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Luce, un film sulla ricerca dell’identità e sulla lotta ai pregiudizi razziali

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Luce è un film del 2019 per la regia di Julius Onah. L’argomento è tra i più delicati degli ultimi tempi: si parla di integrazione, della ricerca di identità della comunità nera americana e di fuorvianti divisioni sociali che rischiano di dividere chi di base lotta per uno stesso scopo.

Il regista stesso ha dichiarato di aver ottenuto la cittadinanza americana soltanto dopo il college. Inizialmente viveva come ospite in un paese dove il padre faceva l’ambasciatore, nonostante si fosse sempre sentito integrato e facente parte di un sistema che quasi gli aveva dato i natali. La tematica, dunque, anche partendo da questo semplice spunto è di un tenore assolutamente rilevante.

Luce entra nella programmazione di Netflix con colpevole ritardo: è bene segnalare che non si tratta di un capolavoro indimenticabile, ma di una pellicola che fa riflettere e che a ben vedere aggiunge un punto di vista anche insolito, uno sguardo nuovo su una questione che spesso e volentieri è rimasta vittima di un’esclusività intellettuale dannosa.

La regia era una prova importante: da un punto di vista professionale Onah doveva superare un progetto poco compreso (e poco comprensibile) come The Cloverfield Paradox. Lo scopo è stato raggiunto solo in parte. A fare da contraltare a una sceneggiatura sorprendente c’è una struttura narrativa debole e non sempre puntuale.

Luce è tratto dall’omonimo spettacolo teatrale e proprio per questo ci si aspettava una proficuità più consistente. Una piece di teatro ha il grande merito, grazie alla sua stessa essenza, di essere semplice e schietta (pochi giri di parole ma uno svolgimento che va dritto al punto).

In Luce tutto questo non viene sempre garantito; il film di Julius Onah talvolta si perde in dettagli futili e sembra non arrivare mai al punto. Tuttavia, le ragioni che adducono a quest’impianto molto sottile sono comunque onorevoli: si ripete che la tematica in questione è delicata e la regia dimostra a prescindere di saperla trattare con i guanti.

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Luce – Tutta la storia ruota intorno al concetto di dubbio

L’opera e le sue vicende si svolgono, nella quasi interezza della narrazione, intorno al concetto di dubbio. Luce è un ragazzo di colore adottato dalla classifica famiglia borghese bianca che, non potendo avere figli, ha deciso di dare una speranza a chi non ne aveva.

Il ragazzo, nato e cresciuto in Eritrea, è un ex bambino-soldato e i suoi nuovi genitori (inscenati da Tim Roth e Naomi Watts) lo portano con loro negli Stati Uniti per garantirgli quel futuro che in patria gli sarebbe stato per sempre negato.

Crescendo Luce diventa non solo un ragazzo modello, ma anche un punto di riferimento per l’istituto dove studia: è un ottimo atleta (corridore e battitore di Baseball) ed è una vera e propria stella del gruppo di dibattito dove fa sprigionare tutte le sue doti oratorie.

Sembra essere inoltre lo studente preferito della sua insegnante di storia Harriet Wilson (Octavia Spencer) che lo porta in palmo di mano anche alla luce della sua esperienza di vita. Il giovane non ha bisogno di favoritismi: ce la può fare benissimo da solo. Questo sembra stendergli un tappeto rosso verso una carriera universitaria florida e vincente.

Se non fosse che una scoperta allarmante nell’armadietto di Luce, induce la professoressa Wilson a una considerazione che può mettere a rischio la reputazione del giovane. Trova un sacchetto pieno di fuochi d’artificio e a seguito di un suo tema scolastico dedicato al rivoluzionario Frantz Fanon, inizia a insinuare che Luce stia per intraprendere la strada della sovversione politica.

Gli stessi genitori cominciano a non credere al ragazzo, o per lo meno a mettere in dubbio la sua fama di angelico promotore di uguaglianza e fratellanza. Come si diceva il dubbio si fa strada nelle menti e nei cuori delle figure che ruotano intorno a Luce ma lo stesso dimostrerà di avere un alibi di ferro (che troverà anch’esso conferma lungo il corso degli eventi).

A sua difesa, da grande dibattista qual è, dichiara di vedere la signorina Wilson come una persona dallo stereotipo facile. La sua condotta pregiudizievole l’avrebbe difatti condotta verso scelte molto estreme (come la sospensione di De Shaun, amico di vecchia data di Luce).

Inizia quindi una lotta psicologica serrata verso la verità. Luce deve fare in modo di garantire a sé stesso, oltre che un futuro, anche l’agognato beneficio del dubbio di cui molti in America ancora non godono.

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La Recensione

Luce è un film molto attuale; questo non lo si può negare. Gli Stati Uniti hanno sempre insegnato che l’integrazione sociale deve essere conquistata, purtroppo. Molte istanze vengono date praticamente per scontate e spesso si paga con la vita.

Il film, dunque, è pregno di spunti riflessivi di ottima levatura. Si possono a tal proposito individuare due macro-schemi all’interno dei quali si sviluppa il discorso che Onah vuole portare avanti. Da un lato certamente le difficoltà d’integrazione che deve affrontare un giovane africano adottato da una famiglia bianca. E dall’altro rileva anche una certa avversità che questo “privilegio” infonde negli afro-americani originari degli Stati Uniti.

Luce è un ex bambino soldato ma come si capisce nel corso della narrazione, la professoressa Wilson intende quest’aspetto come un vantaggio piuttosto che come una condanna. Figlio di due professionisti benestanti ha di fatto avuto la strada spianata verso la gloria e ha mantenuto benefici che in molti non hanno mai esperito.

Essa stessa, da abitante dell’Alabama, ha dovuto farsi forza e combattere il razzismo con molte armi in meno rispetto al giovane. Quest’aspetto emerge con forza nel momento in cui la Wilson cerca di interpretare alcuni fatti scolastici a suo vantaggio (la scoperta stessa dei fuochi d’artificio è un espediente che l’insegnante utilizza per mettere in dubbio l’aura di perfezione che ha sempre circondato Luce).

L’opera paga dazio per un impianto registico alle prime armi. Julius Onah non si dimostra sempre all’altezza dei contenuti presentati e da vita a una direzione maldestra. La trama stessa è inconcludente: non si capisce talvolta dove la storia voglia andare a parare. Il dubbio che permea tutto il film è portato all’estremo, senza tuttavia donare pathos agli eventi che si stagliano con inerzia sullo schermo del pc.

Lo stesso conflitto tra Luce e la Wilson si risolve in due situazioni molto banali che quasi inducono lo spettatore a ritenere scontato il continuo del film. Nel momento il cui il giovane confronta la professoressa dopo la scoperta del sacchetto sospetto, lo stesso dichiara alla stessa di amare i fuochi d’artificio grazie alla festa dell’indipendenza.

Il 4 luglio infatti avrebbe dato a Luce un’identità che prima non aveva mai sperimentato sulla sua pelle; si sente parte di qualcosa nel dare omaggio ai padri pellegrini. Inoltre, la stessa Harriet combatte tra la voglia di gettare fango sul giovane e mantenere quelle che sono le direttive scolastiche (ovvero promuovere l’eccellenza e proteggere il capitale umano di cui la stessa è dotata, anche a scapito di verifiche del caso che potrebbero smascherare delle oscure verità).

A fronte di queste indubbie debolezze tecniche Luce delizia le menti per l’originalità dei contenuti che offrono un punto di vista differente dalle solite diatribe politiche.

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PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Luce parla di perdita e recupero d'identità. Una ricerca che spesso vale una vita, come la storia americana ha insegnato. Uno sguardo innovativo su privilegi e lotta per l'autoaffermazione. Pena una regia maldestra e un impianto narrativo inconcludente, il film dimostra di essere attuale nel raccontare le mille articolazioni del razzismo che spesso divide anche chi lotta per un unico scopo.
Federico Favale
Federico Favale
Anche da piccolo non andavo mai a letto presto. Troppi film a tenermi sveglio. Più guardavo più dicevo a me stesso: "ok, la vita non è un film ma se non guardassi film non capirei nulla della vita".

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