HomeRecensioniMustang, recensione del film di Deniz Gamze Ergüven

Mustang, recensione del film di Deniz Gamze Ergüven

Mustang, splendida opera prima della regista franco-turca Deniz Gamze Ergüven (classe ’78). La pellicola, acclamata dalla critica, ha vinto quattro César e nel 2016 ha rappresentato la Francia agli Oscar nella categoria miglior film in lingua straniera.

Mustang
Mustang, 2015

Mustang, cinque sorelle e un forte desiderio di libertà

Nome dato ai cavalli indomabili: mustang. Nel titolo l’essenza: una storia potente, intima e folgorante; un pugno nello stomaco. Un brivido d’emozione corre lungo la schiena nel finale. Il cinema francese d’autore, come spesso accade, ipnotizza, con opere sincere e speciali – due esempi: “La vita di Adele” (2013) e “I miserabili” (2019) -, e “Mustang”, forte e commovente, non è da meno.

A dipanare i fili della trama (snella, in verità) sono cinque sorelle, cinque piccole donne, “eroine”, per usare le parole della Ergüven. Eroine è il termine giusto perché lottano, come alla guerra, strenuamente, per la libertà, per il diritto di essere ciò che vogliono; spezzare le sbarre (reali e metaforiche) di un ambiente malsano e soffocante non sarà facile affatto: vessate da una nonna matrigna e da uno zio mostro che nottetempo abusa di loro (viene in mente “Miss Violence”). Queste sorelle, molto unite (si abbracciano, si stringono), fanno gruppo (emblematica l’immagine scelta per il manifesto del film) e non intendono piegare la testa (tuttavia una di loro andrà incontro a un tragico destino).

Ergüven ha paragonato il suo film a un prison movie e si è preparata guardando “Fuga da Alcatraz” (1979) di Don Siegel ma anche “Un condannato a morte è fuggito” (1956) di Robert Bresson. Le giovani interpreti, invece, scelte dopo un lungo lavoro di casting, hanno costruito le loro performance studiando “Monica e il desiderio” (1953) di Ingmar Bergman, “Fish Tank” (2009) di Andrea Arnold, ma anche parecchi film di Marilyn Monroe per risultare al contempo ingenue e sensuali. Inoltre fondamentale nella fase di scrittura è stato “Salò o le 120 giornate di Sodoma” (1975) di Pier Paolo Pasolini.

Cavalli selvaggi che scorrazzano felici. Non a caso Lale, Nur, Selma, Ece, Sonay (così i nomi dei personaggi) hanno tutte lunghi capelli che scendono sulle spalle, folte chiome simili alle criniere lambite dal vento, dei cavalli al galoppo. Queste ragazze vengono punite per un “peccato imperdonabile”: aver giocato in spiaggia con alcuni giovanotti. L’episodio le metterà sulla bocca di tutti. Diventeranno “le svergognate”.

Mustang
Mustang, 2015

Mustang, quando il gioco è un frutto peccaminoso

In un giorno di sole, dopo la scuola, le cinque sorelle, se ne vanno spensierate al mare. Si tuffano in acqua insieme ad alcuni ragazzi. Salgono sulle loro spalle, rincorrono le onde. Attimi di gioia che pagheranno a caro prezzo. In paese (un fazzoletto di case circondato da mare e boschi) mormorano. La gente le guarda torvo. I familiari si vergognano. Presto presto le portano all’ospedale per verificare che siano ancora “intatte”, “illibate”.

La nonna, d’accordo con lo zio (del quale è vittima), non le farà più uscire. Niente scuola. Se ne staranno chiuse dentro, perché “troppo impertinenti”, perché, “scostumate”, hanno osato l’indicibile (la più piccola ama il calcio e sogna di andare allo stadio) e per loro non c’è via di scampo: solo sposandosi con uomini scelti dalla famiglia (matrimoni combinati in fretta e furia) potranno riscattarsi.

Nel periodo di clausura impareranno le regole “della casalinga perfetta” e “della moglie (e madre) esemplare”. Anziane matrone insegneranno loro a pulire, cucire, cucinare. Via cellulari e telefoni e qualsiasi altra distrazione “non consona a una femmina perbene”. Dovranno fasciare il corpo in abiti scuri e lunghi, loro che amano correre in jeans, canottiere e scarpe da tennis. Ma il desiderio di vivere non se ne starà buono buono castigato in vestiti senza forma, trattenuto da inferriate. Riusciranno a scappare, sgattaiolando sinuosamente feline, argute come le fanciulle delle fiabe che sgusciano via architettando mille stratagemmi, calandosi giù dalle torri, chiedendo aiuto a principi o dei di passaggio (e anche qui non manca una figura di questo tipo, non possiede un cavallo alato bensì un camioncino malconcio).

La regista non calca la mano, mantiene una leggerezza sobria e intelligente. L’orrore è soltanto evocato. L’epilogo si muove tra luce e malinconia e lo spettatore tira un sospiro di sollievo poiché il bene, malgrado tutto, trionfa.

Mustang Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni
Micol Graziano
Micol Graziano
Amo il cinema e i pop-corn.

ARTICOLI RELATIVI

ULTIMI ARTICOLI

Mustang, splendida opera prima della regista franco-turca Deniz Gamze Ergüven (classe '78). La pellicola, acclamata dalla critica, ha vinto quattro César e nel 2016 ha rappresentato la Francia agli Oscar nella categoria miglior film in lingua straniera. Mustang, cinque sorelle e un forte desiderio di...Mustang, recensione del film di Deniz Gamze Ergüven