Bright

Bright, dall’inglese “luminoso”. Di brillante, però, il film fantasy targato Netflix e diretto da David Ayer (Suicide Squad) con protagonista Will Smith, ha ben poco.

Il mondo è brutto e sporco, razzista e xenofobo, ma non nel modo in cui si può pensare in prima analisi. Gli umani infatti condividono le giornate con creature fantastiche come fate, nani e orchi.

Peccato che l’accostamento ossimorico fra la purezza del genere fantastico e l’asprezza del mondo reale risulti a larghi tratti stucchevole e troppo legato a cliché che stridono piuttosto che incuriosire.

Bright
Da sinistra, Will Smith e Joel Edgerton

Elfi, orchi, bacchette magiche e un signore oscuro non meglio identificato. Il tutto a Los Angeles. Bright, film che segna l’esordio su Netflix di Will Smith, è un concentrato di elementi fantasy trasportati nel mondo reale. Ognuno è però “rinnovato” con un tocco personale.

La storia comincia con il ritorno in servizio dell’agente Daryl Ward (Will Smith) dopo essere stato ferito sul lavoro. Forte è la tensione con il suo partner orco, Jackoby (Joel Edgerton), in quanto ritenuto responsabile dell’accaduto.

Sto in macchina con uno che non ho chiesto io. Ho tutti gli occhi addosso!”.

L’agente Ward al suo superiore, il sergente Ching

La precaria situazione è destinata a precipitare quando i due si imbattono in una rara bacchetta magica, in possesso dell’elfa Tikka (Lucy Fry). È una delle tre esistenti al mondo, usata oltre 2000 anni prima per confinare il “signore oscuro” in un luogo di prigionia eterna.

Così rara e potente da mettere i due agenti nel mirino di criminali umani e orchi, dei loro stessi colleghi, di una misteriosa task force specializzata in magia (i federali) e della legittima proprietaria della bacchetta, l’alquanto micidiale Leilah (Noomi Rapace).

È come un’arma nucleare che esaudisce i desideri”.

Uno dei poliziotti al rinvenimento del manufatto

L’elfa, dal look che la rende simile più a una cantante metal della Scandinavia che a un essere immortale, è una “bright”. Si tratta di esseri speciali, pochi eletti capaci di maneggiare le bacchette magiche senza esplodere in pezzi talmente minuscoli da poter essere respirati.

Si muove insieme alla sua “band”, formata dagli Inferni, letali combattenti dotati di rapidità e forza senza eguali.

Bright
Noomi Rapace nei panni della perfida Leilah

Bright sfrutta la lotta per le bacchette magiche per raccontare il razzismo che affligge oggi gli Stati Uniti d’America, vessati da armi vendute come caramelle e lotte di classe. I neri si trasformano in orchi, bistrattati da tutti per il loro aspetto e la degradata condizione sociale.

Nel mondo di Bright, gli elfi dai capelli blu – accanto agli umani – governano gli Stati Uniti, godendo di una spropositata ricchezza e di una vita agiata fra attici, belle donne e macchine di lusso (un elfo in Ferrari è tra i pochi sfizi lasciati dal film di Ayer).

Nei quartieri malfamati abitano invece gli orchi, la feccia che vive fra clandestinità, spaccio e violenze. Per quanto gli intenti siano encomiabili, Bright non riesce a colpire il bersaglio.

I personaggi spesso non funzionano, eccezion fatta per la coppia di protagonisti. Alcuni fanno capolino per poi sparire dalla scena, senza ottenere una coerente chiusura del cerchio.

Bright
Lucy Fry nei panni della giovane Tikka

La corruzione dei poliziotti, la malvagità degli Inferni e dell’elfa Leilah, persino l’emarginazione sono fin troppo latenti rispetto al resto della narrazione e spesso lasciano più dubbi che certezze.

I Bright sono buoni o cattivi? Chi è il signore oscuro che 2000 anni fa ha cercato di dominare il mondo? Tutte domande che, alla fine del film, non trovano risposta. Forse sarà il sequel – attualmente in lavorazione – a sciogliere i nodi.

Smith ed Edgerton torneranno nei loro ruoli e Ayer sarà ancora dietro a cinepresa. Cambiano gli sceneggiatori però, per fortuna: sbarcano su Netflix T. S. Nowlin (The Maze Runner Saga) ed Evan Spiliotopoulos (La Bella e la Bestia).

Le riprese sono previste in estate, d’accordo con l’agenda della star di Hollywood, impegnato con il quarto capitolo della ben più fortunata saga di Bad Boys.

Discreti gli effetti speciali – 90 milioni di budget rendono Bright tra i film più costosi di Netflix – e buona la fotografia e la scenografia, anche se troppo spesso circoscritta ad ambienti cupi e ristretti.

Non siamo nella profezia: siamo in una Toyota Corolla rubata”.

L’agente Ward al partner Jackoby

Funziona Smith, sempre capace di unire azione e ironia, ma Bright dimostra come un fuoriclasse non basta per vincere la partita se è da solo.

Voto Autore: [usr 1,5]

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