Dopo due anni di inattività il regista e sceneggiatore italiano Antonio Rezza torna al 40°Torino Film Festival per presentare Il Cristo in gola, lungometraggio liberamente ispirato alla figura di Gesù di Nazareth ma che si distingue notevolmente, sia per caratteri e toni che per sceneggiatura, dalle precedenti rappresentazioni cinematografiche.
La pellicola ha una lunghissima storia, la sua produzione inizia infatti molti anni orsono e ha visto la propria conclusione solo di recente. Per quest’occasione il famoso duo Rezza-Mastrella ha subito una spaccatura, la scenografa ha infatti rinunciato alla realizzazione de Il Cristo in gola per via del soggetto religioso trattato.
L’opera, a causa della sua natura indipendente ed autoprodotta, non vedrà purtroppo la luce in moltissime sale. Sarà però comunque possibile vedere il film in alcuni cinema selezionati.
Il Cristo in gola, trama
In una riproposizione assurda e bizzarra il figlio di Dio, Gesù di Nazareth, non emette parola. L’uomo che più di tutti si è distinto per i propri discorsi e predicazioni emette solamente delle forti urla, urla dotate però di poteri miracolosi.
La parola diventa grido
Pellicola indipendente che ha alle spalle una storia molto lunga, iniziata nel 2004, e altrettanto peculiare, Il Cristo in gola nasce da un idea di Antonio Rezza di riproporre la propria versione de Il Vangelo secondo Matteo del 1964 di Pier Paolo Pasolini. A differenza del Cristo pasoliniano, quello di Rezza è un protagonista che però non si ferma a fare le prediche agli apostoli, anzi questa versione del figlio di Nazareth non parla proprio e si limita ad emettere delle lunghe e forti urla. Una scelta molto coraggiosa e fuori dall’ordinario, nata dalla consapevolezza di Rezza di non saper interpretare bene il ruolo, ma che si dimostra però vincente.
La parola e il verbo che hanno sempre caratterizzato il figlio di Dio, qui lasciano spazio al corpo, un corpo straziato che parla grazie a urla stridule e peculiari movenze. Anche tutti gli altri personaggi, come la Madonna, gli apostoli, l’arcangelo, Lucifero e così via, non sono certo canonici e regolari. Tra linguaggi aborigeni, forti accenti basilicatesi e silenzi imbarazzanti la scelta è più che varia, e quello che dal titolo e dalle immagini mostrate sul web poteva sembrare una normale rivisitazione del Vangelo assume connotati al limite del grottesco, in una veloce e continua discesa verso l’assurdo e l’imprevedibile. Guardando l’opera di Rezza ci si chiede di continuo Cosà succederà ora? Quali altri stravolgimenti subiranno i personaggi raccontati dall’apostolo Matteo?
Un film che fin dai primi minuti, quando vediamo il regista piantare nel terreno delle croci sulle quali vi è scritto il nome dei membri di cast e produzione, mostra tutta la propria pazzia e mette in guardia lo spettatore, dicendogli che quello a cui sta per assistere non è il racconto classico a cui è abituato. Il proseguimento segue poi la traccia iniziata, una signora di veneranda età che racconta massime e detti popolari è Lucifero, un giovane in divisa da carabiniere è l’arcangelo Gabriele e la Vergine Maria è accompagnata da urla e versi di popolazioni australiane. Al centro della storia, gli eventi che più hanno caratterizzato la vita di Cristo come i miracoli, l’ultima cena e la crocifissione. Il tutto però non viene mostrato nel modo canonico e molti eventi subiscono variazioni importanti, come nel delirante finale in cui Gesù crocifigge un disperato neonato. Anche le parti fedeli alle sacre scritture sono però spesso ridisegnate dal regista in maniera più o meno fuori dagli schemi.
La città di Matera e una fotografia in bianco e nero come cornice
Proprio come l’opera originale a cui si ispira, anche Il Cristo in gola è stato in gran parte girato per le strade della città di Matera. Il capoluogo della Basilicata è ormai diventato una seconda Gerusalemme, grazie infatti alle sue mura antiche e paesaggi è ormai da decenni una delle prime scelte per rappresentare l’antica città d’Israele. Anche la fotografia in bianco e nero e le inquadrature richiamano il capolavoro di Pasolini, il quale già aveva dato al proprio lavoro una connotazione poco classica e differente dai suoi predecessori. Qui però siamo su un altro fronte, e anzi stupisce il fatto che Antonio Rezza non abbia voluto osare maggiormente, magari decidendo di ambientare l’opera in un altra città, ma si sia contenuto per quanto riguardava i confini geografici fissati dalla storia.
Il Cristo in gola è comunque un lavoro davvero memorabile, un opera che non passa inosservata, pregna di pazzia la quale segna delle immagini indelebili nel cervello dello spettatore. Un film che grazie a queste caratteristiche diverte molto, che sicuramente non lo potranno far annoverare nella lista dei “film natalizi”, ma che nonostante ciò ha molto da dire, pur avendo dei dialoghi ridotti all’osso.