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Paternal Leave – Marinelli protagonista nel debutto della moglie alla Berlinale

Paternal Leave è un dramma familiare, un’elaborazione di paternità mancante, un coming of age nel mare d’inverno, che si consuma tra una ragazza di quindici anni tedesca e suo padre italiano, uomo che non ha mai conosciuto, ma di cui sente l’assenza, nonostante fin da bambina abbia sempre raccontato fosse morto.

Dramma familiare tra coming of age ed elaborazione di paternità mancante

In concorso allo scorso Festival Internazionale di Berlino, opera prima di Alissa Jung, moglie di Luca Marinelli, Paternal Leave pone al centro Marinelli stesso nelle vesti di un “padre che non c’è stato”, affiancato dalla giovane Juli Grabenhenrich al suo debutto sul grande schermo, androgina, energica, fragile e molto magnetica, nel ruolo di figlia “dimenticata”.

Una storia classica di riavvicinamento faticoso tra un uomo troppo giovane al tempo per affrontare la responsabilità genitoriale ed una ragazza che ha bisogno di conoscere risposte, di avere volti, numeri, coordinate, per aggiustare le proprie.

Paternal Leave – Trama

Una telefonata della madre di Leo (Juli Grabenhenrich) ci avverte che dovrà lavorare tutto il week end e la ragazza, in stazione, su un treno preso furtivamente senza biglietto, già in viaggio per il luogo da cui tutto sa essere cominciato, coglie la palla al balzo per iniziare un viaggio di resa dei conti e scoperta. Ha un video in cui il padre, Paolo (Luca Marinelli) parla di surf, la sua passione, il suo lavoro, sulle spiagge emiliane, e vuole raggiungerlo per sottoporgli una lunga intervista scritta su un quaderno pieno di disegni infantili che sveli chi è questa persona di cui non ha mai conosciuto alcunché.

La sorpresa è che Paolo vive in un camper, vicino ad un ristorante balneare chiuso, ha un’ altra famiglia, con cui ha avuto problemi e che vede in alcuni giorni, ma che vuole assolutamente “far funzionare”. Valeria ed Emilia sono rispettivamente la nuova compagna e la nuova bambina di Paolo, e Leo, sbalestrata dalle reticenze affabili del padre, da un rancore/attrazione verso la sua figura, vorrebbe conoscere questa seconda famiglia.

Il confronto tra vecchia e nuova famiglia

Il padre glielo vuole impedire, non è pronto a questa nuova prova: l’uomo infatti dopo la relazione fallimentare con la madre della giovane, avuta a soli ventun’anni, è stato dieci anni senza avere alcun tipo di rapporto, traumatizzato dall’errore e da quello che non era riuscito a proteggere. Ora vuole rifarsi una vita con fatica e ragionevolezza, anche se non ha la normalità del buon padre di famiglia medio dalla sua. Un lavoro strano, stagionale, una casa non casa che rispecchia la sua natura nomade, un’insicurezza di base dovuta alla colpa di aver lasciato indietro un pezzo importante di vita.

Leo vorrebbe sapere che nome avrebbe scelto lui per lei nel momento in cui seppe che sarebbe venuta al mondo, vorrebbe essere presentata agli amici del padre, vorrebbe trovare spazio nella vita dell’uomo che avrebbe dovuto essere al centro della propria. Paolo non risponde, evade, scappa dalla nuova/vecchia figlia, non la vuole includere nella sua routine, anzi è pronto a riaccompagnarla in Germania.

La piccola Emilia con la sua spontaneità crea l’occasione per un incontro tra il presente ed il passato di Paolo, incontro che procede un po’ bene un po’ male, tra non detti che assomigliano a bugie, parole trattenute e una doppia, tripla lingua che aiuta a nascondere la verità. Arriva alla fine della fine un abbraccio tra padre e figlia che suggella la fine di ciò che è andato e forse sottoscrive l’inizio di un futuro differente.

Paternal Leave – Recensione

Tra le spiagge livide dell’Emilia invernale, lo spettro di una mareggiata che ha in parte distrutto gli stabilimenti e le ruspe per spalare la sabbia, erosa anno dopo anno dal mare, Paternal Leave vive la sua storia familiare di formazione e distruzione, delicata, intima e diretta. Ricostruisce e demolisce l’epica del padre, il coraggio adolescenziale, la rabbia fluida dei figli prigionieri dei genitori sia che essi ci siano, sia che essi non ci siano.

Umidità che trapela dalle inquadrature, spesso strette in primi piani rivelatori, colori nordici, accenti variegati, il colore grigio a rimarcare la solitudine di luoghi che conoscono vita solo d’estate, poi forse attesa e rassegnazione. Quella stessa attesa e quella stessa rassegnazione che non ammette Leo, coi suoi quindici anni, un bellezza pulita e raffinata, un carattere forte ed un’affezione speciale che non vuole e non può più trattenere.

Tracce di padri, sia presenti, sia assenti, che schiacciano i figli

Capita in questa nicchia marina in letargo e scopre un orso buono, un individuo maldestro spiazzato e volenteroso, che resta a galla non si sa come, ma resta, cercando come può di mantenere insieme i pezzi della sua routine, il mare, le canzoni alla chitarra, la pasta salata, i cornetti, ed ora un’attenzione ad una forma di vita che era sua e lui non ha visto quando doveva. Leo con la sua testardaggine intuitiva, Paolo con la comprensione di quella testardaggine intuitiva che in qualche modo è stata anche sua, quando era più giovane.

Tracce di padri che cambiano la vita ai ragazzi: come accade al fattorino (Arturo Gabbriellini), ragazzo che prende confidenza con Leo, che l’accompagna in questo week end di confessioni e turbamenti, di prove e delusioni, rivelandosi lui stesso vittima di un padre che pare non accettare le sue tendenze non propriamente etero. Padri che non comprendono, padri-lacuna, crescite che si impongono troppo veloci rispetto all’età presente, responsabilità che non si vogliono vedere.

Dalla fuga dalle responsabilità all’accettazione del cambiamento: la catarsi

Leo vuole suo padre, quel padre che ora è padre di un’altra bambina, che ne ha bisogno proprio come lei ne ha avuto senza mai ottenere nulla. Fare un passo indietro a quindici anni non è facile, farlo a trentacinque, a suo modo, anche. Ma la natura di questi luoghi, peregrina, orizzontale, che nasconde e rivela, tra sabbie e nebbie, incarna un’attesa di promesse, e manda segni di catarsi anche quando si pensa che non sia più possibile un dialogo. Seppellire un fenicottero investito per strada, è un modo di riconoscere e richiudere sottoterra il dolore del passato per poi guardare in avanti.

Paternal Leave è una storia semplice, che si dipana con battute essenziali, ma qualche lungaggine di troppo nella parte finale, dove perdiamo la tensione delle fibre narrative in pozzi di intimità e simboli troppo ravvicinati e già frequentati nel genere per reggere l’attenzione.

Tra ingenuità da prima opera, romanticismo classico del genere e spontaneità azzeccata d’oltralpe, Paternal leave offre un racconto comune e toccante, onesto rispetto ai propri obiettivi e godibile specie nella prima parte.

Paternal Leave – Cast

Luminosa la recitazione di tutti gli interpreti coinvolti da Marinelli, in totale agio con la figura di genitore malfermo, sempre sull’orlo del passo falso, scisso tra il voler mantenere dritta la barra e la debolezza di ricadere nelle proprie paure, la voce rotta e il tono calmo quando meno ce li si aspetta. Sua la camminata sgraziata che lo accomuna alla figlia, così come lo starnutire ogni volta che si mangia il cioccolato.

La Grabenhenrich è un’ ottima rivelazione scenica, giovane calamita in azione, di una sensualità lucente, maschile e particolare, in onore alla fluidità di genere che molto va di moda e qui fa, in qualche modo, parte in sottotraccia del profilo dei personaggi. 

Notevole anche la semplicità nei gesti e nelle interazioni che risultano sempre organiche, mentre menzione a parte merita l’effetto creato dalla commistione di lingue.

Ce ne sono tre in ballo: italiano, tedesco, e inglese a mediare; questo trio diventa una sola grande lingua interscambiabile che incespica, ma arriva esattamente dove deve arrivare, creando una specie di magma sonoro, che a volte rende superfluo il sottotitolo, ed affiora all’intellegibilità intuitiva, tanto quanto riemerge come spuma marina il legame che tra padre e figlia.

Riemerge dalle spiagge abbandonate emiliane, dai ricordi di gioventù sbagliata, dai tatuaggi meno riusciti fatti un giorno in cui, senza ancora saperlo bene, la vita cambiò.

Paternal Leave – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Leo ha quindici anni e sale su un treno che dalla germania la porta in Emilia Romagna per conoscere Paolo, quello che avrebbe dovuto essere suo padre, ma di cui non ha mai saputo nulla. Tra dramma familiare, coming of age ed epica dei figli schiacciati da padri anche quando i padri sono assenti, è un debutto girato con cura diretta ed essenzialità, tra le sabbie in letargo delle spiagge emiliane. Qualche lungaggine nella parte finale, uso ingenuo di pozze di intimità e simboli già frequentati, per un'opera prima onesta, a conduzione familiare, soprattutto ben recitata.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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