HomeRecensioni FilmL'arte della felicità: il gioiello dell'animazione italiana

L’arte della felicità: il gioiello dell’animazione italiana

“All’arte della felicità sono le 8:30 di una splendida mattina di dicembre. L’aria è stranamente profumata, il cielo limpido. La città, la mia città, bellissima, come la speranza”.

L’arte della felicità (2013) è un film d’animazione per adulti, scritto e diretto da Alessandro Rak e sceneggiato anche da Luciano Stella. Vincitore del Ciak d’oro e dell’European Film Awards (EFA), si è fatto notare nel panorama internazionale e ha inaugurato una serie di successi a marchio “made in Italy”. (Il lungometraggio animato La Gatta Cenerentola, sempre di Rak e Stella, infatti, ottenne la candidatura agli Oscar 2018 nella categoria miglior film d’animazione, senza rientrare nella cinquina, ma vinse ai David di Donatello).

Il film è stato prodotto da Big Sur, Rai Cinema e Mad Entertainment. Quest’ultima è una casa di produzione napoletana specializzata nella realizzazione di movies, animazioni e documentari (da qui l’acronimo Mad, che sta anche per folle) e che si è fatta conoscere come realtà indipendente e di qualità.

L'arte della felicità

L’arte della felicità – Trama

Sergio, un tassista con un passato da pianista, è in lutto per la morte del suo amato fratello Alfredo, un ex violinista divenuto monaco tibetano. La sua vita quotidiana, costellata da ricordi e riflessioni sul passato, trascorre nei giri in taxi, mezzo attraverso il quale incontra le storie di vari personaggi.

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Ognuno di loro diventa un’opportunità per esplorare temi come la felicità, la perdita e il significato dell’esistenza umana. In una Napoli accompagnata dalla pioggia costante, Sergio dovrà confrontarsi con il peso delle sue emozioni e dei rimpianti.
Il finale, con un tocco di poesia e umanità, invita a riflettere su cosa significhi essere felici e su come affrontare il dolore.

L'arte della felicità

L’arte della felicità – Recensione

Il film è stato presentato al Festival del Cinema di Venezia, nella sezione Settimana Internazionale della Critica. La regia di Rak, visionaria e coraggiosa, mostra uno stile originale e sperimentale, mescolando elementi di realismo e surrealismo. Per rappresentare il mondo interiore di Sergio, la bellezza e la complessità della vita napoletana, fa uso di una tecnica visiva unica e di un linguaggio lirico.

La narrazione è accompagnata dalle musiche del compositore Antonio Fresa e le voci dei personaggi prendono vita grazie al contributo di noti attori di cinema e teatro nostrano.

Leandro Amato (Sergio), Nando Paone (Alfredo), Jun Ichikawa (Antonia, la ragazza di cui Sergio si innamora), Lucio Allocca (Padre di Sergio e Alfredo), Riccardo Polizzy Carbonelli (lo Speaker) e il grandioso Renato Carpentieri (Zio Luciano) noto per film come: I Peggiori Giorni, Caro Diario, Il sol dell’avvenire, Fortapàsc, La vita davanti a sé, Ride (e tanti altri).

Le teorie sulla felicità e la bellezza dei dialoghi

La storia non è solo quella di Sergio e del suo legame con il fratello. Non si focalizza solo sui protagonisti, ma vive anche e soprattutto nei dialoghi degli altri personaggi, in quel susseguirsi di teorie ironiche, malinconiche, profonde e ilari, sulla felicità e non solo. La trama si srotola attraverso le bocche di persone comuni. È lì che è racchiusa tutta la bellezza di un’opera così riuscita.

“Questa è la mia felicità: ridare forma nuova alle cose vecchie”, sostiene un passeggero addetto al riciclo della spazzatura. Mentre una signora anziana accompagnata dalla sua badante: “A me se arriva la fine mica dispiace più di tanto! Io mica voglio morire in salute?! Che te li sei guadagnati a fare tutti sti soldi se manco te li puoi godere!”, alternando esuberanza e nostalgia tra affermazioni presenti e ricordi passati.

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L'arte della felicità

Uno degli scambi più significativi e toccanti è senza dubbio quello tra Sergio e lo zio Luciano, entrambi fuggiti dal funerale di Alfredo. “Siete morti e rinati mille volte sotto i miei occhi […] e ora mi provochi come quando facevi da bambino, solo perché vuoi che ti sveli il segreto della vita e del sorriso”. “E allora perché non me lo sveli?” chiede Sergio in tono di sfida. “Perché è un segreto, ma non è il mio segreto, ne siamo tutti custodi. Lasciamole agli altri le facce da funerale”.

“Zio Lucià, è che io non ricordo più chi sono!”. “Siamo qui, siamo ora, siamo quello che possiamo, quello che ci riesce meglio”. “Zio, ma chi ti ha insegnato a vivere così in pace con i ricordi?”. “Ah beh, non mi ricordo, forse l’aterosclerosi!”. E ridono.

L’Apocalisse

Anche Napoli è un personaggio, quasi apocalittico, decadente e caotico, ma anche ricco di umanità. È metafora del protagonista stesso e di quello che gli accade. Nella città del sole piove di continuo, durante tutto il film. Ironica e sarcastica, la città diventa simbolo non solo in quanto luogo, ma si fa portavoce dell’intero genere umano.

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Le parole dello speaker radiofonico del programma l’arte della felicità spiegano alla perfezione il suo significato e regalano uno dei messaggi più potenti di tutto il film. Anche lui passeggero del taxi, riconosce Sergio, il pianista, e lo ricorda insieme al fratello.

L'arte della felicità

“La gente ha perso la speranza […]. Parlano come se il mondo non gli appartenesse. […] Finisce così: staremo seguendo la nostra serie preferita alla TV nella nostra gabbia dorata e l’infelicità ci coglierà e sarà tardi per capire perché siamo infelici, perché il problema dell’infelicità è che non ha ragioni, non ha motivi, non ha niente da dire l’infelicità. Allora preferiremmo morire insieme tutti dello stesso male e finiremo col botto”.

E Sergio: “Mi manca un’idea del futuro per convincermi del tutto”. “E allora forse in quello che ti manca c’è l’idea che ci salverà tutti, ma finché i musicisti non scendono dal taxi, finché i poeti servono ai tavoli, finché gli uomini migliori lavorano al soldo di quelli peggiori, la strada corre dritta verso l’Apocalisse”.

L’arte della felicità – la lettera di Alfredo e il senso di tutto

Alle radici di un albero Sergio trova un pianoforte e inizia a suonare. Era un sogno. Dopo essersi risvegliato, sempre nel taxi, si abbandona all’ultimo sfogo, all’ultimo grido di dolore sotto la pioggia incessante. Anche Napoli piange con lui e per lui. Trova finalmente il coraggio di leggere la lettera scritta dal fratello, l’ultima, e ci si abbandona dentro, totalmente.

“[…] In me non c’è proprio niente di malato, non c’è mai stato. Io mangio, bevo, cago, io dormo, sogno, spero, io muoio, io sono felice. I pensieri sono fatti della stessa materia dei sogni. Un pensiero felice vale come un pensiero triste. La tristezza te la danno per poco, ma pure la felicità non costa nulla. Allora? Tu che scegli? […] Smetti di girare in tondo, Sergio. Torna a cercare le tue note migliori. Alla prossima, fratellino. Ti amo, Alfredo”.

L'arte della felicità

La saggezza e la profondità con cui Alfredo affronta la malattia, la sua scelta di morire in pace rappresenta l’incontro perfetto tra Buddismo e Occidente. Nelle sue parole è racchiuso il senso di tutto. È un gran finale, fatto di scelte consapevoli. Decido come morire, ma prima decido come vivere e, soprattutto, di essere felice (anche nelle piccole/grandi cose).

Conclusioni

Lo speaker radiofonico fa ascoltare un pezzo di Sergio e Alfredo, registrato dieci anni prima. “All’arte della felicità sono le 8:30 di una splendida mattina di dicembre. L’aria è stranamente profumata, il cielo limpido. La città, la mia città, bellissima, come la speranza. Due fratelli, un pianoforte e un violino, che prenderanno due sentieri diversi, ma qui sono ancora insieme. E poi dicono che non c’è poesia!”.

L’incessante pioggia napoletana non c’è più. Sorge un nuovo giorno e il pericolo apocalittico è scampato. Il viaggio emotivo del protagonista è giunto al termine e volge lo sguardo verso un nuovo inizio.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

L’arte della felicità è un gioiello italiano ambientato a Napoli, un film d’animazione per adulti acclamato dalla critica e vincitore di numerosi premi. Profondità e universalità delle sue tematiche l’hanno portato oltreoceano, mentre la qualità del team che l’ha realizzato gli ha garantito un meritato successo.
Carlotta Casale
Carlotta Casale
Viaggiatrice da zaino in spalla e macchinetta fotografica al collo, divoratrice di libri, appassionata di teatro e musica, disegnatrice improvvisata e soprattutto amante di cinema, dove ogni passione converge in armonia. Rotocalchi, Documentari, Animazioni e molto altro sono un nutrimento quotidiano. Vivo la Settima Arte come Necessità, una scelta di vita che va oltre il semplice interesse!
L’arte della felicità è un gioiello italiano ambientato a Napoli, un film d’animazione per adulti acclamato dalla critica e vincitore di numerosi premi. Profondità e universalità delle sue tematiche l’hanno portato oltreoceano, mentre la qualità del team che l’ha realizzato gli ha garantito un meritato successo. L'arte della felicità: il gioiello dell'animazione italiana