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American Fiction: la recensione

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Diretto da Cord Jefferson, “American Fiction” è stato presentato in anteprima mondiale al Festival di Toronto 2023 ed è interpretato da Jeffrey Wright. La finzione e la simulazione, sono al centro delle vicende di Thelonius Ellison, detto Monk. Come il mercato editoriale degli Stati Uniti, grondante spazzatura letteraria,

“American Fiction” ci trasporta in quello che è il terreno letterario dell’America contemporanea. Infatti Thelonious Ellison, è l’emblema di quello che rappresenta lo scrittore afroamericano nel contesto culturale e sociale attuale. Nel film di Jefferson, gli Stati Uniti sono l’anello debole dell’editoria letteraria nel panorama attuale. Il film è tratto dal romanzo di Percival Everett, “Erasure”, noto in Italia con il nome di “Cancellazione”.

American Fiction: il cast

Il cast di questa dramedy satirica è composta da Jeffrey Wright nei panni dello scrittore e docente Dr. Thelonious Monk. Completano il cast Tracee Ellis Ross (Dr. Lisa Ellison), Issa Rae (Sintara Golden), Sterling K. Brown (Dr. Clifford “Cliff” Ellison), John Ortiz (Arthur), Erika Alexander (Coraline), Leslie Uggams (Agnes Ellison), Adam Brody (Wiley), Keith David  (Willy the Wonker), Okieriete Onaodowan  (Van Go Jenkins), Myra Lucretia Taylor (Lorraine), Raymond Anthony Thomas (Maynard), Miriam Shor (Paula Baderman), Michael Cyril Creighton (John Bosco), J. C. MacKenzie (Carl Brunt), Patrick Fischler (Mandel), Ryan Richard Doyle (Ned).

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American Fiction: trama e recensione

Il professore e scrittore afroamericano Thelonious “Monk” Ellison scrive un romanzo satirico con uno pseudonimo, consigliato dal suo editore. Questo gli servirà per smascherare tutto il sistema ipocrita che si cela dietro all’industria editoriale americana.

“American Fiction” rappresenta la parabola di un uomo in perenne crisi nel cercare di ricreare o ritrovare il suo focus letterario. Si comprende che il mercato editoriale è statico, ma soprattutto colmo di spazzatura. Un’altra problematica è rappresentata dal melting pot razziale, che va a mischiarsi con il discorso identitario.

Ma la pellicola di Cord Jefferson è anche uno specchio dei tempi. Ovvero il segno della cultura woke che predomina a tutto tondo, anche nel cinema hollywoodiano. Ma anche del finto senso di colpa dei bianchi verso la cultura nera, che quindi va a ricreare una serie di situazioni caricaturali. Così come, caricaturale sarà il suo romanzo che abbraccia tutti gli stereotipi della cultura nera.

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Stereotipi e archetipi identitari in “American Fiction”

Lo stereotipo è la delirante frazione archetipa in cui il docente afroamericano accetta tante cose e situazioni, soprattutto nell’ambito del festival letterario di Boston. Proprio quì, la sua visione artistica e autoriale va a collidere con quella di altri scrittori, che si piegano alle leggi del mercato per soddisfare una certa tipologia di utenza.

Ma forse, proprio la malattia della madre spingerà Monk ad avventurarsi per soldi in una bizzarra impresa. Ovvero la scrittura di un romanzo satirico da dare in pasto alle masse. Tutto questo avverrà con l’uso di uno pseudonimo. Ciò garantirà allo scrittore un cospicuo successo, ma anche la consapevolezza di quello che rappresenta paradossalmente.

La riflessione è sulla ricerca dell’autenticità nella condivisione della diversità delle esperienze umane. Anche Jeffrey Wright propone un’interpretazione misurata e convincente nel ruolo di Monk. In questo caso l’attore riesce a fornire una diversa prova nella sua carriera.

Jeffrey Wright

La presenza della musica jazz

Il ritmo lento e un po’retrò della pellicola viene intervallato dal suono della musica jazz, con momenti chiave nel racconto. Questa colonna sonora jazz ad opera di Laura Karpman, aggiunge un ulteriore strato di profondità emotiva al film. Si va a creare un’atmosfera che riflette perfettamente l’ampia gamma di emozioni e temi affrontati dalla storia.

L’uso sapiente della musica contribuisce a sottolineare i momenti chiave della narrazione e a trasportare lo spettatore ancora più a fondo nel mondo di Monk. Attraverso il personaggio di Thelonious Ellison, il film ci porta nel cuore di una crisi identitaria e creativa che riflette le esperienze di molti artisti di colore.

Monk è costretto a navigare tra le aspettative imposte dalla società e dalle istituzioni culturali, che spesso cercano di relegare l’esperienza nera a stereotipi e dogmi superficiali. La sua lotta per mantenere la sua integrità artistica e la sua autenticità in un mondo che tende a ridurre la sua complessità è estremamente toccante e rilevante.

Coraline

Il tema dell’inclusione utilizzato per le leggi di mercato

la tendenza dell’industria culturale a capitalizzare il dolore e la sofferenza delle persone di colore per fini commerciali. Attraverso la narrazione di Monk, il regista Cord Jefferson ci invita a interrogarci sulle implicazioni di questa pratica e sulla necessità di una narrazione più autentica e rispettosa delle esperienze umane.

Questo tema risuona in modo potente in un’epoca in cui il dibattito sulla rappresentazione e l’inclusione è più acceso che mai, e il film offre una prospettiva preziosa su come affrontare queste sfide. Jeffrey Wright offre una performance straordinaria nel ruolo di Monk, catturando perfettamente la complessità e la vulnerabilità del personaggio.

La sua interpretazione è emotivamente potente e coinvolgente, e trasmette in modo efficace la lotta interiore del protagonista. Tracee Ellis Ross brilla in una breve ma memorabile apparizione, e il resto del cast completa brillantemente il quadro, contribuendo a rendere ogni momento del film coinvolgente e significativo.

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Conclusioni

Inoltre, il film affronta temi universali come la famiglia, la memoria e la morte, offrendo una riflessione commovente e profonda su queste questioni. La relazione di Monk con la sua famiglia in crisi, in particolare con sua madre che sta manifestando i primi sintomi dell’Alzheimer, è toccante e delicatamente rappresentata.

Questi momenti di intimità e vulnerabilità aggiungono una dimensione emotiva al film che lo rende ancora più coinvolgente e significativo. In conclusione, “American Fiction” è un fiilm che va oltre il semplice intrattenimento, offrendo una riflessione profonda e stimolante sulla società contemporanea e sul potere della narrazione.

Tuttavia, il regista doveva usare un tono satirico ancora più beffardo e irriverente, soprattutto per risultare efficace nel suo atto d’accusa alle banali scelte editoriali del mercato statunitense. Il film, dopo aver vinto il People’s Choice Award al Festival di Toronto, è stato nominato per due Golden Globe, e ha raccolto cinque nomination agli Oscar attualmente disponibile su Prime Video.

Il trailer

PANORAMICA

Regia
Sioggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

"American Fiction" è una satira sul mondo editoriale statunitense, che vanta una buona interpretazione di Jeffrey Wright. Tuttavia, il risultato poteva essere davvero irriverente, ma non è incisivo fino in fondo.
Francesco Maggiore
Francesco Maggiore
Cinefilo, sognatore e al tempo stesso pragmatico, ironico e poliedrico verso la settima arte, ma non debordante. Insofferente, ma comunque attento e resistente alla serialità imperante, e avulso dai filtri dall'allineamento critico generale. Il cinema arthouse è la mia religione, ma non la mia prigione.

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