complotto. Un gruppo di pseudo ricercatori, all’interno di un laboratorio-bunker osserva, grazie a delle telecamere nascoste, ogni mossa dei ragazzi e manovra le loro azioni attraverso delle droghe rilasciate nell’aria. Tutto ciò che a loro accade è magistralmente orchestrato da questi uomini che hanno selezionato i ragazzi affinché questi siano le vittime sacrificali di un rituale che mira a salvare l’umanità da antichi dei che altrimenti distruggerebbero il mondo.
Quella casa nel bosco sembra possedere la più tipica struttura legata all’ horror e pare adeguarsi ai meccanismi tipici del genere. Ben presto però, attraverso la cospirazione degli scienziati, ne rivela l’assoluta artificiosità. La vera natura allora della pellicola di Goddard è quella metacinematografica che rivela con sapiente ironia, trucchi e inganni della settima arte. Drew Goddard non si prende gioco solo delle convenzioni di un certo cinema dell’orrore. Si burla anche degli appassionati del genere. I ricercatori del laboratorio sotterraneo non sono solo i “veri registi” del film. Sono anche gli spettatori crudeli e spietati che, dalle loro stanze segrete (così come il pubblico delle sale cinematografiche) scherniscono i giovani per ogni loro sciagura e assistono distaccati al loro massacro.
L’horror è quel genere cinematografico che probabilmente più di ogni altro non ha avuto vita semplice. Nella storia del cinema è stato spesso oggetto di dure condanne, soprattutto da una parte della critica, quella per la verità un po’ altezzosa, che ha sempre visto questo genere con un certo sospetto, non riuscendo ad andare oltre la violenza visiva che inevitabilmente lo contraddistingue. A Drew Goddard va riconosciuto il merito di avere affrontato, attraverso uno splatter movie, tematiche complesse come quelle di un cinema che s’interroga sul proprio linguaggio dimostrando che un film horror non sempre è solo un mezzo d’intrattenimento. Talvolta, può avvicinarsi ad una vera e propria opera d’arte.