Forza Maggiore è un film svedese del 2014, vincitore del premio della giuria “Un Certain Regard” alla 67 edizione del festival del cinema di Cannes. Diretto da uno dei registi più affermati degli ultimi anni, Ruben Östlund, vincitore di due Palme D’Oro, rispettivamente per “The Square” (2017) e “The Triangle of Sadness” (2022) al festival di Cannes.
È il primo film con cui il regista si afferma a livello internazionale, riscontrando l’appoggio della critica.
Forza Maggiore trama
La storia è quella di una famiglia; padre, madre e due figli piccoli, che decidono di trascorrere una vacanza in montagna, sulle Alpi Francesi. Un giorno, durante l’ora di pranzo sulla terrazza dell’hotel, assistono a una valanga dirigersi verso di loro, nel panico generale che si crea, la madre protegge i due bambini mentre il padre fugge da solo mettendosi al riparo. Fortunatamente la valanga si arresta ma oramai le dinamiche familiari sono compromesse.
Forza Maggiore recensione
La vicenda della valanga è l’evento che permette al regista di soffermarsi sul tema della famiglia tradizionale e di riflettere sui suoi aspetti classici, che dominano all’interno di essa. Si assiste a un evidente cambiamento in cui i ruoli sociali che i due membri protagonisti rappresentano subiscono una trasformazione. La figura del padre viene ad esempio totalmente rivoluzionata. Egli non va più a trasmettere quelle sensazioni di forza e sicurezza che hanno da sempre guidato la narrazione classica.
L’uomo, solitamente il capo famiglia, perde invece la sua autorità nella scena più drammatica del film. La fuga è il chiaro segnale di una figura che non lascia a fraintendimenti, in una situazione drammatica anche un padre di famiglia, che dovrebbe dare protezione secondo la norma comune, ha paura e agisce ai fini della propria salvezza.
Da questo episodio si sviluppa l’intero film e partono tutta una serie di riflessioni da parte della moglie, che rivaluta sia i valori che la propria posizione all’interno della famiglia. Inizia così una crisi familiare, che porta a un distacco via via sempre maggiore, in cui vengono a galla alcune diversità che prima sembravano non esistere.
Tutto viene messo in discussione e la solidità alla base della struttura familiare viene minata. Questo distacco che avviene tra moglie e marito, sconvolge la routine e la vacanza prende una piega diversa da come era partita. La moglie per l’appunto decide di iniziare a voler sciare da sola, libera dal marito e dai figli, questo è già un segnale percettivo di allontanamento. La protagonista femminile sembra raggiungere piano piano una sua indipendenza, si sente libera di poter prendere delle scelte senza per forza avere una figura maschile al proprio fianco. É un film di riflessione sul concetto di emancipazione femminile, la donna che rivaluta gli aspetti fondamentali della sua esistenza. Una donna che riconosce la sua figura di madre e moglie, che si è sempre presa a carico di tutto e che ha trascurato con gli anni la sua vita personale, per seguire quei preconcetti su cui si fonda la società.
C’è un dialogo all’interno dell’opera in cui la protagonista si sofferma a discutere sul ruolo della donna nella società, con un’amica conosciuta in vacanza. Uno scambio di battute che genera ampie riflessioni e che mostra due donne completamente diverse, guidate da due linee opposte. L’amica fa osservare come secondo lei la vita non debba essere basata solamente su un unico rapporto quale quello di madre e moglie ma di circondarsi anche da altre persone con cui condividere nuove esperienze. Discorsi che inizialmente si contrappongono a quelle della protagonista, la quale non sembra afferrare quei concetti distanti dalla sua visione.
La scena in questione mette in evidenza due modelli femminili che vigono oggi nella società, da una parte una donna di stampo classica, ligia ai propri doveri e pertinente al ruolo che deve adottare e dall’altra una donna alla ricerca di una specifica indipendenza, che vuole vivere svincolata dalle dottrine comuni.
La valanga è quindi metafora di una natura che sveglia le coscienze e che mette in guardia da quelli che sono i principi su cui una famiglia ordina la propria esistenza. Una natura che plasma gli individui, andando a compromettere la responsabilità che l’individuo ha nella società.
La responsabilità del marito, di difendere i suoi figli da una possibile strage, è venuta meno. Ciò diventa allegoria per descrivere un mondo maschile che muta in qualcosa di diverso da quello che è sempre stato, o almeno la sua percezione. Cambiano le carte in regola, gli uomini si svelano deboli, incapaci di far fronte a situazioni complesse, mentre le donne assumono una forza straordinaria, che rivede la loro posizione sociale.
La condizione dell’uomo è trattata con estrema precisione, schiacciato da un terribile peso psicologico. L’opera mostra per l’appunto una sofferenza nascosta che pervade il maschio adulto, il quale non sempre si sente all’altezza del proprio incarico sociale. È un uomo che arriva a fare i conti con sé stesso e con l’idea che il mondo ha di lui in generale. Anche la figura maschile è una persona che vive complessi enormi, con i quali si ritrova a convivere ogni giorno.
La regia è perfetta e si avvale di punti macchina fissi per rappresentare situazioni drammatiche interpretate in maniera eccezionale da un cast notevole. La macchina da presa, per dove è posizionata, sembra quasi spiare questi eventi, la sua staticità presuppone una condizione di non intervento, come a lasciare che le circostanze si deteriorino da sole.
La fotografia è fredda come il paesaggio, la colonna sonora è trionfale, con la composizione classica di Antonio Vivaldi, che va a intensificare i momenti drammatici rendendo il tutto molto cupo. Forza Maggiore è un’opera che delinea la bravura del regista nel saper tratteggiare i lati umani in maniera molto accurata.