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Buster’s Mal Heart – la recensione del film con Rami Malek

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Buster’s Mal Heart è un complesso film drammatico del 2016, che nel corso del suo minutaggio (96’) sfocia tanto in toni da cupo thriller quanto in una critica sociale velata dal turbamento individuale e spirituale. Si tratta dell’opera seconda di Sarah Adina Smith, già dietro la macchina da presa per The midnight swim (2014) e successivamente per Birds of paradise (2021). Il lungometraggio vede Rami Malek nelle vesti del protagonista.

Buster’s Mal Heart

La trama del film

È il 1999, Jonah è un mansueto padre di famiglia ispanico che lavora come concierge notturno in una spaziosa e semi-deserta struttura alberghiera nelle prossimità di un aeroporto. Al mattino l’uomo raggiunge la moglie Marty e la figlia Roxy, intente ad iniziare la loro giornata. Il piccolo e affiatato nucleo familiare vive assieme agli intransigenti e strettamente religiosi genitori di Marty, che non approvano la figura del genero, il quale a sua volta li tollera a fatica. Se le mattine in casa dei suoceri trascorrono tra le discussioni (in merito al suo presunto scarso impegno familiare o al retaggio ispanico che vuole trasmettere alla figlia), le notti di Jonah all’albergo sono accompagnate dal sottofondo dei programmi in cui si discutono complesse teorie del complotto, spesso inerenti all’imminente passaggio al nuovo millennio.

La temprante routine notturna di Jonah, che lo logora ogni giorno di più, è improvvisamente ravvivata dall’arrivo all’albergo di un individuo enigmatico e oscuro, che si definisce l’ultimo uomo libero. L’incontro con questa figura, unito ad alcuni traumatici eventi che ne conseguono, sconvolgono la vita del protagonista. Anni dopo, infatti, a causa dei turbolenti accadimenti, Jonah avrà completamente abbandonato la sua natura per diventare Buster, un ricercato in fuga che trova rifugio nelle disabitate dimore di montagna delle famiglie abbienti. Del tutto preda di complesse teorie del complotto e dei traumi vissuti, Buster si ritroverà costretto a fare i conti con il vero sé e a ritrovare la propria strada.

Buster’s Mal Heart

Buster’s Mal Heart – tensione, rimandi e perplessità per un film dal potenziale inesplorato

Nella sua totalità Buster’s Mal Heart, per quanto indubbiamente prodotto meritevole di almeno una visione, costituisce in parte – come spesso inevitabilmente accade – una summa di elementi già visti e indagati, una commistione inedita di leitmotiv e riflessioni non altrettanto inedite. Nel corso del tutto sommato breve minutaggio della pellicola, il paradosso pseudo-scientifico ha tempo e modo di legarsi narrativamente a topoi più concettuali – se non spirituali – quali il mito del selvaggio o il desiderio di evasione. Topoi che, però, il pubblico è ampiamente abituato a vedere al cinema: basti pensare alle decine di parabole narrative che hanno abitato il grande schermo narranti impetuosi impulsi alla fuga o alla riscoperta del sé. Questa sorta di ripetizione, tuttavia, non è un elemento che concorre a pregiudicare la pellicola nella sua interezza poiché la chiave in cui tali concetti vengono rivisitati appare comunque se non innovativa quantomeno potenzialmente interessante.

I rimandi che Smith (sia regista che sceneggiatrice del lungometraggio) mette in campo sono in effetti molteplici, sia cinematografici che letterari. Poiché la parabola del suo personaggio si fa gradualmente più spirituale – e quindi astratta, concettuale – con l’avanzare dei minuti, la rete di richiami è inevitabilmente molto fitta. Su tutti, il riferimento cinematografico che più salta all’occhio (oltre al debito dell’ambientazione derivante da Shining) è quello del cult fincheriano Fight club, che riecheggia sia nelle interminabili e logoranti notti insonni di Jonah che, successivamente, nella duplicità del suo personaggio, che scandisce la seconda parte della narrazione. Sia l’elemento della fuga che la scissione del sé, la ripartizione molteplice della propria individualità, concorrono inoltre a tracciare curiosamente una direttrice che arriva fino alla matrice dell’ideologia alla base della letteratura pirandelliana, verso cui – non si sa se consapevolmente o inconsapevolmente – Buster’s Mal Heart si dimostra in un certo qual modo debitore.

Certamente apprezzabile è, nella totalità del lungometraggio, la tensione sempre latente che permea l’intero minutaggio. Tensione che, a ben vedere, risulta essere quasi interamente in mano alla gestione della macchina da presa e dunque alla staticità delle inquadrature, paradossalmente forse ancor più che alle derive narrative. Altro elemento che regge in modo sostanziale la costruzione della tensione è l’interpretazione del protagonista (Rami Malek), che con le sue modalità performative peculiari e controllate gestisce mirabilmente l’atmosfera narrativa e sembra riproporre l’attitudine attoriale che ha caratterizzato il suo lavoro in Mr. Robot (prodotto seriale realizzato, in effetti, in contemporanea rispetto a Buster’s Mal Heart). Il lavoro del protagonista si unisce a quello di un cast circostante che, se non altrettanto sorprendente, si dimostra comunque efficacemente calibrato e funzionale allo svolgimento del film.

In buona sostanza Buster’s Mah Heart è indubbiamente una pellicola interessante, sicuramente molto concettuale e densa di rimandi teorici che punteggiano discretamente il minutaggio scorrevole. Tuttavia, a visione ultimata, permane un interrogativo: non si comprende, in effetti, quale sia il fine ultimo della ricerca teorica che Smith instaura attraverso il lungometraggio, che finisce per risultare pericolosamente prossimo ad un collage di meri cavilli ideologici. Lo spunto del film, sicuramente promettente e accattivante, finisce per risultare esplorato solo in parte, facendo apparire il risultato finale comunque curioso e parzialmente apprezzabile ma inevitabilmente confuso.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Buster's Mal Heart è un lungometraggio peculiare, ben interpretato, in bilico tra spiritualità e riflessioni concettuali sul sé, che finisce però per non esplorare fino in fondo il proprio potenziale.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

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