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Tolo Tolo, trama e cast della magia di Checco Zalone

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Tolo Tolo il film di Checco Zalone campione di incassi e di risate

“Nome? Checco Zalone”. “Nato? Per sognare”. E’ questo il miglior incipit possibile per parlare del nuovo film del comico pugliese, quel Tolo Tolo che ha frantumato tutti i record di incasso nelle prime ventiquattr’ore di programmazione nei cinema, portandosi a casa più di otto milioni di euro e incollando alle poltrone delle multisale nazionali più di un italiano su sessanta. Se c’erano, come sempre, dubbi sulla possibilità che Zalone potesse bissare gli incassi record delle sue pellicole precedenti, essi sono stati spazzati via in meno di un giorno, consacrando Checco a Re Mida del cinema italiano di oggi.

Tolo Tolo, la nuova magia di Checco Zalone

E dire che l’attesa per Tolo Tolo era stata enorme, amplificata anche dall’intelligentissima scelta di non anticipare il film con un vero trailer, ma di rendere pubblico solo il videoclip di una delle canzoni presenti nella pellicola, Immigrato. Il pezzo fa affidamento su una melodia molto nazionalpopolare, simile a quelle delle canzoni di Cutugno e Celentano, su cui viene inserito un testo fortemente ironico verso la concezione oggi prevalente, almeno quando si parla alla pancia degli italiani, nei confronti dei migranti africani e in generale degli stranieri che vivono nel nostro paese. Ovviamente una presa di posizione così “scomoda” e netta non poteva passare inosservata, e Zalone ha subìto anche molte accuse di superficialità e persino di razzismo nell’approcciarsi ad un tema così delicato. In realtà l’intento del comico era tutt’altro. Non era quello di rappresentare i vizi degli immigrati in Italia, ma quello di mettere alla berlina le paure e i pregiudizi degli italiani nei confronti di chi proviene da altre regioni del mondo, quasi sempre assurdi e ingiustificati, dettati, come sono, solo da inutili proclami politici.

Tolo Tolo trama

Protagonista della storia è il solito Checco Zalone, cittadino e sognatore di Spinazzola, nella Murgia pugliese, che ambisce a fare fortuna come imprenditore. Decide così di rifiutare il reddito di cittadinanza, che vede come un’umiliazione personale, per aprire un ristorante giapponese nel suo paesino. Inutile dire che fallisce miseramente. Pertanto, per sfuggire al fisco e ai suoi familiari, furiosi con lui per averli indebitati pesantemente, parte per il posto dove “è possibile continuare a sognare”, ovvero l’Africa nera. Lavorando come cameriere per un esclusivo resort, Checco conosce Oumar, giovane del posto, dalla cultura sconfinata, che ambisce ad andare in Italia per diventare regista, visto che è innamorato del Neorealismo e di Pasolini. Caso vuole che nel paese scoppi, proprio in quei giorni, una violentissima guerra civile. I due, ormai amici, dovranno fuggire da quella terra per tentare di compiere “il grande viaggio” verso il Vecchio Continente. Oumar verso la patria di Checco, Checco verso un paese che non perseguiti i propri cittadini, quindi verso il Liechtenstein. Si uniranno a loro anche la bellissima Idjaba e il bambino Doudou (“come il cane di Berlusconi”). Checco intraprenderà in questo modo l’intera odissea che sono costretti a vivere coloro che approdano sulle nostre coste a bordo dei barconi.

Tolo Tolo, la nuova magia di Checco Zalone

Tolo Tolo recensione

Zalone con Tolo Tolo rompe il sodalizio artistico con Gennaro Nunziante, che aveva diretto i suoi quattro film precedenti, per cimentarsi anche nel ruolo di regista, oltre che di interprete, di sceneggiatore (insieme a Paolo Virzì) e di autore della colonna sonora, come sempre eccezionale nella sua irriverenza. In effetti la sua mano dietro alla macchina da presa è assolutamente visibile e interessante, riuscendo perfettamente a dosare con un’efficacia rinnovata, che forse non si vedeva dallo splendido Che bella giornata, le sue gag e in generale la sua comicità, che spesso si rende evidente in momenti di per sé non comici, ma addirittura seri. Interessante è poi l’evoluzione che il personaggio Checco Zalone ha subito nel corso del suo nuovo lavoro. Se nei film precedenti Checco è semplicemente il classico italiano medio, ignorante e superficiale, che pensa che Che Guevara sia una marchio che produce t-shirt, e che l’Islam sia uno stato, il Checco di Tolo Tolo si posiziona su un gradino leggermente superiore rispetto ai suoi predecessori. Non è certo un uomo intelligente e raffinato, per carità, tuttavia dà spesso l’impressione di sapere quello che sta facendo, aspetto pressoché inedito nella psicologia dello Zalone cinematografico. Una battuta come quella che si sente nel nuovo film, ad esempio, quando Checco, nel bel mezzo dell’attacco delle milizie africane, tempestato di telefonate dalle due ex mogli e dai creditori, chiede ai terroristi di portarlo con loro perché sono migliori rispetto al dramma che lui è costretto a vivere, il Checco delle pellicole precedenti non l’avrebbe mai nemmeno pensata.

Tolo Tolo

Ma ad essere cambiato, in Tolo Tolo, non è solamente il protagonista che il pubblico italiano ha ormai imparato a conoscere, ma anche la direzione che la pellicola intraprende. In Cado dalle nubi, Che bella giornata, Sole a catinelle e Quo Vado?, Checco era sempre inserito in un contesto assolutamente conosciuto e praticato dalla stragrande maggioranza del suo pubblico. Lo vediamo migrare internamente dalla sua Puglia alla grande Milano, lo vediamo frequentare volontari dell’oratorio, leghisti insofferenti nei suoi confronti, terroristi musulmani, imprenditori senza freni e burocrati spietati. Insomma, lo vediamo avere a che fare con l’Italia in tutte le sue sfaccettature. E la sua comicità è assolutamente democratica, nel senso che Checco non risparmia nessuno, prende in giro, anche pesantemente, tutti quanti, facendo leva sulla sua ignoranza di fondo, di cui spesso, non a caso, si dichiara fiero. Questo aspetto, per altro, gli ha permesso di riuscire a fare sempre ironia su tematiche non semplici da affrontare, anche se non soprattutto per i periodi in cui sono usciti i suoi film. In Cado dalle nubi (2009) lo vediamo dedicare una canzone inconsapevolmente disdicevole nei confronti degli omosessuali e scambiare Alberto da Giussano, simbolo di un partito all’epoca popolarissimo al nord, nella sua versione più estremista, per un Power Ranger. In Che bella giornata (2011) non si contano le battute e l’ironia sull’Islam e sui musulmani in generale, pochi mesi prima dell’eliminazione di Bin Laden e in un clima di crescente estremismo sotto l’aspetto del fondamentalismo religioso. In Sole a catinelle (2013) la vis comica di Zalone si concentra sui drammi della grande recessione, tra dipendenti che perdono il posto e imprenditori che pensano solo a guadagnare sempre di più. Infine in Quo Vado? (2016) la massima aspirazione dell’italiano sembra essere, molto tristemente, il posto fisso.

Tolo Tolo

In Tolo Tolo, invece, Checco si allontana ma solo apparentemente dal nostro paese. Per la prima volta l’Italia non è più vista come teatro delle disavventure del protagonista, inevitabile quanto perfetta scenografia del suo esistere, ma addirittura come la principale causa dell’allontanamento di Checco. E’ la nazione dove chi sogna deve o scappare o smettere di farlo. L’Africa, al confronto, è un paradiso. L’odissea che il protagonista è costretto a compiere insieme ai suoi compagni di viaggio, è tutta un fraintendimento. Checco sembra una sorta di Ulisse al contrario. Si mette in viaggio ma il suo obbiettivo è quello di approdare il più lontano possibile dalla sua patria natia, che non l’ha mai compreso né sostenuto.

L’aspetto che invece rimane inalterato rispetto ai suoi film precedenti è proprio quella tendenza a colpire, a colpi di battute e assurdità, a 360 gradi. Lo fa, però, in modo diverso rispetto al passato. Guardando i suoi precedenti lavori si fa fatica ad individuare un bersaglio preciso e inequivocabile, e la sua ironia tocca indistintamente tutti i filoni affrontati dal film. In Tolo Tolo, invece, un bersaglio più grosso è palesemente presente, ed è il tema dei migranti, tra i più scottanti oggi. Si può dire che in novanta minuti di film Zalone ridicolizza in tutto e per tutto le idee e i luoghi comuni che hanno caratterizzato la politica e la società italiana negli ultimi anni. Tuttavia non si limita semplicemente a schierarsi in questo senso, ma fa fuoco anche su tutta una serie di bersagli più piccoli, che, in qualche modo, permettono che l’assurdità che Checco vive sia possibile. Se la prende con le istituzioni e la burocrazia italiana, quanto mai inadeguate, con l’Europa (geniale il climax ascendente del suo compaesano da disoccupato a presidente della Commissione Europea in pochissimo tempo), persino con il modo di ragionare degli italiani, dato che i suoi familiari preferirebbero vederlo morto più che disperso, per poter essere risarciti dallo stato.

Tolo Tolo

Tolo Tolo rappresenta, dunque, un’evoluzione notevole nel modo di fare cinema di Checco Zalone. E questa crescita la si percepisce anche a livello di concezione del film stesso da parte del suo autore. In modo particolare colpisce per la sua originalità soprattutto la canzoncina da Zecchino d’oro, con tanto di animazioni, che si vede alla fine del film, che serve per spiegare perché alcuni bambini nascono in Africa, e sono quindi condannati, da subito, ad un’esistenza sfortunata. Altra gag geniale, che si ripropone un paio di volte nel film è la trasformazione di Checco in Mussolini. Un medico africano, chiamato a soccorrerlo dà a Checco l’assist per la battuta più bella e complessa dell’intero film. Gli diagnostica, infatti, un attacco di fascismo, dicendo che “il fascismo ce l’abbiamo tutti quando stiamo sotto al sole o al caldo per molto tempo”. Al ché il protagonista paragona il fascismo alla candida, e la battuta, spiazzando lo spettatore, assume la massima efficacia proprio per il fatto di essere stata inserita dopo una massima profondamente riflessiva e profonda. La grandezza di Zalone sta, in gran parte, in questa sua straordinaria capacità di scrittura.

Checco colpisce nel segno facendo capire che a presupposti assurdi e ridicoli si può rispondere solo con altrettanta assurdità. E, magicamente, ci riesce in pieno.

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