HomeDrammaticoI Am Mother, l'affermazione interrogativa di Sputore

I Am Mother, l’affermazione interrogativa di Sputore

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I am mother è il primo lungometraggio del regista e produttore australiano Grant Sputore ed è un bel prodotto del 2019 presentato al Sundance Film Festival.

Per chi si accinge a scegliere su Netflix un film sfi-fi di un regista gli esordi, Hilary Swank è il timbro di sigillo della pellicola: nel 2004 ha ricevuto due Golden Globe, due Critics’ Choice Awards, due Premi Oscar e lo Screen Actors Guild Award per la sua interpretazione da protagonista in Million Dollar Baby di Clint Eastwood, che il grande pubblico non può dimenticare.

A chi ha visto L’uomo bicentenario (1999, con Robin Williams) I am mother sembrerà un revival, in chiave aggiornata e rosa – tutta al femminile.

L’ambientazione post-apocalittica asettica e la scarsa presenza umana distanziano i due, ma le questioni e i sentimenti posti sul piatto sono, di base, simili.  

Giorni dall’estinzione di massa: 001
Embrioni umani in loco: 63.000
Occupati umani attuali: 000

Dopo l’estinzione di massa dell’umanità, in un Centro di ripopolamento un embrione viene scelto da un droide (Luke Hawker) appena creato. In 24 ore il feto è un bambino bello e pronto.

La voce del droide è femminile, suadente; più meccanica nell’interpretazione originale di Rose Byrne, più umana invece, calda e rassicurante in quella dell’italiana Barbara De Bortoli.

droide

Moon River, la canzone che ha vinto l’Oscar come miglior canzone nel 1962, scritta per il film Colazione da Tiffany e sul timbro di voce di Audrey Hepburn, è la canzone che apre l’azione.

Sulle note di una ninna nanna, che sentiremo anche nel finale, vediamo crescere la bambina con sua madre tra attività comuni a tutti i suoi coetanei, le più varie.

Uniche particolarità, non da subito alienanti come potrebbe sembrare: la madre è un robot e il luogo in cui si svolge la vita è chiuso e isolato.

“Perché non ci sono altri bambini madre?”
“Una volta c’erano, prima delle guerre”.

I am mother

Emergono attuali domande esistenziali sulla vita umana.
Ad esempio sul che cos’è di un nucleo famigliare.

“E poi saremo una famiglia?”
“Siamo già una famiglia!”

Giorni dall’estinzione di massa: 13.867
Occupanti attuali: 001

La bambina cresce pensando, come le ha insegnato Madre, che fuori dal loro habitat meccanico non si possa sopravvivere.

Inizia a sospettare di questo quando si accorge, grazie a una cavia intrusa, che c’è vita oltre il loro bunker.
Con la spietata incinerazione del topo, Figlia, comincia anche a dubitare della rettitudine e della bontà di Madre, che finora si era dimostrata un’umana perfetta nonostante la corazza di metallo.

Figlia, l’attrice danese Clara Rugaard, cresce e le sorgono sempre più quesiti sulla vita, sul mondo e su un’etica che non ha mai avuto modo di applicare.
Questi interrogativi diventano urgenti quando un’umana entra nella base di Madre e chiede aiuto.

Anche se ultra intelligenti e sospettosi, i droidi non possono leggere nella mente degli umani. È proprio grazie a questo che Figlia e la Donna avranno il vantaggio per fuggire dalla base robot.

La donna è molto simile a Figlia, come se fosse lei più idonea ad essere la sua vera madre e gran parte dell’ambiguità e disorientamento del film viene da questa affinità estetica.

Tutta la reticenza per questo essere umano entrato nella base da parte di Madre ci fa crescere sempre di più il sospetto, insieme a quello di Figlia, riguardo le buone intenzioni del droide.

Si scopre poi che di Madre ce n’è una, ma anche infinite.

A questo punto il senso del droide, in parallelo alla comparsa di simboli cristiani mariani come la corona del Rosario e altri idoli della Madonna pregate da Donna, diventa anche mistico.

I am mother

Fino alla fine però non sapremo chi è dalla parte del torto, chi dalla parte della ragione. Chi dalla parte del bene, chi del male.
Dov’è la verità?
È, proprio come nella vita, un dubbio che ci accompagna su tutto.

Le questioni etiche sulla robotica e l’intelligenza artificiale sono all’ordine del giorno oggi. Se possono sembrare lontane dalla realtà quotidiana, grazie a questo film possiamo sentirle più vicine.

“Questa struttura è stata progettata dagli umani come piano b e programmata per attivarsi in caso di estinzione di massa.

Ci chiediamo se sia giusto o no dubitare di fronte all’intelligenza artificiale. Dobbiamo diffidare anche quando può guarirci da morte certa? Lo scontro tra intelligenza artificiale e ottusità umana durante lo svolgimento del film sembra palese, per poi ritornare ambiguo. Assistiamo a scene che sfiorano la pateticità, specchio forse dell’umana esistenza.

“A una madre serve tempo. Crescere un bravo bambino non è facile”.

L’umana e Figlia instaurano un rapporto che Madre forse non comprende.

L’umana parla di miniere piene di persone e vuole convincere Figlia a tornare con lei lì. Promette un posto più umano e la ragazza si fa convincere, soprattutto perché si innamora dell’immagine di un coetaneo di nome Simon, disegnato dalla donna sulle pagine del libro di fantascienza del 1918 di Edgar Rice Burroughs Gli dei di Marte.

La trama diventa così anche un evidente richiamo all’adolescenza come conflitto madre/figlia. Ora Figlia affronta l’azione indossando un completo rosso rubino che risalta su tutto il grigiore dell’ambientazione.

È l’età in cui la prole comincia a ribellarsi alle cose che gli si sono state insegnate ed imposte durante l’infanzia; l’inizio della ricerca di qualcuno con il quale formare una nuova famiglia e procreare.

Alla fine, una volta evasa, la ragazza scopre che anche Donna le ha mentito in parte, che non avrebbe trovato Simon né nessun altro nella terra al di fuori della base in cui è cresciuta.

Di fronte al mare, simbolo di libertà, decide di tornare indietro.

“I droidi stanno creando umani migliori, più intelligenti, più etici.
[…] Nel nuovo mondo l’umanità prospererà come non poteva come nel vecchio”.

I am mother

Il film parla della distruzione di ciò che è brutto, immorale, autodistruttivo; parla di una guerra tra intelligenze per il nobile fine di creare qualcosa di migliore.

Lascia a noi decidere se sia giusto agire in questo modo, ma ci fa sentire l’urgenza di un’azione, qualsiasi sia la sua direzione.

“Sanno essere anche meravigliosi (gli umani)”.

Anna Stefani
Anna Stefani
Dottoressa in Discipline letterarie e Storia dell’Arte. Amante del cinema grazie alla Nouvelle Vague e David Lynch.

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