La morte corre sul fiume è un film che, se per certi versi risulta datato agli occhi di uno spettatore odierno, per altri è da studiare e da riproporre.
Uscito nel 1955, è ambientato negli anni Venti-Trenta del Novecento e racconta le vicende di un serial killer che si nasconde sotto le innocue e attraenti spoglie di un pastore anglicano.
Il film si apre con una trovata piuttosto naif: le teste di alcune bambini, proiettate su un cielo stellato, intente ad ascoltare la storia raccontata da una narratrice d’eccezione, Lillian Gish, che poi ritroveremo più avanti.
L’attrice declama ai bambini un brano del Vangelo di Matteo capitolo 7 versetto 15, quello dedicato ai “falsi profeti”: vale a dire quelli che “vengono a voi travestiti da pecora ma di dentro sono lupi feroci”.
Non ci potrebbe essere, in effetti, una miglior presentazione del nostro protagonista che, tra l’altro, i Vangeli li conosce perfettamente per via del suo lavoro: il pastore reverendo Harry Powell. Religioso che, lo scopriremo dopo soli tre minuti scarsi di film, è un serial killer di vedove e se ne vanta, in un monologo rivolto al suo Dio.
La morte corre sul fiume, la trama
Viginia Occidentale (USA). Il pastore anglicano Harry Powell incontra in carcere un uomo di nome Ben Harper, condannato a morte per l’omicidio di due persone compiuto nel corso di una rapina cui ha preso parte. Questi, prima di morire, gli confessa di aver nascosto il bottino della rapina, 10.000 dollari, ma non gli dice dove.
Dopo la morte dell’uomo, il pastore va a conoscere la sua famiglia: la moglie Willa e i figli John e Pearl. Tutti sono conquistati dal carisma dell’uomo: anche Willa, che poi deciderà di sposarlo. Ma John, il figlio di Ben, capirà fin da subito che quell’uomo ha intenzioni losche.
La morte corre sul fiume: un cacciatore insegue le sue prede
Nel titolo che è stato dato al film in italiano, cioè La morte corre sul fiume, si perde il riferimento che è essenziale nel film: l’idea della presenza di un cacciatore che insegue le sue prede. Il titolo originale, invece, esplicita bene quel concetto: The Night of the Hunter.
Il titolo fa riferimento specifico alla natura stessa del personaggio di Harry Powell: quella di un predatore che colleziona prede e non è mai sazio di omicidi.
Il concetto è esplicitato, in particolare, in una scena: quella in cui i bambini fuggono a bordo di una barca e attraversano, lenti, il fiume nella notte. Sulle sponde di quest’ultimo tanti animali a fungere da testimoni e custodi silenziosi.
Sono sempre due animali a sancire il rapporto cacciatore-preda tra Powell e i figliastri: un barbagianni e un coniglietto, che appaiono nell’ultima parte del film.
Poco prima, la voce di Lilian Gish ha sentenziato: “Il mondo è cattivo con gli inermi”.
Powell e Cooper: scontro tra opposti in cui nessuno è ciò che sembra
La morte corre sul fiume è anche un film in cui gli opposti si scontrano potentemente: il male che sembra bene e il bene che sembra male. da una parte Harry Powell: dolce al limite del mellifluo, bugiardo, fondamentalmente malvagio, forse psicopatico; dall’altra Rachel Cooper: scorbutica, schietta, di buon cuore.
Entrambi, all’appartenza, sembrano ciò che non sono: Powell un reverendo devoto e affettuoso, Cooper una megera sfruttatrice. Ma le maschere cadranno molto presto.
L’estremismo religioso come forma di follia
In La morte corre sul fiume, l’elemento religioso è centrale, a partire dall’incipit – si pensi alla succitata citazione dei Vangeli. Prosegue con la confessione del pastore-predicatore Powell dopo il suo ultimo omicidio, e si perpetra nell’indottrinamento di Powell nei confronti della moglie Willa.
Proprio in una delle scene clou del film, potentissima sul piano visivo, Willa appare inquadrata a letto, illuminata da fasci di luce strateiìgici, con le braccia incrociate: una posa quasi cristica, suggellata dalle sue parole di rassegnazione al proprio destino.
Tra gli elementi religiosi compare anche la mela: mela che è il frutto proibito per eccellenza, ma che è anche il frutto della conoscenza del bene e del male.
Conoscenza che, per mezzo dello scambio di due mele, verrà condivisa tra John Harper e la signora Cooper la sera nella quale si avvicineranno e John capirà di potersi fidare di lei.
Una fotografia sontuosa
Una cosa che salta subito agli occhi è il pregio della fotografia di La morte che corre sul fiume, a cura di Stanley Cortez: un nome importante, che ha lavorato anche con Orson Welles su L’orgoglio degli Amberson (1942).
Cortez sfrutta appieno un bianco e nero estremamente contrastato per ricavarne nette silhouette e giochi continui di ombre.
Dall’ombra con cappello di Robert Mitchum, che è la sua prima apparizione a John e Pearl Harper, ai campi lunghissimi contrapposti ai campi più ravvicinati dei protagonisti per mostrare perennemente la minaccia in agguato sullo sfondo.
La scelta visiva è ai limiti del maniacale: le stanze spigolose e appuntite, in stile gotico, nelle quali si aggira Powell; le numerose silhouette, l’illuminazione quasi sempre notturna, la cura assoluta per i richiami simbolici. Un utilizzo sapiente dell’illuminazione, anche a scopo simbolico, come solo nei film di Hitchcock si è visto fare.
E la netta citazione di un soggetto caro alla pittura pre-raffaellita: quello dell’Ofelia di Millais. Perché, come il fiume dà, il fiume prende.
Musica per i momenti clou
La musica è decisamente importante, in questo film: nei momenti critici, dove la tensione cresce, cresce anche la musica diventando roboante per sottolineare i momenti clou, come l’inseguimento nel fiume.
Ma il vero leit motif musicale di La morte corre sul fiume è una canzoncina, cantata ripetutamente da Harry Powell quando si avvicina alle proprie prede: si tratta di Leaning on the Everlasting Arms (1887). Anche quest’ultima contiene un chiaro riferimento sacro, una citazione dal Deuteronomio: “The eternal God is thy refuge, and underneath are the everlasting arms“.
Il suo canto quieto e inquietante insieme arriva all’alba, quasi ad avvisare le sue prede che la fine è vicina. La scena è surreale, quasi teatrale: in primo piano John, in piano lunghissimo Powell a cavallo, simile a una figurina da teatro delle ombre, preannunciato dall’abbaiare di un cane prima ancora che dal suo canto.
La morte corre sul fiume, il cast: Robert Mitchum
Mattatore assoluto della storia è Robert Mitchum nei panni di Harry Powell: fossetta volitiva sul mento ed espressione perennemente schifata che lo hanno reso inconfondibile sul grande schermo.
Un personaggio caratterizzato dalla testa ai piedi, passando per le mani, sulle quali ha tatuate le parole “Love” (Amore) e “Hate” (Odio) sulle nocche. Come racconta a tutti quelli che conosce: “La mano destra: la mano dell’amore; la mano sinistra: la mano dell’odio”. E anche qui tornano i riferimenti religiosi, visto che lui tende a precisare che “la sinistra è la mano con la quale Caino ha ucciso il fratello Abele”.
Insomma: nel personaggio di Powell è ben visibile la perpetua lotta in corso tra bene e male. Con il male nettamente in vantaggio. Il ruolo consacra Mitchum come anti-eroe per eccellenza del cinema americano di quegli anni, lo stesso anno nel quale uscirà anche Nessuno resta solo di Stanley Kramer.
La morte corre sul fiume, il cast: “Riccioli d’oro” Shelley Winters
Ad affiancare Mitchum nel ruolo della moglie Willa è un’attrice che in questi anni sta vivendo il suo periodo d’oro. Shelley Winters, all’epoca 35enne, ha alle spalle un matrimonio appena finito con Vittorio Gassman e la sua prima candidatura all’Oscar per Un posto al sole. Cinque anni dopo, Winters vincerà la sua prima statuetta per Il diario di Anna Frank e otterrà la sua stella sulla Walk of Fame di Hollywood.
L’attrice riesce a rendere alla perfezione il ritratto di una giovane vedova fiduciosa sul proprio futuro che ben presto perde il sorriso sulle labbra. Più disincantata, comunque, rispetto alla Charlotte Haze che impersonerà sette anni dopo in Lolita di Stanley Kubrick (1962).
La morte corre sul fiume, il cast: la diva del muto
Ma veniamo a un’interprete che del cinema americano è stata un’autentica leggenda: la già citata Lillian Gish. Classe 1893, diva assoluta del cinema muto ormai 62enne, alle prese con un ruolo cruciale per la storia: quello dell’anziana Rachel Cooper che accoglierà i bambini e li proteggerà dal patrigno omicida.
Lillian Gish è nota per essere stata una delle attrici più longeve di tutti i tempi. Ha esordito al cinema come comparsa nel 1909, può vantare una carriera cinematografica lunga 75 anni e terminata nel 1987 con il suo ultimo film, Balene d’agosto.
Nel 1915 interpretò uno dei film simbolo degli albori del cinema statunitense: Nascita di una nazione di David Wark Griffith.
La morte corre sul fiume, l’opera prima e unica di Charles Laughton
Per chi non lo conoscesse, Charles Laughton è stato un attore caratterista molto famoso. All’epoca di questo film aveva già recitato in due pellicole di Alfred Hitchcock (La taverna della Giamaica e Il caso Paradine, ndr) e aveva vinto un Premio Oscar come Miglior attore per Le sei mogli di Enrico VIII (1934).
Due anni dopo apparirà nel bellissimo Testimone d’accusa diretto da Billy Wilder (1957), e cinque anni dopo in Spartacus di Stanley Kubrick. La morte corre sul fiume sarà la sua prima e ultima esperienza di regia cinematografica.
A completare il quadro delle maestranze c’è uno sceneggiatore d’eccezione: si tratta del giornalista e critico cinematografico James Agee. Il giornalista Premio Pulitzer è autore del bellissimo reportage Sia lode agli uomini di fama, datato 1941 e dedicato al racconto dell’America rurale dei raccoglitori di cotone all’epoca della Depressione.
Firma la sceneggiatura di questo film insieme all’autore dell’omonimo libro dal quale il film è tratto, Davis Grubb, che si occupa del soggetto.
La morte corre sul fiume, le conclusioni
Malgrado alcune trovate che lo spettatore di oggi potrebbe trovare antiche, La morte corre sul fiume resta un film pregevole, che può vantare grandi interpreti e una fotografia magistrale.
Charles Laughton lo dirige con sapienza, malgrado questo sia il suo primo e ultimo film come regista.
La tensione cresce di pari passo con la fuga dei due bambini protagonisti, braccati dal personaggio interpretato da Mitchum. Nel frattempo, la canzoncina del serial killer resta inevitabilmente in testa.