Prodotto da G-Base, Capstone Production e Thunder Road, Operazione Kandahar è il nuovo originale Prime Video, uscito lo scorso 24 agosto, diretto da Ric Roman Waugh.
Il film rappresenta la terza collaborazione tra il regista e quello che ormai è diventato il suo attore di riferimento, ovvero Gerard Butler, che interpreta un agente della CIA che deve fuggire dall’Iran. Waugh è ormai esperto di film d’azione, avendo già diretto opere come Greenlad e Attacco al potere 3 (entrambi con Butler come protagonista), o La fratellanza, film del 2017 con la star di Game of Thrones, Nikolaj Coster-Waldau.
La trama
Tom Harris (Gerard Butler) è un veterano agente della CIA, impegnato, insieme al collega Oliver (Tom Rhys Harries), in una missione sotto copertura atta a far esplodere una centrale nucleare nascosta sul suolo iraniano. Tom sta anche attraversando un brutto periodo personale: la moglie vuole il divorzio perché lui non è mai a casa, e, allo stesso modo, la figlia (ormai prossima al diploma) considera suo padre un fantasma.
La missione sembra andare a buon fine, ma la situazione precipita quando, a causa di una soffiata anonima, il governo iraniano scopre l’identità del sabotatore della centrale nucleare, ovvero proprio Tom. Inizia così una fuga forsennata dell’agente della CIA verso quella Kandahar che dà il titolo al film, che rappresenta la salvezza in quanto da lì sta per decollare un aereo delle forze speciali inglesi.
Ma Tom non è solo: con lui c’è infatti Mo (Navid Negahban), un afgano fuggito dal suo paese molti anni prima, e tornato in Afghanistan per cercare la sorella scomparsa della moglie. Ma se Mo è riuscito a tornare nel suo paese natale è grazie a Roman (Travis Fimmel), una risorsa della CIA che coordina diverse operazioni in Medio Oriente che ha convinto Tom a compiere un ultimo lavoro, offrendogli l’assistenza del già citato Mo.
Inoltre, Operazione Kandahar ci mostra anche il punto di vista degli inseguitori di Tom: lo spietato Fazard (Bahador Foladi) dei Servizi Segreti Iraniani e lo sfrontato agente pakistano Nasir (Ali Fazal) sono due buoni antagonisti per il nostro operativo della CIA, anche se col passare dei minuti il pubblico si ritrova a empatizzare anche con chi teoricamente dovrebbe fare la parte del “cattivo”.
Una storia non certo memorabile o particolarmente originale, ma che ha il merito di appassionare per le dinamiche geopolitiche più che per le scene di mera azione.
Operazione Kandahar, un’azione riuscita solo a metà
Paradossalmente, pur essendo categorizzato come action movie, Operazione Kandahar non trova il suo punto di forza nella spettacolarità delle scene, nonostante comunque si possa notare uno sforzo in tal senso.
I momenti più adrenalinici sono ben realizzati, con inseguimenti in auto, sparatorie ed esplosioni che spesso riescono a catapultarti al centro dei conflitti millenari che assillano il Medio Oriente. Ma se alcune scelte di regia, come ad esempio “l’ossessione” della macchina da presa per i volti molto espressivi degli attori, funzionano alla grande, altri espedienti risultano poco centrati, e, anzi, avulsi dal contesto. Ad esempio, in momenti in cui le coreografie d’azione sembrano essere state realizzate strizzando l’occhio al realismo, l’utilizzo esagerato di slow motion rovina completamente l’esperienza dello spettatore, con un “effetto Matrix” che in fin dei conti non era necessario.
Il poco utilizzo di CGI e la realizzazione “alla vecchia maniera” delle scene d’azione fanno comunque sì che Operazione Kandahar si attesti su un livello medio, riuscendo così a non sfigurare in confronto a produzioni analoghe.
Un action movie che prova a essere più di un action movie
Se scartiamo quindi le scene d’azione dal novero dei possibili punti di forza di Operazione Kandahar, cosa rimane? In realtà ci sono diverse risposte a questa domanda: sicuramente l’interpretazione dei vari attori è di ottimo livello, con un Gerard Butler che ricalca molto i personaggi a cui ci ha abituato negli ultimi anni, un Travis Fimmel gigione (ricordato per essere la star della serie Tv Vikings), ma sempre affascinante grazie ai suoi occhi di ghiaccio, e un Navid Negahban che nonostante una cospicua presenza a schermo pronuncia poche battute, ma sempre significative.
Anche i due antagonisti funzionano relativamente bene: questo perché Operazione Kandahar, da un certo punto in poi, ci fa capire come in un contesto politico simile, fatto di subbugli e sommosse interne, non si possa parlare di veri e propri nemici, ma bensì di “uomini” che sono costretti a servire il proprio paese al meglio delle loro possibilità. Ogni personaggio del film ha infatti uno scopo, spesso molto semplice, ma che riconduce alla necessità più umana che esista: tornare a casa dai propri affetti.
Ed è qui che Operazione Kandahar prova lo scatto decisivo per discostarsi dai soliti prodotti action: il disegno politico delle varie fazioni (a dire il vero, spesso poco chiaro) e le scene di azione sono soltanto pretesti per mostrare l’umanità dei vari personaggi. Nel finale si respira una riflessione sull’inutilità di certi conflitti, in cui a rimetterci sono sempre e soltanto le vittime immotivate.
Peccato che molte di queste tematiche rimangano soltanto accennate e poco approfondite: probabilmente qualche scena d’azione in meno e un maggior focus su queste dinamiche avrebbe garantito al film uno spessore emotivo ancora maggiore.
Operazione Kandahar, conclusioni
Operazione Kandahar di Ric Roman Waugh è tutto sommato un buon film. Sicuramente il risultato finale non si può dire essere completamente soddisfacente a causa di scene d’azione non sempre perfette e un lato emotivo che sarebbe potuto essere approfondito maggiormente, ma la riflessione sulla guerra in Medio Oriente che ne scaturisce è decisamente lodevole per un prodotto che non punta soltanto alla spettacolarità.
Di certo, Operazione Kandahar non è uno di quei film d’azione che ti guardi a cuor leggero, perché pian piano che l’opera corre verso la sua conclusione, una piccola parte dello stomaco dello spettatore viene presa a pugni dalle tematiche presentate, e questo non può che essere un punto a favore per un action che in fin dei conti prova a essere anche qualcosa di più.