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Massimo Troisi: tra poesia e comicità

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A 70 anni dalla nascita e 29, quasi 30, dalla morte, Massimo Troisi è ancora una presenza forte nel panorama culturale italiano. “Morto Troisi, viva Troisi”: l’artista non se n’è mai andato davvero, il suo lascito è impresso nell’immaginario collettivo, nella memoria storica di un Paese che troppo spesso tende a dimenticare, ma che in questo caso- data la portata geniale del personaggio ma soprattutto della persona- non può far altro che ricordare e celebrare.

Biografia: dagli esordi con La Smorfia al grande schermo

Massimo Troisi nasce a San Giorgio a Cremano il 19 febbraio 1953. Nato nella Napoli periferica da una famiglia piccolo-borghese, vive la gioventù in un’epoca di grande fermento culturale per la città, coincidente con la fine degli anni ’70. È la città di grandi nomi come Eduardo e Totò, che in quel periodo cambia ed accoglie l’avanguardia artistica in fioritura: è la Napoli dove la tradizione incontra l’innovazione, quella della Nuova Compagnia di Canto Popolare, di Pino Daniele (altro astro nascente)  ed i Napoli Centrale.

Massimo Troisi è parte di un trio comico chiamato La smorfia, insieme a Lello Arena ed Enzo Decaro.

Il trio viene a contatto con il grande pubblico attraverso la televisione, grazie a vari programmi, il più celebre è senza dubbio Non Stop.

Numerosissimi sketch, sempre recitati in dialetto napoletano (anche se si potrebbe parlare di lingua napoletana): gli argomenti sono i più svariati, ma oltre ad una forte vicinanza alla realtà napoletana vi è anche un’attenzione a temi caldi quali religione, diseguaglianze sociali, politica ed addirittura il delicato tema della morte.

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massimo troisi
Da “Ricomincio da tre”

Nel 1980 il trio si scioglie e Massimo Troisi approda al cinema con il suo primo lungometraggio da regista, sceneggiatore ed interprete, Ricomincio da tre.

Il successo è clamoroso e segnerà l’inizio della breve ma intensa carriera cinematografica di Troisi.

Solo 14 anni dopo infatti Massimo Troisi muore, giovanissimo, a causa di un infarto: era malato di cuore fin da bambino, aveva già subito più di un intervento e pochi giorni dopo la scomparsa avrebbe dovuto sottoporsi ad un trapianto cardiaco negli USA.

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Massimo Troisi ed il cinema: regista, sceneggiatore ed attore

Dal 1980 al 1994 Massimo Troisi lavora a numerosi progetti, primo di tutti il già citato Ricomincio da tre.

Ambientato nella Napoli post-terremoto affronta sostanzialmente due grandi  temi: il trovare una collocazione nel mondo e l’amore, affronta inoltre il tema della genitorialità e delle differenze Nord- Sud.

Naturalmente il modo in cui gli argomenti vengono analizzati è sempre comico, molte frasi sono accentuate dall’uso del dialetto, vi sono numerose scene che si potrebbero definire “cult”: ad esempio quando il protagonista Gaetano vuole far muovere un vaso con la forza del pensiero e delle parole (citata ne La vita è bella da Benigni), Robertino ed i complessi- o come afferma Gaetano “l’orchestra ‘ncapa”- ed ancora “Massimiliano/ Ugo” o “-Quando c’è l’amore,  c’è tutto. -No, chell’è a salute!”.

E si potrebbe continuare a lungo, non vi è mai una frase a caso, quando l’intento è di far ridere si ride, non è mai una comicità banale o volgare ma sempre intelligente e sapientemente accompagnata da gesti ed espressioni perfette.

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Due anni dopo Troisi inscena la sua morte nel mediometraggio per la tv Morto Troisi, viva Troisi!, torna poi al cinema con un po’ di ritardo rispetto alle aspettative, ed intitola per questo il suo secondo film Scusate il ritardo (1983).

Anche stavolta Massimo Troisi racconta la precarietà (anche lavorativa) dei giovani meridionali negli anni ’80 e soprattutto la difficoltà nei rapporti di coppia, che spesso non sono sincronizzati- anche questo crea un legame con il titolo del film- e creano ulteriore disagio nella persona.

La collaborazione con Roberto Benigni

Il 1984 è l’anno di Non ci resta che piangere, co-diretto con Roberto Benigni: un film che non ha bisogno di presentazioni, noto a più generazioni e spesso proposto in tv ed anche sulle piattaforme di streaming (ad oggi su Netflix ed Infinity).

Frittole, 1492, quasi 1500: è un viaggio nel tempo il punto cardine di un film che fa ridere dall’inizio alla fine, sarebbe giusto citarne almeno metà ma dovendo fare una cernita non si può senza dubbio dimenticare “Ricordati che devi morire!”, la lettera a Savonarola (omaggio a Totò e Peppino) e “Yesterday…”.

massimo troisi

Nonostante la comicità, a tratti anche surreale (forse più per la presenza di Benigni che di Troisi), i due temi più cari all’autore napoletano fanno timidamente capolino nell’esilarante trama: sebbene la vicenda narrata sia del tutto fantastica in qualche modo ci si ritrova nei personaggi e questo non fa altro che far aumentare l’umorismo.

Il consenso fu ancora una volta totale: anche se lo consacra tra i comici più amati del periodo, il  film può considerarsi una sorta di parentesi staccata rispetto al resto della filmografia di Troisi.

Il cambiamento

Il film successivo infatti, Le vie del Signore sono finite (1987), mostra un regista ed attore diverso, secondo alcuni più maturo: trattasi infatti di un film storico, poiché ambientato nell’Italia fascista, i toni generali sono decisamente differenti, oltre all’amore viene trattato il tema della malattia e della religiosità. Tutta la pellicola è inoltre permeata da un tangibile sentimento di antifascismo.

Quando, nel 1991, Massimo Troisi torna al cinema come regista,  è reduce di varie esperienze come attore per altri registi: spicca soprattutto la collaborazione con Ettore Scola, che genera tre film, Splendor, Che ora è ed Il viaggio di Capitan Fracassa.

Nei primi due vediamo Troisi lavorare al fianco di uno dei più grandi attori del cinema italiano, Marcello Mastroianni: in Che ora è Troisi interpreta il figlio di Mastroianni, è un rapporto complesso, la relazione messa in scena non ha nulla di comico, è la consacrazione definitiva di Massimo Troisi come attore drammatico, che però non riesce a togliersi di dosso quell’alone di comicità tanto cara al pubblico e decisamente affine all’attore.

massimo troisi
Da “Scusate il ritardo”

Pensavo fosse amore e invece era un calesse oltre ad essere l’ultimo film da regista per Troisi è anche il punto d’approdo della sua personale visione dell’amore: un sentimento di cui non si può fare a meno ma che non può assolutamente concretizzarsi nel matrimonio.

Il film è delicato, sincero, mette in luce la fragilità umana e del rapporto di coppia ma lo fa con un’umorismo sempre palpabile, perfetto perché estremamente vicino alla vita reale (se vissuta in un certo modo) ed intelligente.

La colonna sonora è splendida, più che nei precedenti film, nonostante l’autore coincida: si tratta infatti sempre di Pino Daniele (ad esclusione di Scusate il ritardo e  Non ci resta che piangere).

‘O ssaje comme fa ‘o core: il legame con Pino Daniele

“Io ho fatto tutti i film per le musiche di Pino Daniele” dice scherzosamente Massimo Troisi in un’intervista esilarante e molto celebre fatta ai due artisti napoletani da Gianni Minà. Chiaramente non è vero, ma il fil rouge tra i due è invece una realtà tangibile, e il loro sodalizio ha dato vita a ottime colonne sonore e due brani splendidi: Quando e ‘O ssaje comme fa ‘o core.

La prima, tema del film del 1991, è stata composta da Pino Daniele, così come il testo, a cui però Troisi ha apportato alcune modifiche indirettamente, ovvero con suggerimenti vincenti.

massimo troisi

Il secondo brano invece ha come testo una poesia scritta da Massimo Troisi, mentre la musica è stata composta da Pino Daniele: è un vero e proprio riassunto del senso del film, dell’imprevedibilità dell’innamoramento. Il cuore è un organo(n) imprevedibile: Pino e Massimo (chiamati per nome come due amici, come due conoscenti- perché in fondo sono stati parte in qualche modo della vita di tutti coloro che hanno amato la loro arte) avevano due cuori malati, sono morti entrambi per lo stesso genere di patologia.

Resta però tutto quello che hanno lasciato: un po’ di Napoli e soprattutto un modo di vedere, di sentire, di scherzare, e forse anche di amare, che “influenza” inconsciamente chi conosce la loro poetica.

Alleria: la poetica di Massimo Troisi

Sia quella di Massimo che quella di Pino è infatti una vera e propria poetica, e forse la parola giusta per riassumerla è Alleria, intraducibile nel suo pieno significato, come ogni bella parola che si rispetti: non ci resta che ascoltare l’omonima canzone di Pino e vedere Pensavo fosse amore e invece era un calesse per comprenderla.

In Massimo Troisi oltre ad una prorompente ironia c’è una parte più fragile, impacciata, mal nascosta: è la parte umana, “umanissima”, non c’è una maschera ma solo tanta verità e somiglianza con la realtà.

È la verità e questa allegra malinconica a rendere unico il lavoro di Troisi, e queste peculiarità permeano la musica di Pino Daniele: due grandi artisti, accomunati dalla modernità rispetto ai loro tempi, dalle origini, dalla volontà di sdoganare certi luoghi comuni, da un pensiero politico deciso ma mai dominante, da un modo di vedere e sentire il mondo ricco di sensibilità.

Forse chi non conosce bene certa musica di Pino Daniele non può comprendere fino in fondo il cinema di Troisi e viceversa.

massimo troisi

La “poetica dell’alleria”, intesa come sentimento di malinconia mista a gioia, è preponderante nell’ultimo film di Troisi come attore e sceneggiatore, l’ultima pellicola di tutta la sua carriera, Il postino.

Un artista indimenticabile

Diretto da Michael Radford è certamente un film toccante, poetico e meta-poetico, in parte anche politico: ma il Massimo Troisi de Il postino è stremato, conscio della sua condanna per via della malattia.

Massimo Troisi morì il giorno dopo della fine delle riprese del film, sembrava quasi che sapesse che il suo tempo era finito: Il postino è un film molto doloroso anche per questo, inoltre il lieto fine è assente anche nella pellicola.

Che sia per quest’ultima romantica opera, per gli sketch divertenti, per il surreale ed esilarante Non ci resta che piangere o per il delicato Pensavo fosse amore e invece era un calesse, Massimo Troisi è in qualche modo parte di ognuno di noi, vivo più che mai nella memoria collettiva.

Non potremo dimenticarlo e no, non sarà neanche necessario segnarcelo.

Grazie Massimo.

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