Ambientata tra gli eventi del primo e del secondo film (qui la nostra recensione del primo, e qui del secondo), Dream Productions (Dream Productions: dal mondo di Inside Out) è la serie animata midquel, che racconta cosa avviene nella produzioni sogni, produzione cinematografica dove vengono realizzati i sogni che Riley, e un po’ tutti noi spettatori, facciamo durante la notte.
La serie è stata prodotta contemporaneamente al film sequel Inside Out 2, sempre con la firma di Pixar Animation Studios, scritta e diretta da Mike Jones. Dream Productions è stata presentata in anteprima su Disney+ l’11 dicembre 2024.
Dream Productions: trama
Presentandosi come un mockumentary, quindi un documentario che racconta in realtà vicende di finzione, la serie segue il lavoro della produzione sogni, la “produzione cinematografica” all’interno della mente di Riley a carico dei sogni, prodotti proprio come film, che la ragazzina fa durante la notte.
La protagonista è Paula Persimmon, la regista principale all’interno della produzione che si occupa dei sogni della Riley bambina, pieni di unicorni e cupcake. Ora che Riley è una preadolescente, sembra che i suoi sogni siano troppo infantili, la capa di produzione allora decide di incaricare dei nuovi registi. Xeni in particolare, autore dei sogni a occhi aperti, sarà l’aiuto regia di Paula, avendo rispetto a lei una mano più alternativa e considerando la sua regia “troppo tradizionale”.
Nella vita reale, Riley si prepara adesso al ballo della scuola, e all’interno della sua mente dovrà fare i conti con incubi che le ricordano i giocattoli dell’infanzia a cui adesso sente di volersi distaccare. I registi dovranno cercare di produrre i migliori sogni possibili per accontentare la capa di produzione e accompagnare Riley in questa fase di crescita in cui il contenuto e la qualità della sua attività onirica cambiano radicalmente.
Il cast di Dream Productions
Paula Persimmon, l’acclamata regista dei sogni d’infanzia, è doppiata nell’originale da Paula Pell. Kenny “Xeni” Dewberry, il regista dei sogni a occhi aperti, ha la voce originale di Richard Ayoade. Kensington Tallman dà vita a Riley Andersen. Amy Poehler presta la voce a Gioia, Liza Lapira doppia Disgusto, Tony Hale è la voce originale di Paura, Lewis Black interpreta Rabbia, Phyllis Smith è Tristezza. Maya Rudolph presta la voce a Jean Dewberry, l’esigente capo della Dream Productions. Ally Maki è la voce di Janelle, l’assistente alla regia di Paula che sogna in grande. Lauren Holt doppia Riley Teenager. Diane Lane è la voce originale della madre di Riley. Kyle MacLachlan doppia il padre di Riley. Grace Lu e Sumayyah Nuriddin-Green sono Grace e Bree, le amiche di Riley. Noah Bentley dà voce a Boyfriend Canadese, la rappresentazione ideale del fidanzato perfetto di Riley.
Dream Productions – la recensione
Rispetto ai film, Dream Productions ha forse, nella forma, un tono più infantile e adatto a un pubblico giovane, come sembrano essere i prodotti Pixar, ma una cosa è certa: la genialità rimane. La serie ha infatti un tono più alla portata dei bambini, e un umorismo non sempre maturo, ma come le altre opere del franchise e molti prodotti Pixar riesce a emozionare tutti, puntando all’umanità di ogni cosa.
È evidente la ben costruita caratterizzazione dei personaggi, partendo sempre dal ricordare allo spettatore che essi non sono altro che esseri indefiniti, destinati a far funzionare la mente di Riley e dello spettatore stesso: degli enti astratti che governano le nostre vite, ma che per avere a che fare con l’umano devono necessariamente possedere molta umanità, pur non esistendo. È infatti minuziosa la scrittura di personaggi che devono affrontare la delusione di non essere più degni della sedia da regista, come nel caso di Paula, di dover vedere la mente della propria bambina crescere e non essere pronti perché l’infanzia era tutto ciò che esisteva, e si continuava a produrre quei sogni come se sarebbe durata in eterno.
Paula rappresenta un’ingenuità delusa di vedere che il mondo attorno a sé cambia, si modifica, e non ci si può più accomodare su un divano di cioccolato per fare svanire le brutture del mondo. Allo stesso tempo Xeni è anch’egli caratterizzato in maniera maniacale, perché se nella prima parte della serie ci sembra solo un presuntuoso aspirante regista che crede di saperne più degli altri, nella seconda parte assume tutt’altra forma: vediamo un giovane artista che cerca la sua voce, che non si sente compreso, e che deve combattere con un sistema con cui non entra in risonanza.
L’allegoria rende tutto affascinante
Quello che rende i prodotti del franchise travolgenti in maniera particolare è sapere che tutto ciò che accade avviene sul piano metafisico ed è quindi metafora di vicende per noi reali. È facile calarsi nei panni di Riley e sentire quelle entità che lavorano nella sua mente come le nostre. Le dinamiche non visibili all’interno della mente umana assumono una forma concreta e tangibile, diventano fenomeni fisici la cui intensità è palpabile.
Magistrale la regia che riesce a rendere comprensibili ai più dinamiche psicologiche che con la parola sarebbero contorte, ma con l’azione propria del cinema diventano ovvie e riconoscibili. Non c’è stato bisogno di parola per capire che la telecamera che riprende i sogni fosse Riley in persona e che il suo movimento era in effetti il movimento della protagonista. Emozionante la scena del sonnambulismo, dove la camera che gira per conto suo rischia di fare cadere Riley dalle scale, poi salvata dai registi che prontamente riescono a prendere il dispositivo di ripresa: meraviglioso.
Tutto è metafora, tutto è allegoria, uno pseudo studio di produzione impazzisce perché una ragazzina sta crescendo e i suoi sogni di conseguenza vanno rivisti, vanno ricalibrati, si devono adeguare al cambiamento perché la sua stessa mente si modifica, quindi lo studio non può rimanere indietro, è inevitabile. Le cinque emozioni qui sono in secondo piano, un po’ delle guest star, trattate con rispetto e riverenza dallo studio di produzione.
La cultura del sogno c’è, ma la realtà?
Nonostante le vicende si basino sempre su ciò che Riley vive nella vita reale, rispetto ai film sono poche le scene ambientate nel mondo della protagonista, puntando invece troppo sul travaglio della produzione, come d’altronde ci si aspetta dall’inizio, sin da quando diviene chiara la forma del falso documentario. Sarebbe stato più interessante vedere un’alternanza tra le scene dello studio e le scene reali, quando queste ultime si contano sulle dita di una mano.
La sceneggiatura ha comunque una struttura ottima, delineando sempre con precisione e genialità le dinamiche all’interno della mente umana. Si passa dal riso, all’incredulità, fino alla commozione che si prova quando i piani di realtà e finzione si intrecciano e si vive come un evento mistico l’accorgersi dell'”inconsistenza” del sogno. Parliamo proprio dell’esperienza del sogno lucido.
La genialità diventa palese nei momenti in cui le stesse proiezioni di Riley (pensiamo al boyfriend canadese) assumono un’identità e il cui unico scopo è quello di riconfermare continuamente l’idea che Riley stessa ha di loro. Esse esistono in quanto idee e il loro nutrimento è la conferma di essere viste per come Riley le vede.
Conclusioni su Dream Productions
Dream Productions è una serie che con la genialità che contraddistingue i prodotti Pixar riesce sempre a umanizzare qualunque cosa, e come tutto il franchise di Inside Out, a farci calare nelle vicende della mente umana, con leggerezza, brillantezza e tanta tanta meraviglia.