The Girl and the Spider è disponibile da giugno sulla piattaforma MUBI. Realizzato dai gemelli svizzeri Ramon e Silvan Zürcher, il film era stato presentato nella sezione Encounters della Berlinale 2021, aggiudicandosi i premi per la miglior regia (ex aequo con Hygiène sociale di Denis Côté) e FIPRESCI.
The Girl and the Spider: i rumori e i silenzi delle relazioni
The Girl and the Spider ripropone stile e contenuti dell’opera prima degli Zürcher, The Strange Little Cat del 2013, pellicola anch’essa passata in anteprima alla Berlinale (sezione Forum) e molto apprezzata dalla critica.
Protagonista è un gruppo di persone unite da rapporti familiari. Mentre però in The Strange Little Cat esse si muovevano all’interno della stessa abitazione, ora il set è costituito da due appartamenti diversi. Un’ambientazione, che nonostante questa piccola variazione, continua quindi a essere circoscritta e ben delimitata, ma non claustrofobica o oppressiva.
Tema principale del film sono le relazioni con i loro tempi, i movimenti imprevedibili, il chiasso o il silenzio. In sede di sceneggiatura, i due registi, vista la contiguità tematica con il primo film, hanno considerato The Girl and the Spider il secondo capitolo di una trilogia in divenire sul problema dei legami.
Mara (Henriette Confurius) sta aiutando l’amica e coinquilina Lisa (Liliane Amuat) a traslocare in un nuovo appartamento. Attorno a loro pian piano la scena si affolla di altri personaggi, in un intreccio di storie e caratteri divertente, fantasioso eppure estremamente realistico.
A Roman e Silvan Zürcher non interessa dire tutto, indagando capillarmente sentimenti e malesseri (come accade ad esempio in Storia di un matrimonio), ma solo quell’insieme intricato e fluido di relazioni tra persone che si guardano, si fraintendono, si lanciano messaggi di sfida o d’amore, si tormentano, si danno colpe, si offendono, si studiano.
Essi insomma sono interessati alla vita nel suo scorrere quotidiano, quando, in certi momenti particolari come appunto un trasloco, emergono prepotentemente riflessioni sul passato e sul futuro delle esistenze personali, soprattutto nelle sfere emozionali. È quanto accade a Mara e Lisa: la prima, personalità estrosa e cinica, sembra non accettare l’allontanamento della seconda, che, pur nella sua mitezza e remissività, ha messo fine alla loro relazione affettiva con un allontanamento che le consente finalmente di rivendicare e affermare il diritto a uno spazio indipendente e autonomo; Lisa ha anche un rapporto complicato con sua madre Astrid (Ursina Lardi), donna enigmatica che, cercando di darle un mano nel nuovo appartamento, finisce per flirtare con il tuttofare ammiccante Jurek (André M. Hennicke).
Jan (Flurin Giger), assistente di Jurek, durante i lavori si invaghisce invece di Mara, ma finirà per andare a letto con due vicine di casa del vecchio appartamento di Lisa, a loro volta unite da una strana relazione di dipendenza sadico-affettiva.
In questo quadro di relazioni intrecciate e sospese tra tensioni e tormenti, i registi si muovono con una naturalezza estrema, frutto di uno stile da loro stessi definito come “macchina da presa statica, messa in scena dinamica”.
E la cinepresa degli Zürcher è fissa su ciascuno dei protagonisti quando occorre scrutarne sguardi, espressioni, silenzi e reticenze, ma è insieme duttile e flessibile nel seguirne e accompagnarne i movimenti coreografici e caotici.
Le atmosfere da commedia psicologica esimono lo spettatore dalla necessità, in certi frangenti, di ricostruire le dinamiche di storie sentimentali come quelle cui si è già fatto cenno; il film, caratterizzato da intelligenza e originalità, sa contemperare e coniugare drammaticità e leggerezza, riuscendo a mantenere la narrazione entro l’ordine di una concreta indagine sulle relazioni, che non ha bisogno di tracimare in eccessi o di affettare profondità.
La figura e le immagini della cameriera, la cui vita ci viene narrata da Mara, in fuga dalle difficoltà della vita su una nave da crociera, l’attenzione data ai bambini dei due condomini, che con i loro giochi aumentano e irridono il caos degli adulti e, infine, la presenza di animali (dal cane al ragno), indifferenti ai problemi relazionali degli umani, sono espedienti di sceneggiatura, in questo senso, efficaci. “Abbiamo un personaggio statico [Mara], mentre il mondo che lo circonda cade a pezzi – le parole dei registi –. Le unità si stanno rompendo, c’è del danno, e ci sono altri personaggi che sono intrinsecamente più vividi o dinamici. È un intero universo di queste dinamiche e forze contrastanti. Il nostro stile, in un certo senso, è determinato dal controllo – per esempio, i movimenti controllati del personaggio, o il modo in cui gli oggetti di scena sono posizionati –, ma la bellezza sta anche nel caos”. Non rimane che attendere la terza pellicola che, aggiungendosi alle altre due, possa completarle nel disegno di una trilogia. Intanto con The Girl and the Spider Ramon e Silvan Zürcher hanno confermato le attese, nel segno di una crescita autoriale e stilistica che li impone all’attenzione.