È uscito da qualche giorno in sala, dopo la sua presentazione a Cannes, Esterno notte di Marco Bellocchio. Si tratta della prima parte di un lungo film che vedrà la sua conclusione il 9 giugno, con la distribuzione della seconda parte. Questi due film altro non sono che la versione cinematografica di una miniserie in sei puntate che vedrà la sua trasmissione in autunno sulla Rai. Si tratta del primo progetto seriale di Marco Bellocchio, che rappresenta un ritorno del regista al caso Moro, dopo il film del 2003 Buongiorno, notte.
Esterno notte trama
Il 16 marzo 1978, Aldo Moro (Fabrizio Gifuni), presidente della Democrazia Cristiana, viene rapito da alcuni membri delle Brigate Rosse. Il motivo del sequestro è il nuovo governo che sta per insediarsi in Italia, sorto da un’alleanza tra la DC e il Partito Comunista Italiano. Il film racconta le reazioni al rapimento di Moro e i giorni successivi al suo sequestro dal punto di vista di persone a lui vicine, tra cui sua moglie Eleonora (Margherita Buy), Francesco Cossiga (Fausto Russo Alesi) e Papa Paolo VI (Toni Servillo).
Esterno notte recensione
Come spesso accade nel cinema italiano, Esterno notte è una serie che nasce da un film – lo abbiamo visto già accadere con Romanzo Criminale, Gomorra e tanti altri –, parte dalla pellicola che Marco Bellocchio dedicò al rapimento di Aldo Moro nel 2003. Buongiorno, notte raccontava la prigionia di Aldo Moro, interpretato in quel caso da Roberto Herlitzka, attraverso un punto di vista interno al rapimento. Esterno notte, come suggerito dal titolo, è il controcampo di quel film e ci racconta come le persone vicine a Moro hanno vissuto il suo sequestro dall’esterno.
La prima parte di Esterno notte, ora nelle sale, raccoglie le prime tre puntate montate come fossero un unico film. È un progetto mediale interessante che meriterebbe di essere attentamente analizzato. Esterno notte è un’opera che nasce in un momento di grandissima fortuna delle serie televisive e che anche nella sua versione cinematografica si presenta come soggetto che conosce i meccanismi delle narrazioni seriali. Alcuni esempi: molti dei personaggi qui introdotti vengono appena presentati e saranno realmente protagonisti nella seconda parte – già il trailer ce lo suggerisce –; inoltre questo il film si conclude con un vero e proprio cliffhanger: il film finisce nel momento in cui Papa Paolo VI scrive la sua famosa lettera ai brigatisti. Quale seguito avrà quella lettera? Riusciranno le parole del papa a smuovere gli animi dei brigatisti? La storia di Aldo Moro la conosciamo tutti, tuttavia il finale lavora per lasciare lo spettatore con il fiato sospeso. Questi meccanismi con cui si dipana la narrazione dimostrano che Bellocchio ha fatto suoi gli insegnamenti della serialità contemporanea.
E infatti, come la maggior parte delle serie di oggi, Esterno notte è un’opera corale, laddove Buongiorno, notte si concentrava invece su un’unica protagonista. La trama si dipana toccando tutta una serie di personaggi molto diversi tra loro, sia per caratterizzazione, sia per ciò che rappresentano. Ci sono due forze che si fronteggiano in quest’opera: da un lato la classe politica, di cui Bellocchio non esita a far emergere anche i lati oscuri e le ambiguità. Non viene mai nascosto come nel governo Andreotti nessuno nutrisse reale interesse nella liberazione di Moro, il quale poteva trasformarsi in un atteso ma vantaggioso martire.
Dall’altra ci sono le Brigate Rosse, che in questa prima parte non vedono ancora un grande sviluppo, ma che sicuramente avranno grande importanza nella seconda parte. E in mezzo c’è la Chiesa, impersonificata da Papa Paolo VI, che Servillo interpreta con la solita bravura.
L’arco narrativo che lo riguarda pone al centro una riflessione che pare molto cara a Bellocchio: può la Chiesa parlare anche a chi non crede? Con questo film Bellocchio si chiede se davvero la Chiesa sia stata e sia capace di rivolgersi anche a chi non è credente.
Esterno notte è un’opera che procede lentamente, in cui la narrazione evolve gradualmente. Bellocchio riesce però a tenere alta l’attenzione, con l’inserimento di sequenze ad alto carico drammatico. Da un lato si tratta di momenti effettivamente movimentati, quali l’iniziale scontro tra polizia e manifestanti o la scena del rapimento di Moro, sequenze in cui tutti gli strumenti filmici concorrono per tenere alto il grado di tensione. Dall’altra parte ci sono momenti narrativamente più rilassati, quali il discorso iniziale di Moro ai suoi colleghi di partito o la scena del rastrellamento della polizia nel condominio in cui abitano due brigatisti. Bellocchio, quindi, riesce a tenere lo spettatore col fiato sospeso anche nei momenti più contemplativi.
Esterno notte è un’opera che non cede mai a una spettacolarità fine a se stessa, ma per via del suo contenuto assume la forma di un’epopea e di una narrazione epica, che non si limita a raccontare un fatto di cronaca ma mette in scena uno spaccato dell’Italia degli anni Settanta, cosa che Buongiorno, notte evocava soltanto senza mostrare mai realmente.
Merito è anche delle interpretazioni, primo fra tutti Fabrizio Gifuni, che si trasforma fisicamente e caratterialmente per interpretare Aldo Moro. Ma anche Fausto Russo Alesi nel ruolo di Francesco Cossiga e Margherita Buy nel ruolo di Eleonora Moro regalano delle ottime performances sullo schermo.
Ottimo anche tutto il reparto tecnico, che dà vita ad un’opera dall’estetica profondamente cinematografica, come gran parte delle serie di oggi. Marco Bellocchio riesce a tenere le redini di un’opera così complessa, senza perdere mai di vista il controllo narrativo e tecnico dell’opera. Pur soffrendo di un rallentamento nella parte centrale, che forse al cinema può risultare più evidente rispetto alla fruizione a puntate in televisione, questa prima parte di Esterno notte mantiene una sua coerenza estetica e narrativa dall’inizio alla fine, configurandosi come l’ennesimo grande film di Marco Bellocchio.