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Jesus rolls – Recensione del film di John Turturro

Jesus rolls, ovvero il temibile ed eccentrico Quintana è tornato. Il giocatore di bowling più plastico, svitato e talentuoso, che sfidò Il grande Lebowski a far meglio dei suoi ipnotici strike, rivive grazie all’estro ruvido ed imprevedibile di John Turturro.

Viene riportato in vita un personaggio su cui l’attore aveva lavorato a teatro molti anni prima, recuperato per il cult dei fratelli Coen,i quali dovettero dedicare tempo e montaggio a questa bizzarra creatura per via delle invenzioni attoriali che quel diavolo del suo interprete seppe plasmare, e venne infine incastonato in un film tutto suo, in cui prende vita, spazio, corpo proprio e altrui vivendosi una serie di avventure soft-criminal sconclusionate di amore e libertà.

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Jesus rolls – Trama

Uscito dal carcere, Jesus (John Turturro), scarpe viola, camminata da passerella, treccine e cuffia nera in testa, ritrova il suo ‘hermano’ Peter (Bobby Cannavale) ed insieme per prima cosa rubano una macchina d’epoca ad un parrucchiere vanesio che arrotonda facendo il boss per prostitute.

Di nuovo in fuga con la bella Marie (Audrey Tautou), artista dei capelli e del sesso senza gioia personale però, si imbattono in una serie di personaggi e situazioni, legali ed illegali, tra svaligiamenti di supermercati, conti non pagati, occupazioni abusive di case di villeggiatura, reunion familiari atipiche, e l’incontro con una donna appena uscita di galera, Jean (Susan Sarandon), che insegnerà loro la differenza tra sesso ed amore, prima di togliersi dal mondo con grazia spropositata e silenziosa.

Un’odissea on the road, senza prendersi sul serio che colloca il trio di delinquenti tutto sommato innocui su un piano rocambolesco quasi fantastico, in una wonderland che c’è e non c’è, un’enciclopedia semplificata di guai, in cui i protagonisti sono alla ricerca di vita è di amore vero, brivido carnale e commozione interiore, con una bandiera di purezza che lascia fare al caso e all’autostop la prossima tappa del loro incredibile viaggio.

Jesus rolls – Recensione

Senza meta, senza direzione apparente, con la fame di vita e il sesso libero, Jesus rolls macina chilometri in giro tra le strade della provincia americana ebete, ingenua, sporca, disillusa, silenziosamente dolente. La banda di Quintana scorrazza sbandando su ogni distrazione possibile, cambiando pelle, mezzo di trasporto, compagnia, arma di difesa, sempre con la stessa filosofia: godersi lo stare in vita fino in fondo.

“Stiamo bene noi insieme” ripete spesso Turturro-Quintana mentre fuggono da pallottole, senza soldi per il prossimo pasto, con una coscia perforata da un proiettile ed un amore vero perso per strada o appena suicidatosi. L’etica del prendere quello che viene, del campare alla giornata, del picaresco come stile di vita, la fortuna che aiuta gli audaci è bendata, ma non poi così tanto se riesce a mettere una mano sui disgraziati sì, ma pieni di spirito.

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Sancio Panza e il suo Don Chisciotte, come affermato dallo stesso regista, che si diletta qui in un gioco tutto personale, a far rivivere panni particolari in cui si era trovato bene in gioventù, ora che tanta acqua sembra essere passata e che certi standard si sono alzati, senza perdere una sana ingenuità che ce lo fa continuare a guardare.

Jesus rolls è un raro caso di spin-off dal seminato Lebowskiano, e un esempio di remake di altro film imponente I Santissimi di Bertrand Blier, del quale non possiede la carica ribelle e scandalosa del tempo, ma delle cui traiettorie è geloso follower.

Jesus rolls è l’omaggio alla vita scapestrata di ogni artista, promiscua e nuda come spesso capita o si dice capiti a chi bazzica l’ambiente artistico, sicuramente tipica dei protagonisti del film impegnati in acrobatici amplessi reciproci per darsi quel piacere e quell’adrenalina di Chi si vuole sentire vivo. Una famiglia improbabile, di scelti e non di consanguinei, di amanti maldestri ed incapaci, con una propria etica irregolare, quella dei portoricani additati, delle immigrate sfruttate, dei senza patria alla ricerca perenne ed insoddisfatta delle proprie radici.

Radici che pure esprimono con ogni fibra del loro essere come fosse banconota da spendere, carta di credito presso gli altri: la parlata (nonostante il doppiaggio ammazzi lo sforzo originario), lo stile nel vestire, l’oblio del pudore, la risata contagiosa, l’esaltazione per ciò che non esalta, l’accontentamento di ciò che non accontenta, l’ascolto dell’anima umana sofferente.

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Jesus rolls – Cast

Jesus rolls punta in alto con di fatto pochi mezzi: al timone l’immaginazione sfrenata di Turturro, con compagni sodali che si mettono generosamente a disposizione anche sfidando le righe consentite. Una per tutti la Tatou a stento riconoscibile in un personaggio lolita che si dimena fuor d’acqua, come a voler a tutti i costi scrollarsi di dosso l’immagine di attrice francese che tutti ricordavamo.

Turturro è pane camaleontico per un insieme di esercizi scenici che permettono alla sua indole smargiassa e variopinta di fluire e soddisfarsi. Cannavale suo fratello di vita e di sventura ha il disarmo in faccia ed un talento da spalla buona che lo collocano perfettamente al posto di navigatore della coppia combinaguai.

Entra ed esce di scena la Sarandon e lo spazio si ferma, il tempo cambia, la profondità acquisisce tutto un’altro significato, ricordandoci che signora attrice magistrale sia, indipendentemente dal contesto.

In questa spirale di situazioni in cui si cade per totale caso, senza nesso di causa-effetto come ci si aspetterebbe da un film comune, senza meta per scelta esterna ed interna, Jesus rolls abdica al concetto di messaggio e si diletta da sè, per dimostrare che chi recita davanti alla macchina da presa è, nei casi migliori e più sani, più vivo di chi, quella macchina da presa, gestisce.

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Perciò tronfio di una sua superficialità, di un montaggio dalle risorse strette che si assottiglia a videoclip spesso, che non dà ragione di sè e delle sue combinazioni, con un’empatia che o si prende o si rifiuta, tanto non c’è nulla di cui si voglia o non si voglia convincere, Jesus rolls, rotola tra le pieghe del suo gioco di carte, bara alla grande perché sa di essere un bluff, non cerca l’occasione perché ce l’ha dentro tutto il tempo ed ebbra di quella si muove fin dove gli va e si ferma quando appunto le va.

Jesus rolls cammina storto, meno grande dei grandi da cui discende, con il suo carico di positività spicciolo e liberatorio e la sua strana trinità blasfema, con Dio maestro di bowling, Gesù suo amico e amante e fratello e chissà cosa, con un proiettile in mezzo alle gambe e voglia di testosterone, e una madre non vergine che li accompagna perché altrimenti cosa avrebbe da fare. Ed è cosi che nascono gli amori e si divertono i talenti.

Jesus rolls – Trailer

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Jesus Quintana, il giocatore di bowling che sfidava The Big Lebowski, è uscito di prigione e si va riprendere la sua sregolata, folkloristica, sfaccendata vita di delinquente buono, passionale e scanzonato. Turturro riporta sullo schermo un personaggio teatrale cui aveva dato molto corpo e molta anima sotto i fratelli Coen, e che ora rivive autonomo, spregiudicato e maldestro in un'odissea fantasiosa e sgangherata sulla scia del film I santissimi di Blier, di cui è un remake.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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