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La ragazza nella nebbia

Debutto alla regia con l’adattamento del suo romanzo omonimo, Donato Carrisi ha vinto per La ragazza nella nebbia, il David di Donatello come miglior regista esordiente. L’anno scorso, Carrisi è tornato sugli schermi con un altro adattamento da un romanzo, L’uomo del labirinto.

la ragazza nella nebbia

La ragazza del titolo è la sedicenne Anna Lou, scomparsa ad Avechot, piccola cittadina sperduta tra le Alpi. Ad occuparsi del caso l’ispettore Vögel (Toni Servillo), nefastamente famoso per seguire un approccio di indagine non convenzionale, affidandosi non tanto alle prove e alla scientifica, quanto alla manipolazione mediatica. Grazie a lui e alla tv, il mite professore di liceo Loris Martini (Alessio Boni) viene indagato, nonostante non ci siano prove sufficienti a suo carico.

jean reno

Il film inizia con lo psichiatra del paese, interpretato da Jean Reno, che interroga un Vögel coperto di sangue non suo, settimane dopo l’avvenimento dei fatti. Il film quindi si dispiega come un lungo flashback, dato dai racconti di Vögel, in una colloquio teatrale tra i due attori di maggior carico del film che ricorda quella di Pura formalità, thriller atipico che vedeva Roman Polanski e Gerard Depardieu in una dinamica simile di interrogatorio. Il film poi però si trasforma e la premessa generale ricorda molto di più il cult televisivo Twin Peaks: una ragazza scomparsa, un paesino isolato, segreti che saltano fuori.

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la ragazza nella nebbia

Le influenze sono tante e sono tutte classiche, nel bene e nel male. Per essere l’esordio alla regia, Carrisi sa perfettamente che taglio dare al suo thriller, fotograficamente suggestivo, dal ritmo lento e minaccioso, dalla forma classica fino al limite del generico. Non giova, inoltre, l’impostazione naturalmente letteraria dell’opera e del suo stesso regista e sceneggiatore, che porta sullo schermo dialoghi che trasudano letterarietà fino al limite del pomposo, e abbinati all’immensa sovrastruttura allegorica che aleggia durante tutta la pellicola, contribuisce all’aurea di pretenziosità che rischia di portare solo a una tremenda confusione.

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Infatti, per quanto una struttura romanzesca sia evidente, e i risvolti della trama centrale (cosa è successo ad Anna Lou?) siano accattivanti, il film si perde rimbalzando da un punto di vista a un altro. Inizia con un taglio chiaro, la mania di Vögel di rendere ogni investigazione uno spettacolo televisivo. E questo è un taglio interessante e virtualmente molto prolifico, nonché una critica acuta a un problema verosimile e attuale, specialmente in Italia, in cui non solo i casi di cronaca vengono spesso spettacolarizzati ma in cui talvolta l’opinione pubblica ha avuto davvero molta forza nello spingere sentenze giudicate a distanza di anni non veritiere. Peccato che questo taglio lasci in fretta lo spazio a una specie di psicodramma famigliare sul personaggio del professore, la parte  decisamente meno interessante del film, per quanto alla fine si riveli essere necessaria. Inoltre, con il secondo dei plot twist finali, tutta la critica mediatica che sembrava essere il fine del film, viene completamente ribaltata, con Vögel che viene ritratto come nel giusto nonostante i fatti dicano il contrario. Sui tre plot twist finali, non riveliamo niente, se non che l’ultimo sembra fatto solo per essere d’effetto e non ha alcuna utilità se non assommarsi alla sensazione di confusione del film.

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Sensazione probabilmente voluta, che si rifà a quella aura di pretenziosità. Infatti, la nebbia del titolo fa sicuramente riferimento a questo come ad altri temi del film: la verità delle indagini è nascosta dalla nebbia dei media, ma anche la verità delle azioni degli uomini sono nascosti da una nebbia inconoscibile, del male che pervade tutti. Ma, allo stesso modo, non tutte le azioni cruente sono date dal male, come rivela appunto il plot twist che riguarda Vögel, nonché, in generale, tutta la sua condotta. Tanta carne al fuoco però porta il film a non essere ben centrato e anzi ad essere alquanto sgangherato, specialmente nella parte centrale. Altro punto dolente, purtroppo, sta nella direzione degli attori, specialmente dei comprimari, molto rigida e senza espressioni.

Il padre di Anna Lou è Thierry Toscan, il protagonista di Il vento fa il suo giro, di Giorgio Diritti.

Voto Autore [2,0]

Marianna Cortese
Marianna Cortese
Attualmente laureanda in Lettere Moderne, ho sempre avuto un appetito eclettico nei confronti del cinema, fin da quando da bambina divoravo il Dizionario del Mereghetti. Da allora ho voluto combinare cinema e scrittura nei modi più diversi e ho trangugiato di tutto: da Kim Ki-Duk a Noah Baumbach, da Pedro Almodovar a Alberto Lattuada. E non sono ancora sazia.