The Winter Lake ha segnato uno spartiacque importante per la carriera di un’attrice che, al giorno d’oggi, conta milioni di fan grazie alla serie Sex Education (asset totale di Netflix che si appresta a regalare agli spettatori un’attesissima quarta stagione).
Emma Mackey, infatti, dopo le riprese della serie suddetta, si è cimentata in questo thriller inaspettatamente brillante che svetta nella programmazione Sky come uno dei prodotti in grado di incuriosire di più. L’attrice ha poi partecipato ad altre grandi produzioni: su tutte, va segnalata ovviamente Assassinio sul Nilo (un vero punto di arrivo per chi vuole fare cinema, data la conformazione variopinta e qualitativamente elevata del cast).
Il merito di una scalata di tanto successo è dovuto anche a questa piccola chicca che, sebbene non lasci chissà quale rimembranza, ha il vanto di introdurre un novero di attori che si incastrano (fisionomicamente parlando) alla grande in relazione ai personaggi interpretati.
Si vedrà come Phil Sheerin (regista di The Winter Lake) è il vero artefice della riuscita dell’opera; il direttore d’orchestra che ha avuto l’ardore e la bravura di mascherare alcuni buchi di trama con uno stile registico decisamente pungente.
Winter Lake – Un Thriller sulle difficoltà familiari
Pungente è anche la trama di The Winter Lake che si cimenta con un argomento delicato: la famiglia.
Si viene catapultati, già dall’apertura del film, in un contesto molto freddo e poco rassicurante: le coste inglesi (almeno così l’opera lascia presupporre) sono assimilabili a lande desolate dove regna il clima rigido e il distanziamento sociale.
Così come è distaccato il rapporto tra Tom (Anson Boon) e sua madre Elaine (Charlie Murphy). I due hanno ereditato una casa di montagna dal nonno di lei e sono fuggiti da esperienze passate poco soddisfacenti (per usare un eufemismo): Tom, infatti, è un ragazzo estremamente introverso (i dialoghi a cui partecipa sono ridotti all’osso) mente Elaine è un’ormai ex ragazza madre che ha avuto un figlio nel momento sbagliato (ovvero in un’età troppo giovane per essere in grado di plasmarne la personalità al meglio).
L vita che conducono è in piena assonanza con il loro carattere: isolati da tutto e tutti passano le giornate tra bagni caldi conditi di whiskey (lei) e passeggiate nel lago vicino casa (lui). Proprio la scoperta da parte di Tom di uno scheletro di neonato darà alla trama una svolta decisiva. La nuova realtà che aveva bollato come noiosa e spersonalizzante li pone già di fronte ad un’esperienza di vita provante.
In questo frangente di The Winter Lake, Tom conosce Holly ovvero la sua vicina di casa. Il loro rapporto prende forma nel condividere la solitudine che sono costretti ad esperire e sembra che la ragazza nutra nei confronti del protagonista un interesse genuino. Salvo poi scoprire che la stessa ha in testa tutt’altre mire.
Agghiacciante la presa di coscienza del fatto che il corpicino del bambino trovato da Tom appartiene a Holly stessa: era il figlio che lei aveva avuto da suo padre. Figlia anche lei di violenza e disumanità, ha dovuto porre un sigillo estremo alla nascita indesiderata e annegarlo nelle acque di zona.
La fallacità dei legami di sangue
In questo passaggio stesso della trama emerge con veemenza la natura di The Winter Lake, un prodotto crudo e focalizzato su aspetti che esulano dalla narrazione. Nel momento in cui si scoprono le vere tendenze di Holly e del padre cessa l’evolversi della trama: questo punto va a sfavore del titolo ma i contenuti cedono il passo a una sovrastruttura tecnica senza infamia e senza lode.
Se proprio di lode si vuole parlare, allora il premio va alla spinosità dei rapporti che intercorrono tra i protagonisti: Elaine dimostra quasi di non voler essere la madre di Tom (che arriva anche a sputare sul cuscino di lei dopo una lite che svuota di emozioni per quanto è triste). Holly, invece, sembra voler bene al padre ma senza riconciliarsi mai con lo stesso. Le sue fughe e la disobbedienza la rendono una figura molto curiosa: non si sa mai il motivo.
Si scopre poi quanto detto poc’anzi e The Winter Lake prende una piega amara: questa è la testimonianza, regalataci dal regista, che il legame di sangue di per sé non testimonia nulla. Lo sputo di Tom è un espediente estremo usato da Phil Sheerin ma, lungo l’arco della storia, ci sono altri spunti che adducono a quest’intento.
La faccia stessa del protagonista, spenta, mono espressiva e il suo carattere ballerino (alternantesi tra stati d’agitazione e moria emotiva) accompagnano lo spettatore verso questo viaggio verso la confutazione dell’idea di fondo che la famiglia naturale porti necessariamente alla felicità.
Certo, si ravvisano delle pecche notevoli nel film: la veicolazione di quest’ultimo messaggio è posta al primissimo posto della narrazione e il risultato è anche una storia povera e ferma a metà. Quasi si viene trascinati in un turbinio di emozioni che spaventano chi assiste alla visione più di quanto la trama stessa dovrebbe fare. Non ci si sente mai veramente in pericolo: poca suspense e mistero poco cavalcato.
Ma rimane dietro al tutto un indotto riflessivo importante: piuttosto che temere per la vita dei protagonisti si è portati a ragionare su quanto si vede. Può un rapporto di sangue come quello tra genitori e figlio degenerare in qualcosa di prettamente animalesco? Evidentemente si.