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What a feeling – Donne innamorate di donne nella civile Vienna

What a feeling commedia romantica e musicale del 2024, dell’austriaco Kat Roher, prova a rasserenarci riguardo un tema più complesso di quello che umanamente ci spetterebbe di patire: la libertà sessuale.

In questo caso si parla di amore tra donne, belle, realizzate, adulte e consenzienti, ognuna però con delle situazioni familiari tali da impedire loro la completa libertà del sentimento.

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What a feeling – Trama

Fa (Proshat Madani) lavora nel laboratorio artigianale del legno di famiglia ed intrattiene relazioni amorose con moltissime delle sue clienti, che fa letteralmente impazzire sotto le coperte. Ma è figlia di un’ iraniana scappata dal paese con i suoi tre figli, un paese che alle donne omosessuali riserva trattamenti disumani, dunque non ha mai fatto coming-out.

Marie Therese (Caroline Peters) è una dottoressa innamorata del suo lavoro, con figlia adolescente al seguito, gruppo di amiche snob e finto-solidali a farle da sipario, appena lasciata dal marito in piena crisi di mezza età.

Si incontrano per caso su delle strisce pedonali fortunate e ancora per caso in un bar di donne amanti di donne dove Marie Therese va a completare la sua serata di sbornia post traumatica per lo stop al matrimonio impostole dal marito di fronte a tutti le amiche accoppiate chiamate a festeggiare il loro anniversario.

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What a Feeling

La relazione tra Fa e Marie Therese è improbabile, travolgente e appassionata. Prima si allontanano reciprocamente, poi tornano insieme, poi affiorano le reali difficoltà, ossia le rispettive confessioni alle famiglie. Fa si scontra con il fantasma timoroso della religione islamica, con repressioni conscie ed inconscie annesse; Maria Therese si scopre non così moderna e spericolata come credeva, incastrata in un confronto generazionale con la figlia che, si rivela, essere ovviamente molto più avanti e comprensiva di tanti coetanei della madre.

In mezzo amici gay, bariste mentori, fratelli melodrammatici, capi maniaci, genitori ipersaggi e qualche canzone particolarmente espressiva, dal rap in cui si rivendica la libertà di essere chi si vuole, alla classica what a feeling tratta dal cult Flashdance.

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What a feeling – Recensione

Una rom-com con istantanee di drammi familiari e pochi stralci musical, nonostante una natura musicale dichiarata in sinossi, per ribadire che nemmeno nella moderna Austria le donne sono libere di amare chi vogliono, a causa di pregiudizi ontologici connaturati al da dove si viene, sia esso un paese di tutt’altra storia e geografia o un tipo di vita borghese, mediamente aperta, difficilmente modificabile nell’intimo.

C’è un corpo di donna, non più giovanissima, messo al centro della rappresentazione, pur infiocchettata nel modo più innocuo possibile, per una questione pur sempre non del tutto scontata. La disinvoltura sessuale femminile, sempre uno scalino indietro rispetto a quella maschile, affaticata da se stessa, da chi la vuole vedere più in alto o più in basso di dove naturalmente andrebbe collocata ed esplorata.

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Centrale il corpo della donna: desiderio ed appagamento

Così una donna di cinquant’anni si ritrova a fare sesso orale con delle clienti per puro amore dell’amore e una dottoressa affermata apre il proprio corpo ad esperienze nuove e probabilmente molto più appaganti di quelle cui era precedentemente abituata.

Al di là di questi imbarazzi qui cavalcati con molta ironia e non-chalance What a feeling nel complesso disattende l’energia che pur lo pervade. Possiede una sceneggiatura semplice e tutto sommato pigra, che indugia sulla premessa e sulla presentazione dei personaggi, senza segni di allarme, rimandando il conflitto, pur pienamente intuibile, oltre mezz’ora dopo l’inizio.

Una durata di girato che poco si giustifica con la quantità e la sostanza dei fatti raccontati, prevedibili e accomodanti, nonostante le difficoltà teoricamente previste in trama.

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Sceneggiatura pigra senza segnali di allarme e conflitto

Un Don Giovanni donna, omosessuale, deve risolvere la sua costante voglia di sfuggire relazioni serie, collegata alla difficoltà di fare coming out all’interno della propria famiglia; ed una professionista, endemicamente schiava del prototipo medio borghese cui è fiera di appartenere, deve svincolarsene per riuscire ad essere altro da sé.

Due donne che devono fare pace con libertà fisiche e mentali che in qualche modo non si sono mai concesse veramente, nel profondo.

Vienna fumetto e cartolina: un set fin troppo semplificato

Coppia di caratteri interessanti in movimento in una città fumetto, capitale buona e cara, metropoli a volte da cartolina in qualche scorcio centrale, pulita, colorata, silenziosa, ordinata, non affollata  al punto da incontrare sempre le stesse persone, sempre negli stessi luoghi, che dovrebbero essere casuali e invece non lo sono.

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What a feeiling infatti è pieno di case tana, laboratori alcove, bar confessionali, ristoranti patiboli, tutto apparecchiato in modo easy ed accattivante, mai incrinato, perfetto per un prodotto da intrattenimento un po’ classico, un po’ good vibes nonostante tutto, con fotografia per nulla memorabile, complessivamente scarso nella qualità di interesse.

Intrattenimento e good-vibes con poca introspezione

Il dubbio, la difficoltà di auto-comprensione delle protagoniste non è mai vissuta o rappresentata in modo da essere un ostacolo effettivo al raggiungimento delle rispettive felicità. Dunque in che modo, entrambe, non potrebbero essere felici se quanto desiderato non si realizzasse?

In altre parole Fa può restare un giorno in più senza fare coming out con la famiglia e abbiamo la netta sensazione che niente nel suo mondo cambierebbe in modo irrimediabile. Allo stesso modo Marie Therese possiede la forza necessaria per far comprendere ed accettare il suo cambiamento di vita alla sua famiglia, se non ora, tranquillamente anche domani. Nessuna urgenza percepita.

Per cui l’assenza di un sentimento acuto del problema nelle due pur efficaci protagoniste sottrae interesse al lavoro. L’ironia è amica e nemica in questi casi, perché distanzia e attribuisce un controllo a delle situazioni che sono fuori controllo: se si accettasse di rappresentare questa assenza del “già saputo” su delle situazioni emotivamente complesse, senza rinunciare giustamente al carattere di commedia del prodotto, si vedrebbero già significativi progressi sull’efficacia del film.

What a feeling – Cast

A prescindere da questo, sicuramente la scelta delle attrici è salvifica: entrambe sono complici, divertenti e divertite nel viversi le rispettive situazioni. La Madani ha sicurezza da vendere, charme e grande presenza scenica. La sua ironia è palpabile, purtroppo in questo caso arma a doppio taglio che sega le gambe al film.

La Peters è assolutamente deliziosa nel ruolo di maldestra improvvisa amante di una donna, buffa ubriaca, specchio perfetto del piglio della commedia.

What a feeling contiene anche due brani musicali, un po’ graziosi, un po’ non necessari, un po’ marchette verso il mondo LGBT che è più moda e plageria che reale necessità.

Rimane poco di questo film, nonostante le prove interpretative, e la sensazione che non ci sia dietro un ragionamento sentito, ma un patchwork di tematiche tanto sensibili quanto generiche, che oggi bisogna dimostrare di avere a cuore così da far applaudire più persone possibili, senza preoccuparsi a cosa, realmente, si plaude. 

What a feeling – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Fa e Marie Therese si innamorano: una è figlia di una migrante iraniana e non ha mai fatto coming out con la famiglia, l'altra è una donna pienamente borghese aliena a questo genere di sensazioni appena uscita da un matrimonio in crisi. Due donne adulte appassionatamente innamorate riescono a vivere libere i propri sentimenti. Commedia sentimentale scanzonata, con inserti musicali, con al centro il corpo femminile, mai veramente libero di provare ciò che desidera, contraddittorio, comico, incapace di mentire. Sceneggiatura senza conflitto, troppo casuale, indulgente, fa perdere interesse e credibilità.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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