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Aldo, Giovanni e Giacomo – Retrospettiva

Che Aldo, Giovanni e Giacomo fossero menti ambiziose e spavalde, se n’erano più o meno accorti tutti. Tra i primi, il manager Paolo Guerra, l’uomo alla base dei celeberrimi spettacoli teatrali, ormai divenuti titoli di culto. A partire dalle varie collaborazioni televisive, fino ad arrivare all’esordio sul palcoscenico vero e proprio, gli amatissimi comici non hanno fatto altro che scalare una salita sempre più ripida verso la gloria. Oggi, su MovieMag, ripercorriamo assieme la loro prima trilogia.

Nel 1997, precisamente a metà tra i due spettacoli ancora oggi più conosciuti, ovvero I Corti e Tel Chi El Telùn, il loro impegno venne assorbito dal progetto di una pellicola cinematografica, che fondesse assieme lo stile imperante e vincente del trio, con un gusto per la narrazione insolito ed originale. Nacque così Tre Uomini e una Gamba.

Il prodotto, che con la partecipazione di Massimo Venier presentarono al pubblico, fu un qualcosa di stranamente affabile e discreto, perfetto per chi, già all’epoca, idolatrava il trio. Aldo, Giovanni e Giacomo interpretano loro stessi, o meglio, una versione semplificata e riscritta dei loro personaggi. Aldo e Giovanni sono sposati con le figlie di un ricco imprenditore, il Cavaliere Eros Cecconi.

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Burbero, rozzo e indelicato, Cecconi non stima affatto i due mariti e lo stesso vale per Giacomo, in procinto di sposare la sua terza figlia, interpretata da Luciana Littizzetto. A loro, però, affida anche un compito importante. Durante la loro discesa da Milano a Gallipoli, luogo designato per il matrimonio, i tre dovranno infatti ritirare e trasportare una scultura di dubbio gusto ma di notevole valore. L’ormai celebre Gamba del moribondo Garpetz.

È questa la scusa utilizzata dai registi per inscenare una sorta di maldestro road-movie, che a partire dal capoluogo lombardo, s’inoltrerà lungo tutte le strade dello stivale, fino all’ambita meta pugliese. Nonostante la formula grezza e l’approccio furbo, il primo capitolo di questa peculiare trilogia risulta piacevole e leggero. Innanzitutto, la durata contenuta, comune denominatore delle tre opere, favorisce l’attenzione, lasciando poco spazio ai momenti morti.

Ad essere sinceri, Tre Uomini e una Gamba, più che un lungometraggio classico, appare come un confusionario mix di cinema, teatro e cabaret. I dialoghi, diversamente da produzioni affini, sembrano diluiti in una serie infinita di gags e siparietti, coadiuvati da un ambiente messo totalmente al loro servizio.

La stessa struttura della pellicola si snoda in più parti, non sempre peraltro, ben legate tra loro. In questo senso, se l’introduzione affidata ai personaggi di Al, John e Jack funziona e diverte, molto meno intrattiene l’intermezzo onirico del Conte Dracula, del tutto fuori contesto rispetto al resto della pellicola.

Incerto è anche il giudizio sullo sketch ormai celebre di Ajeje Brazorf. Questo schema, parzialmente replicato con risultati disastrosi nel recente Fuga da Reuma Park, risulta inserito a forza, con l’unico intento di macinare minuti preziosi in vista del finale.

Incoraggiato dal successo di Tre uomini e una gamba, dopo appena un anno, il trio decise di pubblicare anche il secondo lavoro, ovvero Così è la vita. Il cambiamento repentino nel tono della narrazione e della struttura, sorprese immediatamente tutti gli spettatori. Rispetto al predecessore, questa seconda pellicola mostrava fin da subito una personalità molto più marcata, assieme ad una trama decisamente più intrigante e stratificata.

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In continuità col passato, resta l’introduzione affidata ad Al, John e Jack, il ruolo decisivo interpretato dalla splendida Marina Massironi ed una sceneggiatura che, bene o male, mette in scena gli stessi personaggi.

Giovanni è un eccentrico inventore alquanto sottovalutato. Aldo è invece un carcerato pronto per un’udienza, mentre Giacomo sarà il disattento poliziotto in procinto di scortarlo. Durante il viaggio verso il tribunale, dopo aver trovato una pistola nientemeno che nel porta oggetti dell’automobile, Aldo sequestra il suo sorvegliante, per poi fare lo stesso con lo sfortunato Giovanni, trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Comincia così un viaggio per certi versi simile alla pellicola precedente, ma che, allo stesso modo, si rivela subito profondamente diverso. I tre, stavolta, vagano senza meta, in un clima ben più pesante e rischioso.

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La massiccia ed ingombrante presenza di gags, sparisce in favore di un’atmosfera molto più silenziosa e riflessiva. Dal mix, svaniscono anche gli intermezzi decontestualizzati, con grande profitto per lo spettatore. La pellicola si divide essenzialmente in tre parti. L’inizio rocambolesco, con tinte poliziesche lievi ma ugualmente gradevoli. Una parte centrale leggera, e più simile al capostipite, ed un finale alienante ed improvviso, primo germoglio di quello che sarà poi il capolavoro compiuto con Chiedimi se sono felice.

Ancor più che nella precedente interazione, viene messo in risalto l’impegno per spogliare la pellicola da quei tratti raffazzonati e poco credibili tipici del teatro. La regia, più precisa ed attenta, sottolinea con cura ogni singolo passaggio, mentre la colonna sonora, finalmente divenuta parte integrante del progetto, scandisce l’incedere con pezzi memorabili. Cosi è la vita, al netto delle incertezze ataviche del trio, è un’opera di sicuro valore, molto più cinematografica rispetto al passato, che ancora oggi riesce a regalare momenti piacevoli e riflessioni acute.

Aldo Giovanni e Giacomo

Reduci dalla rappresentazione brillante e fruttuosa dello spettacolo Tel Chi el Telùn, Aldo, Giovanni e Giacomo, alle soglie del nuovo millennio, s’impegnarono in quello che è senza dubbio il loro lavoro migliore, ovvero Chiedimi se sono felice. Ormai definitivamente accantonate le velleità teatrali tipiche degli esordi, o gli espedienti puramente introduttivi ancora presenti in Così è la vita, il terzo capitolo della trilogia presenta una forma finalmente fatta e finita. Permane, come unico punto vero di continuità, la presenza di Marina Massironi. I personaggi interpretati dal trio, invece, pur restando fedeli alle loro controparti artistiche, ricevono per la prima volta una corposa iniezione di realismo e umanità.

Aldo, Giovanni e Giacomo sono tre amici, molto diversi tra loro. Il tema dell’amicizia, e soprattutto quello ancor più ostico del rancore, saranno le basi del loro rapporto, oltreché dello svolgimento della trama. Al centro, come sempre, viene posta Marina Massironi. Stavolta, dopo Giacomo e Aldo, tocca a Giovanni innamorarsi della donna, con conseguenze dolorose per lo sviluppo della storia.

Aldo Giovanni e Giacomo

Dei tre lungometraggi, Chiedimi se sono felice è senza dubbio quello più complesso da analizzare a livello narrativo. L’incedere è semplice, e quasi banale nel suo insieme. Eppure, il complesso substrato di elementi psicologici ed intimi saprà legare il tutto, trasformando una quotidianità tutto sommato classica in una piccola e sfaccettata opera d’arte. L’inizio in medias res, i numerosi flashback che ci guideranno lungo l’arco della storia ed un finale maestoso e semplicemente geniale, conferiscono a questo terzo capitolo l’aura scintillante del capolavoro.

Aldo, Giovanni e Giacomo assurgono finalmente al grado di personaggi veri, tangibili, non più controparti sterili e fittizie come quelle rappresentate in precedenza. Anche la struttura, nonostante l’inevitabile avvicinamento ai canoni classici del genere, presenta trovate originali e interessanti, senza però risultare mai arrogante o eccessivamente ricercata.

Aldo Giovanni e Giacomo

Chiedimi se sono felice rappresenta ancora oggi uno standard difficilmente superabile o eguagliabile. Non a caso, eccettuato il controverso Tu la conosci Claudia?, il trio non ha più cercato di replicarne la forma, dedicandosi, con risultati piuttosto mediocri, ad un genere molto diverso di produzioni.

La nostra speranza, è che un giorno l’intensità, la semplicità e l’intimità di quest’ultimo capitolo, possano trovare posto nei lavori ormai stagnanti di Aldo, Giovanni e Giacomo, i quali, nonostante l’età, dispongono ancora del talento necessario per mettere in scena qualcosa di più sostanzioso rispetto ai Babbi Natale, o ai vecchietti smemorati di Fuga da Reuma Park. A noi non resta altro che aspettare.

Diego Scordino
Diego Scordino
Amante di tutto ciò che abbia una storia, leggo, guardo e ascolto cercando sempre qualcosa che mi ispiri. Adoro Lovecraft e Zafòn, ho passato notti insonni dietro Fringe e non riesco a smettere di guardare Matrix e Il Padrino. Non importa il genere, mi basta sentire i brividi.