The Lost King – Trama
Filippa Langley (Sally Hawkins) è alla ricerca fatale, caparbia ed un po’ disperata, di un re, ma non di un re qualunque, no, di Riccardo III, il The Lost King del titolo, nonché famoso usurpatore sanguinario immortalato nell’inverno del suo scontento all’interno dell’omonima, famosa e rappresentatissima tragedia a lui dedicata da William Shakespeare.
La donna ha un identikit specifico ma comune a molte persone: madre separata con due figli adolescenti a carico, un ex-marito per amico (Steve Coogan), un lavoro che non la premia semmai la retrocede a fronte di chi possiede meno titoli e meno competenze di lei, ma sorride bene e spesso, ammalata di una stanchezza cronica che, nonostante le medicine ad hoc, la perseguita nei momenti meno opportuni, facendola apparire più debole di quanto realmente sia.
In una vita che sembra aver preso la stessa china rassegnata dell’uggia un po’ piovigginosa della provincia inglese, Filippa, dopo aver assistito in teatro insieme ad uno dei suoi figli ad un Riccardo III shakespeariano, vede la figura del terribile e temibile re in ogni dove.
Dalla finestra di casa sua, dal suo ufficio, nel parco, al ristorante: un’apparizione che ha le sembianze dell’attore protagonista, con tanto di mantello e corona, e che le chiede silente, senza dire una parola, di fare qualcosa per lei: ritrovarne il corpo, consegnarlo ad una degna sepoltura, riaprendo un caso di mala storia che probabilmente ha voluto tramandato nei secoli la figura di un re malvagio illegittimo ed assassino quando in realtà non fu niente di tutto ciò.
The Lost King – Recensione
The Lost King è l’ultimo film di Stephen Frears: presentato al Toronto Film Festival e, fuori concorso, alla 17. Festa del Cinema di Roma, è tratto da una storia vera, ossia i reali scavi intrapresi nella contea di Leicester, che portarono al ritrovamento dei resti mortali attribuiti con altissima probabilità al famigerato Riccardo III, l’ultimo Plantageneto.
Questa importante scoperta archeologica fu resa possibile dalla convinzione, la determinatezza, le ricerche riabilitative e la fortuna di una donna comune, Filippa Langley appunto, convinta della bontà di una figura che la propaganda Tudor nei secoli ha definito come meschina e pericolosa, quando in realtà non sono state ritrovate prove di ciò che gli fu imputato, in particolar modo dell’odiosissima uccisione dei due giovani nipoti rinchiusi nella torre di Londra.
La stessa illegittimità della sua corona è oggi totalmente accantonata, poichè nel 2018 gli fu riconosciuto il pieno diritto di regnante e fu apposto lo stemma reale sulla sua sepoltura, simbolo della giustizia di quel trono. Probabilmente Riccardo III non era neanche gobbo, ma affetto da una severa scoliosi che lo affaticava nella vita, nulla di più.
Dunque un’altra persona rispetto alla figura di spietato e romantico antagonista shakespeariano, deforme egoista abbaiato anche dai cani, incapace di provare empatia o amore, incattivito dalla sua miserabile sorte fisica.
Filippa reagisce intimamente al destino imputato a questo personaggio storico, che in qualche modo la riguarda, reagisce ad un’ immagine di entrambi proiettata come non avrebbe dovuto essere, la dignità appannata di lei, l’indole mistificata di lui, un’ingiustizia non denunciata, una rassegnazione a stare dalla parte dei perdenti senza ragione, quando in entrambi brilla un acume, un destino, delle capacità personali ed una luce che sono stanche di essere taciute, bypassate o travisate.
Così, come in Mary Reilly (1996), Lady Henderson presenta (2005), The Queen (2006), Philomena (2013), Florence (2016), anche in The Lost King, Frears ci regala un ritratto femminile puntuale e delicato, per una commedia femminile ironico-drammatica in cui è ancora una donna a prendere le redini della storia, a cavalcarla al contrario, da riva a fonte, controcorrente, attraverso gli scetticismi ed i pregiudizi altrui, contro il mainstream familiare, contro le affezionate etichette, contro la media delle proprie consimili, contro il buon senso e la ragion politica che qui appaiono in tutto il loro torpore.
Università che dismettono ricerche salvo poi salire appena possono sul carro del vincitore, amministratori e politici che monopolizzano l’attenzione ed escludono chi ha permesso che potesse aprirsi anche solo un discorso su Riccardo III.
The Lost King è un esempio-metafora del falso sensazionale con cui si inquinano pensieri, prospettive, un caso concreto e verificato di propaganda inventata per screditare il nemico, l’oppositore, l’equivalente storico e lampante di come non serva essere titolisti negli anni venti del secondo millennio per rovinare la reputazione di qualunque persona, poiché ciò accadeva già nel Quattrocento e senza alcun diritto di replica.
The Lost King è anche un’ode sopita all’emotività femminile come motore di invenzioni e scoperte più grandi ed importanti della voce che viene spesso riservata a chi rende quell’emotività parte integrante di un progetto, di una crescita privata e personale con lo scopo di riappropriarsi della sicurezza e della voglia di vivere annebbiate.
The Lost King è la vittoria di un patriottismo inverso e “complottista” che mira più ad affrancare la dimensione personale di chi lo propugna, che a fare scandalo o visualizzazioni. I media, la maggioranza di professori universitari e di professionisti dello scavo, ne escono con un’immagine di convenienza interessata e supponente, mentre è Filippa e non chi ha tentato di ignorarla fino alla fine, ad essere nominata Cavaliere del Regno da sua maestà la Regina e a fare il giro delle scuole per parlare alle nuove generazioni di cosa è vero e cosa no nella storia che ci viene raccontata.
Così si riscatta un re perduto e che si è voluto dimenticare; così si risveglia una donna da una mezza età dello sconforto, quando imprese impossibili pensa non le siano più concesse ed invece si arriva a riscrivere i miti.
Una favola storica e familiare che cinge i protagonisti in un abbraccio collettivo ritrovato, loro che, come molte famiglie contemporanee vivono scomodi, allargati, con divani condivisi, nuove fidanzate di papà, crisi materne per non sentirsi all’altezza, sensi di colpa, conti in rosso, divisione di figli, orari, spazi, cene, eppure “vivono solidali”, oltre l’amore scritto e civilmente abusato.
Tra i toni grigi del cielo, gli incarnati pallidi della protagonista e del suo re perduto, The Lost King è un’incredibile storia vera, che scivola semplice e puntuale fino alla sua giusta consacrazione, portata avanti con la risolutezza nobile, composta e malinconica del savoir faire inglese, tra tessuti urbani e politici che riproducono in piccolo la city londinese, nell’incredulità consumistica che ottiene i suoi quindici minuti di celebrità rinvenendo le ossa del plantageneto nell’appendice capitalistica di un luogo popolare, il grande parcheggio di un centro per i servizi sociali.
Mappe, intuiti, sesti sensi, lacrime pronte a tracimare, nottate trascorse con i nuovi amici non solo inglesi ma mondiali della compagnia che supporta la vera storia taciuta di Riccardo III e Filippa torna a vivere, a desiderare, a dare un mano a se stessa e agli altri, perché spesso, banalmente, si riesce ad aiutare se stessi, solo se ci si mette ad aiutare altri da sé.
E chi meglio di un’apparizione regale con cui confessarsi, confrontarsi, capirsi a cenni di capo e sguardi, discorrere agli angoli delle strade, nei parchi, di notte, sulla panchina del proprio giardino o in un campo sterminato, dicendosi addio, missione compiuta, sei libero-libera, come dopo una battaglia vinta, quella finale.
The Lost King – Cast
Sally Hawkins è l’anima imprescindibile di questa originale odissea: piccolo corpo in voce rappresa, dall’ espressività generosa e totale, incanalata in un volto che è l’unico mezzo e la sola misura attraverso cui capire che la storia ha un retropalco più ampio di quello che immaginiamo, è una questione di cuore e di imprescindibile importanza, un ostacolo profondo che le è capitato e che non può ignorare, ne varrebbe del suo respiro.
Se questo portato non ci fosse, assisteremmo alle velleità di una mitomane senza obiettivo, casuali, inascoltate ed inascoltabili: al contrario la Filippa della Hawkins ritrova la ragione delle proprie forze solo occupandosi del suo re sperduto, è madre di Riccardo, lo tratta come figlio acquisito, partorito in una notte di esaltazione, infelicità e solitudine: esaudirlo equivale ad esaudire se stessa.
Ottima la calma proattiva e stabilizzante di Steve Coogan, qui nelle vesti anche di sceneggiatore, marito di Filippa che al pari di Riccardo si fa capire con poche parole chiare, rende palesi i suoi limiti di comprensione per l’assurda vicenda che vede la moglie protagonista, ma la segue, schierandosi dalla parte delle fede e dell’amore di lei, senza troppi se o ma.
L’intero cast di The Lost King è settato su volti tipicamente inglesi, usciti fuori dagli archivi dell’immaginazione di una favola spiazzante, fatta di baroni, dottori, burocrati e illuminati.
Non sono le vie battute, spesso, a generare la verità; perché la ripetono e nella ripetizione la verità può cadere, come dimostra lo stesso Riccardo III di The Lost King, muto quasi tutto il tempo: è la fede nella verità a generarla. La storia di Filippa e del suo re perduto ne sono la prova.