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Il dittatore dello stato libero di Bananas, la commedia più politica di Woody Allen

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Più di cinquanta anni fa, il 28 aprile 1971, Il dittatore dello stato libero di Bananas (Bananas) fece il suo debutto nelle sale cinematografiche americane.

La commedia più apertamente politica di Woody Allen, incassando 11,8 milioni di dollari al botteghino, gli garantì il primo notevole successo e l’avvio di un rapporto duraturo con la United Artists, che, da quel momento, distribuì i suoi film per i dieci anni successivi.

La sceneggiatura è dello stesso Allen e di Mickey Rose, e le splendide musiche sono del compositore americano Marvin Hamlisch.

Il dittatore dello stato libero di Bananas: trama

A fianco della ex moglie Louise Lasser, Allen indossa i panni di Fielding Mellish, un giovane impacciato e imbranato, che lavora come collaudatore di brevetti per una piccola compagnia industriale.

Innamoratosi di una fervida attivista, Nancy, interpretata per l’appunto dalla Lasser, inizia con lei una frequentazione, ma ben presto viene scaricato.

Con il cuore a pezzi parte per un viaggio verso lo Stato latino-americano di Bananas. Giunto a destinazione si ritrova improvvisamente coinvolto nella rivoluzione portata avanti dai ribelli guidati da Castrado.

Il dittatore dello stato libero di Bananas

Una commedia demenziale consapevole e lucidamente profetica

Se Io e Annie (1977), per Woody Allen, rappresenta una svolta verso una commedia più intellettuale e una messa in scena più raffinata, Il dittatore dello stato libero di Bananas, incarna a pieno lo spirito più demenziale che contraddistingue i lavori precedenti del regista newyorkese.

Il titolo, più incisivo e giocoso nella sua versione originale, Bananas, fin da subito non nasconde la parodistica natura di questo film. Alcuni vi notarono subito l’allusione all’espressione dispregiativa “repubblica delle banane”, altri il riferimento all’espressione idiomatica “to go bananas”, tradotto in “impazzire”.

Con questa satira pungente e divertentissima, Woody Allen non risparmia niente e nessuno, senza mai risultare pesante o autocompiaciuto. Lucido nel perseguire il proprio intento, si serve dei tre strumenti che padroneggia meglio: l’ironia, il sarcasmo e il cinismo.

Il dittatore dello stato libero di Bananas

In questo modo riesce, in piena Guerra Fredda, a prendersi gioco della subdola politica estera statunitense e a bollare l’estrema facilità con cui le guerriglie latinoamericane, una volta al potere, tradirono gli ideali che accompagnarono le loro rivolte. Una presa di posizione consapevole del recente passato, in particolare quello cubano, ma, col senno di poi, premonitrice di un vicino futuro, come quello cileno.

L’esilarante comicità de Il dittatore dello stato libero di Bananas è costruita su trucchi visibilmente irreali e su un continuo susseguirsi di gag fantasiose e situazioni parossistiche, che sfociano in memorabili episodi comici. Tra i quali, sono da segnalare, la scena dal venditore di riviste e la sequenza dell’addestramento.

Riflessioni che saranno tipiche del cinema di Woody Allen

Anche se portatore di un’autorialità ancora acerba, Il dittatore dello stato libero di Bananas, presenta già alcune tematiche costanti nella filmografia a venire di Woody Allen.

A partire dalla figura tradizionale ebraica dello Schlemiel, il giovane sciocco e sfortunato, a cui Allen spesso si ispira, si può riconoscere in Fielding Mellish la prototizzazione dei futuri protagonisti, che il cinema di Woody ci ha donato.

Mellish con la sua insicurezze, diventa il simpatico portavoce delle fissazioni e delle paranoie interiori del regista che tutti conoscono. Emergono: l’amore per la città di New York, l’autoironia, le battute giocate sul dialogo tra il perbenismo della cultura ebraica e la libertà di una società sempre più caotica e permissiva, le digressioni psicoanalitiche, l’intelletto che mette in discussione le consuetudini più banali.

Una serie di riferimenti e di omaggi al cinema classico

In Il dittatore dello stato libero di Bananas taspare anche tutto l’amore di Woody Allen per il cinema del passato. Un citazionismo, che contribuisce a rendere la visione più partecipativa.

Alcuni riferimenti appaiono guardando l’opera nel complesso. Primo fra tutti La guerra lampo dei Fratelli Marx (1933) di Leo McCarey, ma anche, Come vinsi la guerra (1926) di Buster Keaton.

Altri, invece, sono più espliciti. L’episodio del collaudo ricorda la macchina, che nutre gli operai mentre lavorano in Tempi Moderni (1936) di Charlie Chaplin. Una carrozzina che precipita per una scalinata non può che essere l’evidente omaggio alla celebre scena de La corazzata Péotemkin (1925) di Sergej Ėjzenštejn.

Il dittatore dello stato libero di Bananas: conclusioni

Il dittatore dello stato libero di Bananas è un film che va recuperato per comprendere al meglio l’evoluzione comica di Woody Allen. Eppure, a fronte dei suoi rimandi passati, presenti e futuri, è un lungometraggio che sopravvive di luce propria.

È impossibile non ridere guardando un giovane Allen indossare una barba palesemente finta e avere un rapporto sessuale come se fosse un incontro di pugilato. Ma è ancora più impossibile non riconoscere il coraggio nell’essere così critici verso le guerre e, soprattutto, verso il proprio paese.

Se non siete ancora convinti del tutto, forse potrebbe farlo un giovanissimo Sylvester Stallone, che in questo film compare nel brevissimo ruolo, non accreditato, di un picchiatore-molestatore in metropolitana.

Il dittatore dello stato libero di Bananas

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Il dittatore dello stato libero di Bananas sorprende ancora oggi per la sua consapevolezza storica e per i suoi contenuti premonitori. Una satira politica efficace ed estremamente divertente. Un'opera simbolo del primo periodo di Woody Allen.
Riccardo Brunello
Riccardo Brunello
Il cinema mi appassiona fin da quando ero un ragazzino. Un amore così forte che mi ha portato ad approfondire sempre di più la settima arte e il mondo che la circonda. Ho un debole per i film d’autore e per il cinema orientale, ma, allo stesso tempo, non riesco a fare a meno di un multisala, un secchio di popcorn, una bibita fresca e un bel blockbuster.

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