Nel 2016 aveva vinto il premio alla miglior regia nella sezione Orizzonti con il suo Home. Oggi, la belga Fien Troch torna al Lido per l’ottantesima edizione della Mostra Internazionale del Cinema. La regista porta in concorso il suo nuovo lungometraggio, Holly. Il film è una coproduzione fra Belgio, Francia, Paesi Bassi e Lussemburgo. La pellicola, quinto lungometraggio della regista e da lei sia diretto che scritto, è un oscuro dramma adolescenziale dalle implicazioni complesse e dai caratteri spirituali. Il film (103′) delicato e non certo convenzionale in lingua olandese, ha avuto la sua première il 7 settembre in occasione del Festival. Attualmente non è stata annunciata una data di distribuzione certa nelle sale italiane.
La trama del film
La quindicenne Holly (Cathalina Geraerts) non vive con particolare entusiasmo la sua vita scolastica. Segue distrattamente le lezioni, talvolta subisce atti di bullismo, viene evitata, ignorata e chiamata “strega”. Le uniche persone con cui trascorre del tempo sono sua sorella maggiore e il suo unico amico (Felix Heremans). Anche lui a sua volta subisce atti di bullismo e viene isolato a causa del suo carattere spigoloso e delle sue problematiche comportamentali. Un mattino, la ragazza chiama la segreteria della sua scuola per informare che quel giorno sarà assente dalle lezioni: la colpisce un atroce presentimento relativo a quel giorno, dice di non sentirsi bene e che non si reputerebbe al sicuro andando a scuola. Proprio quello stesso mattino, poche ore più tardi, la scuola viene colpita da un incendio difficile da sedare. Nel grave incidente perdono la vita alcuni giovani compagni della ragazza.
Nelle settimane a seguire, sia i docenti che gli studenti faticano a riprendersi dall’accaduto. L’insegnante Anna (Greet Verstraete) focalizzala sua attenzione su Holly. Così la intima a prendere parte al suo gruppo di volontariato. Col passare dei giorni, alla luce di Anna il presentimento della ragazza circa l’incendio e altri suoi piccoli gesti si trasformano nella convinzione che la giovane possegga una sorta di aura sovrannaturale e che le siano propri anche alcuni miracolosi poteri, fra cui quello di influenzare il buonumore e la guarigione fisica di chi tocca. La convinzione si sparge rapidamente e presto chiunque le chiede, sia gratuitamente che in cambio di libere offerte, una consultazione o una rassicurazione. La ragazza dunque, fatica ad inserirsi in questa nuova posizione che le è stata prospettata. Al contempo, non comprende quanta verità ci sia nelle supposizioni dell’insegnante, ma la strada per capirlo sarà più tortuosa del previsto.
Holly – La recensione del film
Per quanto pertinente al film sul piano della categorizzazione, è purtroppo forse limitante definire Holly un teen drama (o dramma adolescenziale), date le numerose implicazioni più che adulte che lo percorrono. Complessivamente, la pellicola sembra criticare – o quantomeno problematicizzare – tutto un insieme di figure spirituali e messianiche che della modalità profetica. Figure che fanno di un mestiere (spesso ben retribuito) il mezzo che contribuisce ad una mitizzazione che spesso non ha basi concrete. Incarnando però questa concettualizzazione nel corpo di una quindicenne, la trama assume inevitabilmente le proporzioni di una parabola di disagio adolescenziale (il bullismo, l’esclusione, la famiglia povera e problematica). Così, una sorta di esoterismo inizialmente non auto-dichiarato, bensì proveniente dall’esterno, sfiora i livelli di una sacralità quasi religiosa.
In quest’ottica, le metafore a sfondo religioso (e quindi la doppia lettura che impostano sul film) si sprecano e si susseguono senza sosta nel corso dell’ora e mezzo di durata. Basti pensare ai gesti pressoché miracolosi della protagonista o al suo essere letteralmente spogliata dei suoi averi, in un’ottica di ripartenza spirituale che chiude il lungometraggio. Al netto dei gesti (se non delle gesta), il quesito permane per l’intero minutaggio: Holly ha dei poteri? Non li ha? Crede di averli o gliel’hanno fatto credere? O ancora, non ci ha mai creduto e ha sfruttato l’imbroglio a proprio vantaggio finché ha potuto?
Holly al di là dei quesiti narrativi: l’apporto tecnico
Al di là della trama peculiare Holly si impone con delicatezza ma efficacia all’attenzione dello spettatore anche in ragione del suo apporto tecnico. Da questo punto di vista, grande merito va al compositore delle musiche Johnny Jewel (ex membro della band elettronica Chromatics) per la realizzazione di una colonna sonora che letteralmente detta i toni del film sin dal primo minuto. Forse ancor prima che le immagini ne siano capaci, le musiche ripetono una serie di tenebrosi e angoscianti leitmotiv musicali che definiscono perfettamente l’atmosfera del lungometraggio stesso.
Altrettanto merito è da attribuirsi al montaggio attento e curato di Nico Leunen (marito di Troch e collaboratore al montaggio in ognuna delle pellicole della regista). Plauso anche allo splendido lavoro della fotografia di Frank van Den Eeden, che assieme alle musiche delinea con peculiare precisione i toni del film. Infine (non per importanza), ugualmente meritevoli di attenzioni sono due degli elementi cardine di Holly: l’interpretazione della giovanissima e talentosa Geraerts e la regia di Troch. La prima, nei panni di una protagonista atipica, con la sua performance dà corpo ad un film che rischia a tratti di risultare scarno, e la seconda che nonostante la delicatezza ripete con insistenza nel corso del lungometraggio la riproposizione di primi piani che risaltano ed elevano continuamente la sua protagonista.
In conclusione, il lungometraggio in concorso finisce per risultate un prodotto estremamente delicato (tanto da sfociare, a tratti, in un latente senso di lentezza) che cela dentro di sé un nucleo denso ma non per questo non enigmatico. Senza mai chiarire fino in fondo per quel coté parteggi, Holly oscilla nel corso della sua intera durata fra tenerezza e oscurità, dando vita ad un’opera dalla lettura contro-intuitiva ma dalla lettura indubbiamente sorprendente, o quantomeno certamente inaspettata.