I Mafia movies sono un genere cinematografico che ha sempre destato un interesse elevato. Da un lato accolgono lo spettatore in un insolito vortice di emozioni (arrivante a generare anche empatia in chi osserva) dall’altro mantengono un registro scenico che, talvolta, fa discutere.
In questi giorni più che mai i Mafia movies sono un quantum artistico da sviscerare, rivalutare e delineare in maniera certosina. Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, l’attenzione nei confronti del mondo della mafia si è esteso a tutti fronti: televisivo, giornalistico, politico e sociale.
Interessante capire quindi come la settima arte abbia affrontato nel tempo la delicata rappresentazione su schermo delle dinamiche riguardanti le cosche (o, più semplicemente, le associazioni criminali organizzate).
La consegna del boss nelle mani dello stato riaccende discorsi di diverso tipo. Fa percepire la portata storica di alcuni eventi di cronaca e getta una nuova luce (sempre oscura per carità) sulla figura del capo maia; entità che, in lungo e in largo, registi di ogni sorta hanno tentato di delineare.
C’è chi ha puntato su un vezzo puramente creativo (allontanando il genere dalla realtà) chi ha voluto dare credito piuttosto alla storia (rispettando l’attinenza con fatti realmente accaduti) e chi infine ha cercato di narrare la mafia da un punto di vista marcatamente sociale (espandendo i rami emotivi di un genere che, ad oggi, è quasi in costante calo).
Proporre una classifica definitiva dei Mafia movies, si potrebbe dire, è un processo quasi impossibile da portare a termine. Gli influssi cinematografici sono disparati e le matrici emotive che ruotano intorno al genere plurime. Eppure, sulla base di quanto accaduto pochi giorni fa, si può benissimo proporre una rassegna di titoli in grado di cogliere l’essenza della scelta di operare al di sopra (o al di fuori della legge).
Rimane poi un’ultima e importante domanda da porsi: i Mafia movies sono un genere in via d’estinzione?
Mafia movies – I cinque migliori film
A History of Violence – uno dei Mafia movies più insospettabili
Comincia la rassegna sui Mafia movies con un titolo insospettabile. Il film di David Cronembergnon è puramente un film sulla mafia: bisogna dimenticare i concetti di padrino, oppure di cosca. A History of Violence prende infatti come incipit la volontà di superare il passato tracciando una linea netta tra ciò che è stato e quello che sarà.
Il protagonista conduce una vita molto serena come titolare di una tavola calda dove serve amorevolmente bevande e viveri assieme alla sua bellissima moglie. Il passato di cui sopra busserà alla porta: entra nel locale il famigerato Fogarty (un pezzo grosso della criminalità irlandese in America) e porterà scompiglio nella nuova esistenza che Tom (interpretato da un Viggo Mortensen in grande spolvero) vuole perseguire.
In realtà lui faceva parte della mafia irlandese e i suoi vecchi “amici” sono venuti per monitorare la situazione e apparare le vecchie pendenze.
Tra i Mafia movies questo è quello che ragiona di più sul significato dell’identità e di come la vita criminale sia un qualcosa di avulso dalla società, tanto da comportare un cambio di connotati se si vuole uscirne. Indica anche che sono le scelte a determinare chi siamo e non il contesto dove si nasce. Cronemberg si dimostra come sempre attento ai dettagli e correda questo main topic con scelte stilistiche proprie: vuole porre l’accento sull’impeto, gli impulsi fisici che dominano l’essere umano e che possono essere sfruttati tanto per il bene quanto per male. Qui si percepisce appunto l’importanza che l’atto di scegliere ha sulla vita di tutti noi.
Il Padrino
Non poteva mancare uno dei Mafia movies più iconici di sempre (per molti, il più iconico in assoluto). Il Padrino è un titolo elegante, schietto e pomposo che corrisponde quasi a una pittura su schermo. La scrittura dei personaggi è a dir poco perfetta e anche le interpretazioni stesse hanno di fatto codificato un genere.
Dietro alla sua veste di film copertina vi è anche un intento divulgativo: Francis Ford Coppola ha dimostrato di aver voluto veicolare al pubblico una maggiore conoscenza della storia della mafia e delle sue tradizioni. La struttura della famiglia, il rapporto clientelare insito nelle relazioni sociali è chiaramente un obiettivo conoscitivo che si persegue in lungo e in largo.
L’esito finale è quasi un trattato sulla mafia che dona allo spettatore delle vere e proprie linee guida. Scenografia e dialoghi completano il profilo di un’opera indimenticabile, inscritta negli annali del cinema.
C’era una volta in America
Tra i Mafia movies questo è certamente il più emozionale. Si diceva di come la scrittura cinematografica dei mobsters non abbia sempre e solo tenuto conto di fatti realmente accaduti o di dinamiche interne veritiere. C’era una volta in America arriva a romanzare una storia di mafia con una capacità emotiva fuori dal comune.
La tecnica di Sergio Leone poi è da cineteca. I piani sequenza lenti e le inquadrature in close up, hanno di fatto aperto la strada a tantissimi altri autori (Tarantino, tra gli altri). C’era una volta in America insegna come anche dei criminali (dediti appunto a una vita al di sopra delle regole) possano avere affetti, sogni e debolezze.
La dicotomia è figlia di questo titolo eccelso che delinea, nel concreto, assunti di per sé divergenti: da un lato il bisogno, la povertà, l’amicizia. Dall’altro l’ingordigia, lo sfarzo e il tradimento. Tra tutti i Mafia movies è appunto il più emozionale, quello che può allegoricamente rimandare a una semplice storia d’amore o d’amicizia.
Quei bravi ragazzi
Martin Scorsese non può non prender parte a questa rassegna. Lo si inserisce con uno dei titoli più personali e creativi dello stesso. Quei bravi è anch’esso una sorta di trattato sull’affiliazione di stampo mafioso che attiene sempre e comunque alla descrizione su schermo dell’istinto omicida dell’uomo.
L’iperrealismo che viene messo in campo è una prova di stile elevatissima. La scena madre in tal senso è il momento in cui Joe Pesci viene “accusato” da Ray Liotta di essere buffo (il tutto per scherzo). La reazione del personaggio è tuttavia smodata, fuori le righe e passa dall’ilarità alla rabbia con una progressione emotiva assolutamente palpitante.
Sono appunti gli istinti a essere ritratti: la natura umana, nonostante le leggi, nonostante le regole che si è imposta, rimane di carattere animale e Scorsese ce lo ricorda a ogni scena. Troviamo inoltre alcuni dei suoi tratti più distintivi: l’iconografia femminile debole e asservita all’uomo è una punchline che ricorre spesso nelle sue opere.
Di tutti i Mafia movies che esistono questo è l’esercizio di stile per eccellenza. Un cult assoluto.
Donnie Brasco
L’ultimo pezzo della rassegna sui Mafia movies attiene a un’opera molto concreta, poco dettagliata stilisticamente parlando, ma che va al nocciolo della questione con un punto di vista anch’esso di nicchia nel panorama cinematografico.
Donnie Brasco (Johnny Depp) è il protagonista di questo gangsta movie del 1997 che mostra il processo che porta all’affiliazione. Da spia infiltrata lo stesso passerà quasi a aderire ai codici della mala, in un crescendo di tensione apprezzabilissimo.
Il film, come altri esempi del genere, nasce da una storia vera e ribalta le concezioni esistenti. Punto cardine della storia è il rapporto paterno che Donnie (all’anagrafe Joseph Pistone) coltiverà con Letty, uno dei personaggi più in vista della cosca.
In una mescolanza di giusto e sbagliato, legalità e criminalità, Donnie Brasco è capace di divertire e affascinare, con l’ausilio di due interpreti di carattere: Al Pacino e Johnny Depp.
I Mafia movies, dunque, che piacciano o no, hanno il grande pregio di offrire allo spettatore una finestra su cui osservare un mondo, un sostrato sociale, che non appartiene ai più. Le sue dinamiche interne mescolano diverse istanze (politiche, sociali ed economiche) ma rimangono un’entità tutto sommato mai conosciuta fino in fondo.
Una menzione in particolare la merita The Irish Man che in questa rassegna occupa una postazione fuori categoria. Martin Scorsese in una fase di carriera in cui era in preda allo sconforto ha provato a indicare allo spettatore quanto detto in precedenza: i riti che vi sono all’interno delle organizzazioni criminali, le abitudini e i modi di essere esulano dagli stereotipi della società normale.
Il film è riuscito a coincidere anche con la netta sensazione che quello dei Mafia movies fosse un genere sul viale del tramonto. Sicuramente lo stesso regista italoamericano è complice di tutto ciò: dopo che il suo estro filmico ha partorito alcune vere e proprie pietre miliari, c’era ben poco da dire o da aggiungere a quanto già fatto.
Certamente questa nicchia cinematografica ha bisogno di nuova linfa ma, come si è visto dall’arresto di Matteo Messina Denaro, avere a che fare con personalità oscure di un certo tenore genera sempre una riflessione aggiuntiva; porta sempre, nel caso di specie, lo spettatore a questionare le sue scelte e valutare se seguire la luce o l’oscurità.