Creata dalla sceneggiatrice delle serie Daredevil e Mixology Sarah Streicher, The Wilds è la nuova serie originale Prime Video che segue la storia di otto ragazze naufragate su un’isola deserta.
In viaggio per un ritiro spirituale di bonding tra giovani ragazze, Leah (Sarah Pidgeon), Shelby (Mia Healey), Martha (Jenna Clause), Toni (Erana James), Dot (Shannon Berry), Fatin (Sophia Ali) e le sorelle Nora (Helena Howard) e Rachel (Reign Edwards) sopravvivono a un terribile incidente aereo che le catapulta al largo di un’isola deserta, all’apparenza di origine vulcanica, senza eccessiva vegetazione e sottoposta alle intemperie. Le otto ragazze, ognuna con un passato problematico se non proprio traumatico, impareranno a conoscersi e a collaborare insieme per sopravvivere.
Da questa breve sinossi i paragoni con Lost sono lampanti. Un incidente aereo, un gruppo di persone che non si conoscono tra di loro e variamente assortito. Per non parlare della struttura di ogni episodio, ognuno dedicato a un personaggio e alla vita precedente che ha vissuto, che può essere una giustificazione del comportamento che ha ora sull’isola, o nettamente in contrasto con quello. Ma The Wilds nel primissimo episodio porta delle notevoli differenze rispetto a quello che sembra essere il suo modello di riferimento, andando di più, invece, ad inquadrarsi come un Young Adult sullo stile distopico della saga dei Maze Runner.
Infatti, la primissima scena del primo episodio è un fast forward a dopo le vicende dell’isola, quando le ragazze sono state salvate. E l’ultima, che non spoileriamo, è una parziale spiegazione del loro naufragio, che sarà una grossa porzione di storyline per gli episodi successivi. Se il pretesto è molto in stile Young Adult, il vero modello della serie sembra però essere una ennesima variazione su Il signore delle mosche, classico della letteratura per ragazzi che per la prima volta ha sovvertito l’idea di purezza intrinseca della gioventù.
Solo un paio di anni fa, nel panorama delle serie streaming, avevamo avuto come modernizzazione di quel modello The Society, produzione originale Netflix, in cui un gruppo di adolescenti si ritrova completamente solo, senza genitori né via di fuga, nella piccola cittadina dove abita. Se in quella serie il focus era nettamente sulla costruzione, appunto, di una società quasi completamente da zero, qui le idee si fanno più confuse. Da una parte, è anche addirittura espresso apertamente l’intento sociologico in chiave smaccatamente femminista. Da un’altra parte però la serie soffre grandemente per l’abbondanza di stimoli e di carne che mette al fuoco.
Innanzitutto appunto, troppe influenze diverse, non necessariamente contrastanti tra di loro ma che non definiscono un punto focale chiaro e riconoscibile. E’ un Young Adult, un distopico o una serie avventurosa? E’ satira che condanna un ideale utopico di femminismo o è una seria accusa all’uso e abuso del patriarcato e ai traumi che ne derivano? La confusione di questi punti è data anche dalla struttura stessa della serie. Nei primi episodi infatti l’obiettivo sembra chiaro: ogni episodio scava nella psicologia di una delle ragazze, sia tramite il suo passato sia tramite il rapporto che stabilisce con le altre naufraghe sull’isola. Poi, però, gli episodi cominciano ad avere una struttura più ambigua. Il punto di vista si sposta verso quello di alcuni adulti e le ragazze vengono messe sempre di più in secondo piano.
Non solo, ma l’urgenza stessa di essere su un’isola deserta perde gradualmente sempre più forza e senso di esistere. Ogni ostacolo che le ragazze affrontano si dissolve magicamente, e qualche volta senza una spiegazione ragionevole (vedi Martha e l’intossicazione da cozze). Per cui, nonostante un terreno così fertile e potenzialmente infinitamente produttivo della premessa (basti guardare Lost), purtroppo si sgretola in favore di drammi adolescenziali e psicologici, che sarebbero potuti emergere in qualunque contesto che non vedesse coinvolta un’isola deserta. Il finale inoltre lascia molti fili scoperti e il plot twist finale non è un vero plot twist né a dir la verità un grande aggancio a una potenziale seconda stagione.
Un peccato, perché i personaggi sono scritti bene e interessanti. Nessuna delle ragazze è infatti scritta come uno stereotipo e tutte non solo hanno, prevedibilmente, lati oscuri alla propria persona, ma ognuna soprattutto ha una personalità ben riconoscibile e dialoghi schietti e da vere adolescenti. Anche la quantità di informazioni data allo spettatore episodio per episodio è calibrata bene, andando spesso a puntare i sospetti verso una direzione per poi cambiarla drasticamente all’ultimo momento.
Le registe Haifa Al-Mansour (La bicicletta verde) e Susanne Fogel (Booksmart) dirigono rispettivamente un episodio.