Animali Notturni: la recensione del film di Tom Ford con Amy Adams, Jake Gyllenhaale e un formidabile Michael Shannon in un thriller dai toni noir sulla natura umana e le sue trombosi interne
Un mondo dominato dalle apparenze, a cui si sente di non appartenere. Un romanzo per potervi sfuggire. Un romanzo il cui sapore rimane in bocca, polveroso come il Texas, ferroso come il sangue. Susan indossa occhiali da vista firmati Tom Ford ed è pronta ad immergersi nella lettura. Animali notturni non è un romanzo come gli altri: è stato scritto proprio per lei. E allora perché quelle pagine trasudano ferocia?
Non solo buon gusto ed intuizioni visuali per lo stilista Tom Ford, che si mette dietro la macchina da presa per la seconda volta, dimostrando agli scettici quanto i grandi artisti possano essere davvero grandi in ogni campo. Animali notturni è penetrante: un’estetica la cui perfezione quasi disturba, una storia che una volta lasciata entrare rimarrà a farci compagnia.
Tom Ford: dall’arte della rappresentazione fino alla violenza del racconto puro
“A single man” il suo esordio alla regia, di cui di certo ricorderemo la meravigliosa interpretazione di Colin Firth, è contemplativo, malinconico, è rappresentazione. Nel suo secondo film, Gran Premio della giuria alla Mostra del Cinema di Venezia, Tom Ford mette in campo tutto il suo potenziale: Animali notturni è pura narrazione, puro cinema. Adattamento di “Tony & Susan” di Austin Wright, il film è la storia di un matrimonio finito, quello fra Susan (Amy Adams) e Edward (Jake Gyllenhal), ma è soprattutto una riflessione sulla bestiale natura dell’essere umano e su ciò che la cultura dominate, anche se combattuta e rifiutata, può farci diventare.
“Nessuno ama davvero ciò che fa”. Dice un vecchio amico a Susan. Da giovani ci si appassiona, si riempie di significato ogni cosa. E poi? Poi si scopre che non funziona affatto così. Susan è una gallerista di successo ma non prova più interesse per l’arte. È prigioniera di un mondo borghese patinato, animato da verità simulate e umanità fittizie. Un mondo che le appariva magico fino a qualche anno prima, quando ancora desiderava diventare un’artista. Un mondo di cui ora riesce ad assaporare solo l’assurdità.
Una casa elegante, dalle geometrie rigorose, nelle cui vetrate ogni giorno Susan vede riflessi i suoi intensi occhi tristi. In quella casa, riceve un pacco. È l’ex marito Edward a mandarlo. Il suo romanzo finalmente concluso. Una storia scritta per lei. Tante parole che vorrebbe che lei leggesse, prima di chiunque altro.
Davanti agli occhi della protagonista, e ai nostri, prende vita il mondo romanzesco: un’avventura nera, cruda, ambientata nel Sud degli Stati Uniti. “Niente cellulari, niente persone, ecco ciò che amo del Texas occidentale”. Queste le parole del capofamiglia, al volante della sua auto, con a bordo la moglie e la figlia adolescente. Sta per accadere qualcosa. Qualcosa di terribile.
Il protagonista del romanzo ha il volto dell’ex marito, la moglie con i suoi lunghi capelli rossi assomiglia molto a Susan, la figlia ha un nome dal sapore esotico, India, anticonvenzionale come quell’amore romantico nato fra loro, così distante da ciò che i dettami sociali avrebbero voluto per la bella e abbiente Susan. Da sempre attratti l’una dall’altro. Intraprendente e diretta lei, in fuga dalla famiglia borghese e bigotta; sensibile e idealista lui, il desiderio di diventare uno scrittore, senza mai crederci fino in fondo.
Il film è la compenetrazione di tre narrazioni: il passato, la storia d’amore fra Edward e Susan; il presente, la sconvolgente lettura del romanzo; gli avvenimenti messi per iscritto su quelle pagine, incalzanti, confusi. I piani narrativi si alternano fino a sovrapporsi: i colori freddi dominano il presente. La casa e la galleria sono immerse nel bianco e nel grigio, il dolore di Susan è di ghiaccio. L’inchiostro nero del romanzo di Edward ci catapulta in una storia sporca dove troneggiano al contrario i colori caldi: l’ocra della terra del Texas, il rosso del sangue.
La disperazione del protagonista è madida di sudore, infiamma l’animo. Un inferno in cui l’uomo assisterà inerme al rapimento delle sue donne, in seguito stuprate e uccise. I loro corpi ritrovati nudi senza vita in una baracca disabitata. Una sete di vendetta che si ha terribilmente paura di riuscire a placare. Un uomo forse troppo debole per fare giustizia.
Susan è frastornata dalla brutalità del romanzo: perché la sua mente riesce a scorgere analogie fra la sua storia d’amore e quella turpe vicenda? Se l’uomo di cui è stata innamorata, troppo docile e fragile, è il protagonista di quella storia, padre disperato e incapace di difendere la sua famiglia, lei quale ruolo è chiamata ad interpretare?
Tom Ford, con Animali Notturni, un raffinato e incalzante thriller, ci ricorda che spesso finiamo per essere ciò che detestiamo: ci affanniamo pur di indossare i panni che sono stati preparati per noi, siano questi capi firmati o vesti logore e di seconda mano.
Siamo ciò che ci viene detto di essere: predatori o prede, feroci o arrendevoli. Ma vi è poi grande differenza fra gli animali notturni e quelli che si muovono alla luce rassicurante del giorno?