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Il mio nome è vendetta

Il mio nome è vendetta è un action thriller italiano diretto da Cosimo Gomez e sceneggiato dallo stesso regista insieme a Sandrone Dazieri e Andrea Nobile. Prodotto da Maurizio Totti, Alessandro Usai e Iginio Straffi per Colorado Film, è stato distribuito su Netflix il 30 novembre 2022.

Il mio nome è vendetta cast

Nel cast principale dell’action Netflix troviamo Alessandro Gassmann (Santo Romeo/ Domenico Franzè), Ginevra Francesconi (Sofia Romeo), Alessio Praticò (Michele Lo Bianco), Francesco Villano (Rudi Crisarà), Gabriele Falsetta (Luigi Ferrario), Marcello Mazzarella (Vituzzo), Mauro Lamanna (Marino Gallo), Sinja Dieks (Ingrid Gruber), Luca Zamperoni (Patrick Gruber), Remo Girone (don Angelo Lo Bianco), Isnaba Na’Montche (Hakim), Livu Jin (signora cinese), Emma Nitti (poliziotta).

Il mio nome è vendetta

Il mio nome è vendetta trama

Con una foto postata su Instagram, cambia per sempre la vita di Sofia, un’adolescente che divide le sue giornate tra le partite di hockey dove eccelle, e le sue scorribande con l’auto off road. Un passato violento e sanguinoso che ha il volto di due feroci sicari della Ndrangheta, torna a bussare alla sua porta.

Nella scia di sangue restano coinvolti sua madre e suo zio; suo padre Santo, le rivelerà il suo passato di killer affiliato alla stessa malavita. Il regolamento di conti porterà ad un’alleanza padre e figlia diretti verso un’inevitabile escalation di tragica vendetta. 

Il mio nome è vendetta recensione

“Uccidere o essere uccisi, questa è la legge. Mostrare pietà è solo un segno di debolezza. Questa è una lezione che avrei voluto dimenticare”. Questo è l’incipit del terzo lungometraggio diretto da Cosimo Gomez, dopo le commedie Brutti e Cattivi (2017) e Io e Spotty (2022). Protagonista un Alessandro Gassman dallo sguardo severo e impietrito per tutta la durata dell’action (come molti a torto hanno definito) all’americana.

Già un paio d’anni fa, Netflix aveva sfornato un altro prodotto di facile consumo e subito finito nel dimenticatoio, La Belva, con l’irreprensibile Fabrizio Gifuni nei panni di un reduce del reggimento militare Col Moschin, sofferente di disturbo da stress post – traumatico a caccia dei rapitori della figlia. Da lì a poco (e per fortuna di pubblico e critica), Gifuni avrebbe impersonato lo statista Aldo Moro nell’apprezzatissimo Esterno notte (2022) di Marco Bellocchio.  

Il mio nome è vendetta

Il mio nome è vendetta ricorda tanti action di solida tradizione americana, anglosassone e anche francese per quel che riguarda il genere revenge movie. Il risultato non è all’altezza delle aspettative, perché manca una decisa indagine psicologica all’interno dei personaggi, e tutto si riduce ad un massacro senza limiti. Perlomeno emerge in Alessandro Gassmann il dettaglio di un uomo dal passato violento, che riemerge ogni qualvolta commette un omicidio dei singoli membri della Ndrangheta. 

E’ apprezzabile lo sforzo produttivo nel ricreare una proposta diversa dalle solite commedie e commediole, che tanto attraversano il nostro panorama cinematografico e/o televisivo. Il prodotto finale è decisamente imbarazzante, lontano dalle aspettative di uno spettatore che già ha interiorizzato nella sua memoria diversi action film di genere. In Nikita di Luc Besson, una sbandata (Anne Parillaud) viene addestrata dai servizi segreti francesi a diventare una macchina di morte. Leon sempre dello stesso regista, analizza anche in maniera buffa e tenera l’ambiguo rapporto tra il sicario protagonista (Jean Reno) e una ragazzina (Natalie Portman).

Il mio nome è vendetta

La saga di Jason Bourne, aperta da Doug Liman e proseguita con Paul Greengrass, esplora il passato di un killer smemorato (Matt Damon) addestrato dalla Cia alle arti del combattimento e di sopravvivenza.

La serie di Taken aperta da Pierre Morel e proseguita con Olivier Megaton dietro la cinepresa, racconta di un altro agente della Cia (Liam Neeson), che impiega tutto il suo bagaglio esperienziale per difendere la sua famiglia .

L’improbabile e forzato accento calabrese incattivito del protagonista Santo, rende decisamente strano e anche un po’ ridicolo questo contesto ad alta tensione. 

Gli splendidi scenari altoatesini non salvano una storia piena di banali ovvietà. Remo Girone è ridotto ad una macchietta nell’interpretazione di un laconico boss della malavita calabrese trapiantata nel Nord Italia.

Sicuramente il film poteva rappresentare una ventata d’aria fresca nel panorama cinematografico dell’action italiano, ma quindici o al massimo una decina d’anni fa, con ben altra struttura narrativa.

Ora sembra decisamente fuori tempo massimo, ma non ci si può per forza lamentare di tutto; già viene catalogato da Netflix come film non in lingua inglese più visto di sempre sulla piattaforma. Quindi diamo atto del risultato più che onorevole per questo mercato globale stile catena di montaggio, dove la quantità eccede sempre di più sulla qualità. Naturalmente il cinema, quello vero, è decisamente tutt’altra cosa. 

Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Il film vorrebbe essere una risposta ai vari action internazionali, ma è confuso, inutilmente violento e con un finale abbastanza risibile.
Francesco Maggiore
Francesco Maggiore
Cinefilo, sognatore e al tempo stesso pragmatico, ironico e poliedrico verso la settima arte, ma non debordante. Insofferente, ma comunque attento e resistente alla serialità imperante, e avulso dai filtri dall'allineamento critico generale. Il cinema arthouse è la mia religione, ma non la mia prigione.

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