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Il Gioiellino, la recensione del film ispirato al crac della Parmalat

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Il Gioiellino è un film del 2011 per la regia di Andrea Molaioli. Strano a dirsi, la pellicola ha avuto accesso al paradiso streaming soltanto di recente: è infatti un prodotto visibile su Netflix.

Parlare di mero prodotto è riduttivo, oltre che effimero. Si è davanti a un’ottima opera che unisce intrattenimento e matrice educativa in maniera eccelsa; uno di quei film italiani di cui il nostro paese deve essere orgoglioso.

L’anno di uscita, ormai non più così vicino, ha senza dubbio collocato Il Gioiellino al di fuori delle dinamiche mainstream del mercato. Eppure, prendendo in considerazione quell’italianità che lo contraddistingue, si viene a conoscenza di una capacità certosina di raccontare una fetta sociale del nostro paese.

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Liberamente ispirato al crac della Parmalat del 2003, Il Gioiellino questiona la realtà lavorativa italiana e ne descrive pregi e difetti, facendo riferimento alla cronologia storica. Non è un caso che il film sia ambientato intorno alla metà degli anni Novanta; le vicende narrate sono inserite in quel contesto storico per una serie di ragioni che di seguito verranno presentate.

Nell’opera di Molaioli viene presentata questa fase storica come una sorta di Medioevo dell’era moderna; un’epoca in cui i paesi di tutto il mondo erano chiamati alla prova del futuro. Il settore terziario doveva decidere se aderire al contesto internazionale o se perseguire strategie di mercato valide solo nella propria nazione di riferimento.

Il Gioiellino mette in piedi una struttura invidiabile da molti addetti ai lavori, con un arsenale attoriale che mescola esperienza e freschezza. Da segnalare subito la candidatura ai David di Donatello di Sarah Felberbaum come migliore attrice protagonista e quella di Toni Servillo ai Nastri d’argento.

A sugellare quanto sopra detto, rileva inoltre lo studio vero e proprio di materiale pubblico. Gli articoli di stampa soprattutto hanno contribuito alla realizzazione de Il Gioiellino. Come si diceva, niente è stato lasciato al caso.

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Il Gioiellino - 1

Il Gioiellino – La morte del Made in Italy

Il Gioiellino segue le vicende della Leda, azienda agro-alimentare fittizia che produce latte e mette in commercio uno dei prodotti più amati dagli italiani. Le basi economiche di questo piccolo impero sono solide; tanto che Amanzio Rastelli (il presidente) ha sempre potuto permettersi investimenti in tutti e cinque i continenti.

Affiancato dal Ragionier Botta, sente che le sorti della sua creatura sono floride e ancorato ai vecchi dettami economici del passato intende la policy aziendale e la strategia di mercato come punti fermi della sua sfera imprenditoriale. Della serie: squadra che vince non si cambia.

L’arrivo in ufficio di Laura Rastelli, la qualificatissima nipote del boss, coinciderà con un lento ma inesorabile cambio di rotta per la Leda che dovrà affrontare le prime sfide alle quali la globalizzazione impietosamente costringe. Da subito si percepisce il cambio di passo: assolutamente illuminante la scena in cui Laura, intenta a scrivere al Pc, fa da contrasto a uno spaesato Ragionier Botta (ancora intento a prendere appunti su carta).

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Laura ha studiato marketing all’estero, usa espressioni inglesi che radunano più istanze economiche accorpandole in un unico concetto semantico (Rastelli è infastidito da tutto ciò). La sua visione è quindi proiettata all’esterno, verso nuovi mercati che tuttavia hanno nuove regole di gioco.

Questo significa che quando è il momento di mollare la presa, bisogna farlo. Non serve a niente cercare di vendere anche succhi di frutta e merendine se i capitali azionari languiscono. Le nuove idee sono nulle se non economicamente sostenibili. Ci prova anche la sorella del patrono a farlo ragione: la sua frase “il latte non da marginalità” ha un carattere più che illuminante e assurge a tagline de Il Gioiellino.

Gli investimenti dovrebbero essere più mirati: più che allargare la produzione ad altri mercati, sarebbe meglio fortificare la tenuta del marchio, favorendo l’unità del brand. Eppure, Rastelli vuole tenersi la maggioranza azionaria, continuando a rifiutare proposte esterne che gli consigliano di accogliere nuovi membri che possano gestire il tutto in maniera più calcolata (e meno emotiva, per così dire).

La crisi è dunque alle porte e gli sprechi di denaro vengono mascherati. Piuttosto che cedere alle regole della contemporaneità la direzione decide di truccare il bilancio e dare vita a un crac tra i più mostruosi della storia. Il prodotto italiano, tanto chiacchierato, tanto amato, ha condotto i suoi ideatori al fallimento.

Il Gioiellino - 2

Una miscellanea di cinema politico e contenuto filo-divulgativo

Il Gioiellino ha nella scenografia la sua arma più potente. Certo, Toni Servillo è una garanzia e ci mancherebbe altro. Ma il contesto di riferimento è fondamentale nella comprensione del messaggio che si vuole veicolare. Per farlo funzionare al meglio il regista mira a proporre un vero confronto visivo tra l’inerzia lavorativa e la frizzantezza accademica delle nuove leve.

Partendo dalle scrivanie vetuste e dalla mentalità provinciale che i capi dimostrano nel percorso, si arriva a una situazione per cui all’estero la capacità di tenere le briglie dell’azienda va ad allentarsi (per colpa di vision passata e oltretutto ostinata).

Fa da corollario a tutto questo l’ambientazione newyorkese e russa che visivamente sono di forte impatto. Nella cittadina di provincia da cui Rastelli e Botta provengono, i due sono dei capi. Il loro modo di fare e di andare in giro è pregno di sicurezza, mentre all’estero il confronto con altri tycoon è rabbioso. Simbolica è l’associazione tra gli antichi palazzi rinascimentali e le mega strutture di vetro che dominano le city finanziarie.

Si misurano con un mondo aperto, libero e scevro da meccanismi tutti italiani. Il concetto di capo/padrone che si cerca ancora di perseguire è fuori luogo e, di certo, poco proficuo. Il cordone ombelicale che lega i presidenti con la loro azienda costituisce un’arma a doppio tagli che mette sul lastrico anche i dipendenti più affiatati (ne Il Gioiellino si assiste anche a un suicidio, gesto estremo che rappresenta la malsana compenetrazione che c’è tra società e individuo).

Andrea Molaioli regala alla critica e al pubblico, è proprio il caso di dirlo, un vero gioiellino. Cinema politico che confluisce nel noir sociologico; l’avvento di una nuova era economica che fatica a staccarsi dalle dinamiche che hanno sempre regolato il mercato.

Il Gioiellino - 3

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Il Gioiellino fa apprezzare la sua caratteristica più interessante: è un film italiano di qualità insospettata. Scenografia e cast i punti forti. Andrea Molaioli crea un complesso filmico che dipinge la fase calante della grande imprenditoria italiana. Intento divulgativo e connotati filo-politici convergono. Da segnalare anche delle piccole tinte noir.
Federico Favale
Federico Favale
Anche da piccolo non andavo mai a letto presto. Troppi film a tenermi sveglio. Più guardavo più dicevo a me stesso: "ok, la vita non è un film ma se non guardassi film non capirei nulla della vita".

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