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Il suo ultimo desiderio

“Ultimamente sono accaduti fatti seri. Ma eravamo veloci. Viaggiavamo leggeri. Eravamo più giovani”. Inizia così il racconto di Elena McMahon. Giornalista affamata di inchiesta, donna capace di accomodarsi nella più sgradevole situazione pur di avere la possibilità di raccontare la verità, quella sgradita, fastidiosa, quella verità che rivendica un sacrosanto regolamento di conti con chi l’ha, in piena coscienza, annegata nell’oblio.

Elena non ha più alcun desiderio. Sono troppe le delusioni, che lungo la strada, non ha avuto il tempo di consolare. Così pretende giustizia per le storie altrui; pur di non dover raccontare la sua. L’ultimo desiderio che chiede di essere realizzato non è di Elena. Ma è l’energica volontà di qualcun altro. Perché a volte per convincersi di avere ancora obiettivi da raggiungere ci si deve affidare ai desideri altrui. Perché a volte di sogni propri non si ha più il coraggio di averne.

Il suo ultimo desiderio
Anne Hathaway è Elena McMahon

Voleva sapere chi ha preferito il denaro alla vita. Chi avesse preferito acciaio e piombo a sangue e anima. E voleva sapere perché. Elena (Anne Hathaway) è una reporter di guerra al servizio del Washington Post. Ha un matrimonio alle spalle, una figlia che tiene lontana dalla sua irregolare routine e dalla sua pericolosa abitudine a fare domande. La storia di Elena ha luogo in uno dei periodo più oscuri della politica americana: anni ’80, presidenza Reagan, finanziamenti illeciti a gruppi armati controrivoluzionari in Nicaragua, voli fantasma stracarichi di armi che cavalcano i cieli fra Stati Uniti e America Centrale. Richard (Willem Dafoe) è sempre stato un padre assente per Elena, un uomo sprofondato in loschi affari e affondato nella malattia. È suo l’ultimo desiderio.

Chiederà alla figlia di saltare dall’altra parte della barricata, solo per il tempo necessario di portare a termine ciò che lui aveva iniziato. Ma è possibile riemergere da una di quelle storie che si ha sempre desiderato ardentemente poter raccontare? Si è capaci di sopravvivere alla storia, quando questa ti appartiene? Il fatto è che le ambizioni degli altri sono pericolose almeno quanto le nostre.

Il suo ultimo desiderio

“Il suo ultimo desiderio” è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo della giornalista e scrittrice americana Joan Didion. Il film è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2020 e distribuito da Netflix a partire dal 21 febbraio.

È la storia di un affascinante personaggio femminile: nerboruto coraggio, vivace intelligenza e una vulnerabilità inconfessata, riposta giù, nell’intimo, per timore che qualcuno possa di nuovo colpire dove fa più male. A dirigere l’orchestra un altro valoroso guerriero donna, Dee Rees: la prima afroamericana a ottenere una candidatura agli Oscar nella categoria migliore sceneggiatura non originale. Questo risultato è stato ottenuto con lo script dell’inteso e straziante dramma “Mudbound”: un ritratto del sanguinoso duello fra neri e bianchi combattuto all’ombra della bandiera a stelle e strisce negli anni ’40, nel fango del Mississippi, nel sangue di chi ha provato a resistere. “Mudbound” è piaciuto a tanti, ha convinto tutti. Così se le mani di Dee Rees tornano a reggere una cinepresa non possiamo che essere curiosi, ingolositi, pronti per gustarci un altro po’ del suo cinema.

 Per questa ragione “Il suo ultimo desiderio” si presenta come la squadra favorita per il trionfo in un campionato non troppo competitivo. Allenatore appassionato in panchina, giocatori fuoriclasse in campo e molti supporters sugli spalti. Nella lista dei convocati per questo thriller politico ci sono il premio Oscar Anne Hathaway (migliore attrice non protagonista per “Les Misérables”), l’imperscrutabile e talentuoso Ben Affleck, l’eternamente “in stato di grazia” Willem Dafoe.

Ben Affleck è Treat Morrison

Ma lo sport insegna che nessun risultato è scontato: non esistono successi conseguiti prima di scendere in campo. Dee Rees sembra quasi dimenticare che il suo racconto è destinato allo schermo e legge ad alta voce le pagine scritte dalla Didion, come all’interno di un audiolibro, a cui malauguratamente manca qualche traccia.

La trama rimane invischiata in sviluppi poco chiari, lo spy movie si sgretola nelle oscure manovre all’ombra della Casa Bianca e l’inchiesta si scioglie al sole dell’America Centrale. Tanto rumore per nulla. Perché dopo quasi due ore di visione non è chiaro a cosa si sia assistito: abbiamo visitato diversi paesi, siamo stati in Nicaragua, in Costa Rica, siamo rientrati negli Stati Uniti; abbiamo visto mitra sparare e mine antiuomo esplodere; siamo fuggiti con Elena con un passaporto falso e rincorso affannosamente una verità che non abbiamo raggiunto; vissuto un amore che si è consumato così velocemente da non lasciare traccia, nessuna emozione.

L’unico autentico brivido ci viene regalato da Dafoe; ma ammettiamolo, a lui basterebbe mettersi davanti alla telecamera senza proferire parola, senza la necessità di accennare ad una qualche smorfia, e già sarebbe magnifico. Il suo personaggio gode comunque di uno scarso minutaggio e nemmeno la sua bravura può risollevare di molto l’esito del film.

Il suo ultimo desiderio
Willem Dafoe è Richard McMahon

La trama sembra avvincente; e c’è una partita lunga 115 minuti per raggiungere una vittoria che si reputa a portata di mano. Tuttavia prevedibili voci fuori campo non aiutano a fare chiarezza in una faccenda intricata che dimentica di sbrogliarsi, mentre il ritmo narrativo perennemente accelerato ostacola un qualsivoglia coinvolgimento emotivo. E così “Il suo ultimo desiderio” non solo non agguanta il risultato, ma perde completamente di vista l’obiettivo di stagione.

Voto Autore: [usr 1,5]

Silvia Strada
Silvia Strada
Ama alla follia il cinema coreano: occhi a mandorla e inquadrature perfette, ma anche violenza, carne, sangue, martelli, e polipi mangiati vivi. Ma non è cattiva. Anzi, è sorprendentemente sentimentale, attenta alle dinamiche psicologiche di film noiosissimi, e capace di innamorarsi di un vecchio Tarkovskij d’annata. Ha studiato criminologia, e viene dalla Romagna: terra di registi visionari e sanguigni poeti. Ama la sregolatezza e le caotiche emozioni in cui la fa precipitare, ogni domenica, la sua Inter.

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