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The Witch: fanatismo e fallimento

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Alla sua uscita si è parlato moltissimo di The Witch (reso graficamente The VVitch) opera prima di Robert Eggers, rilasciato nelle sale nel 2015. Se ne parlò molto perché si impose come film horror profondamente diverso nella messa in scena e nelle soluzioni dalla maggior parte delle pellicole dello stesso genere. A distanza di cinque anni si può trovare ancora qualcosa da dire su questo film, su questa storia di fanatismo e riverenza verso il divino.

The Witch: fanatismo e fallimento

The Witch ha come protagonista una famiglia negli Stati Uniti del diciassettesimo secolo, in un periodo quindi ancora fortemente permeato da un timore profondo nei confronti della religiosità. Infatti i personaggi qui raccontati vivono in funzione della preghiera, della devozione e della redenzione dal peccato. Anche il secondo film di Eggers, The Lighthouse, parlava di un profondo (e folle) fanatismo, che però trovava una sua origine all’interno dell’animo umano, un’origine quindi più intima e allo stesso tempo universale, legata all’uomo e al suo tentativo di districarsi in un mondo molto spesso ostile. In The Witch, invece, è un’intera comunità ad essere avvelenata dalla follia, la quale ha un’origine esterna, propria di tradizioni e aspetti sociali ben più definiti e circostanziati.

Come suggerisce il titolo, questo film parla anche di stregoneria, di come il maligno si insedi in una comunità fino a possederla. È impressionante come Eggers sappia costruire scene, che già solo nella composizione dell’inquadratura riescono, se non a spaventare, a turbare chi guarda. Ed è ancora incredibile come, riprendendo elementi iconografici a cui tutti noi siamo abituati e che abbiamo visto trasposti ormai in tutte le declinazioni (la figura della strega), riesca comunque a spaventare, a trovare una nuova chiave, fedele alla tradizione di origine, per rendere queste figure portatrici di orrore.

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The Witch: fanatismo e fallimento

The Witch è un film d’atmosfera, in cui l’inquietudine e il perturbante sono presenti in ogni scena, nella fotografia e nelle musiche – proprio come è stato anche per The Lighthouse. La regia si sofferma sugli ambienti, su quella natura misteriosa e incomprensibile che circonda i protagonisti. La tensione è creata così dalle immagini, ancora prima che dalla storia. I personaggi vivono quella tensione sulla loro pelle, la esprimono a parole e con gli sguardi, col passare dei minuti il loro modo di porsi sulla scena riflette i traumi che il procedere della narrazione ha provocato in loro. Vanno lodate, da questo punto di vista, le interpretazioni di tutti gli attori.

Questi sono i motivi per cui The Witch fu lodato all’epoca, arrivando ad imporsi come una delle pellicole horror più apprezzate e influenti degli ultimi anni. In quest’opera però, c’è molto di più. Non è solo un film sulla stregoneria, è una storia di colpevolezza, della ricerca di un capro espiatorio all’interno di una piccola comunità. E non importa se questo capro espiatorio sia un membro della propria famiglia, quando in gioco ci sono forze superiori, quando l’unica possibilità di salvezza risiede in Dio. La figura centrale è Thomasin, la primogenita interpretata da Anya Taylor-Joy. Lei più di chiunque altro subisce quel fanatismo che domina nella comunità (sia tra i genitori che tra i figli). È quindi costretta, per salvarsi, ad allontanarsi da quelle convinzioni e quegli insegnamenti con cui è stata obbligata a crescere. Thomasin arriva ad essere un personaggio diverso da quello che conosciamo all’inizio del film. The Witch parla proprio della sua crescita, della sua emancipazione (forzata, inevitabile) dalla propria famiglia. E questa emancipazione, che va ricordato essere obbligata, corrisponde ad una discesa nell’inferno.

L’opera prima di Robert Eggers è quindi un film anche sul fallimento, il fallimento di un genitore che arriva ad anteporre la propria fede malata all’amore nei confronti della propria figlia. Si arriva al punto che questa figlia deve essere bandita, allontanata dalla comunità, pur di rientrare nelle grazie di chi sta sopra. Alla fine questa sarà la rovina per tutti, sia per i genitori che per la figlia, seppur in modo diverso, in qualche modo opposto. Thomasin (forse) troverà il modo di liberarsi da quelle catene con cui è cresciuta, ma il prezzo da pagare sarà alto, forse più alto di quello pagato dal resto della sua famiglia.

Coerentemente con una direzione artistica ben precisa, Eggers ha ripreso tematiche presenti in questo film nella sua opera seconda. I due finali si rivelano tematicamente e narrativamente speculari ed entrambi sono preceduti da un primo piano del personaggio protagonista (Anya Taylor-Joy in The Witch, Robert Pattinson in The Lighthouse) al culmine del suo percorso. Sappiamo che ora Eggers sta lavorando al suo terzo film, The Northman, che con gli altri due dovrebbe arrivare a comporre un’ideale trilogia. Sarà interessante vedere come proseguirà il percorso di questo giovane regista.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

The Witch di Robert Eggers è un film che spaventa e inquieta a partire dalle immagini, ancor prima che dalla scrittura. Questo film sulla stregoneria racconta della discesa (o salita) di una comunità verso la follia, nel modo più originale ed efficace possibile.
Redazione
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