Self/Less, un film di fantascienza, un thriller psicologico o un film d’azione?
Il lungometraggio del 2015 ora in streaming sia su Amazon Prime Video che su Netflix incarna tutti tre i generi alla perfezione. È proprio l’esempio di quanto queste nuove piattaforme possano mostrare a più persone dei prodotti buoni mai abbastanza valorizzati dalla critica e magari alzarne la reputazione.
Il regista Tarsem Singh è padre anche del video-clip dei R.E.M premiato nel 1991 Losing my religion, e di quello della canzone del 2020 911 di Lady Gaga, bello quasi più della canzone stessa.
La parola chiave per descrivere il suo stile è di sicuro: fantastico. Sia per i soggetti che sceglie – vedi Biancaneve, Immortarls o la tentata serie The Esmerald – che per come li fa scorrere davanti ai nostri occhi. È arduo al giorno d’oggi fare presa su quel modo dominato da pochi baluardi, uno su tutti Tim Burton e Wes Anderson.
Ben Kingsley – il premio Oscar Gandhi; Schindler’s List; Slevin – Patto criminale; Shutter Island, tra gli altri – fa da apripista nei suoi panni migliori: quelli di un uomo freddo, insensibile e misterioso.
Infatti interpreta il classico ricco uomo d’affari e padre pessimo, Damian. Dedito solo alla bella vita che si può permettere con i soldi, anche alla fine della sua vita decide egoisticamente l’elisir della lunga vita.
Kingsley lascia quasi subito la scena a Ryan Reynolds. L’attore, conosciuto soprattutto per i suoi ruoli da supereroe e per la fama da sex-symbol – uomo immagine di Hugo Boss – è Mark. Sposo modello nella vita al fianco di Blake Lively, così anche al fianco di Madaleine (Natalie Martinez) in Self/Less.
Quante persone possono esserci in un corpo solo? Il viaggio post-mortem in Mark, fa spontaneamente capire a Damian quali sono i veri valori della vita, ma senza patetici approfondimenti psicologici dei protagonisti.
Questo rende Self/Less un film molto scorrevole che ha tutti gli elementi per essere guardato in serenità. Non bisogna troppo indagare sulla coerenza della sceneggiatura: la morale è ben chiara.
Gli interpreti riescono nell’intento, gli stereotipi in Self/Less sono affrontati forse anche un po’ troppo alla leggera perché appaiono normalizzati: le dicotomie bello e brutto, vecchio e giovane, ricco e povero. Per non parlare della figura della donna come subordinata all’uomo, soprattutto come oggetto del piacere, bilanciata debolmente dalla due donne protagoniste Maddie e la figlia di Damian, Claire (Michelle Dockery), che sono ad ogni modo strettamente legate alla figura maschile e alla loro visione, sebbene siano mostrate come donne forti e indipendenti.
Infatti anche centrale è la figura della paternità, attorno la quale ruota tutta la trama dall’inizio alla fine.
Siamo sempre alla ricerca della pietra filosofale che ci possa dare l’immortalità, ma da qualche anno questa prospettiva viene messa in discussione in più prodotti cinematografici.
Però Self/Less parla alla pancia di tutti i suoi spettatori: l’ultimo saluto è il sogno recondito di ogni essere umano.