The Other Side, un film che non riesce a distinguersi
L’estate è arrivata già da un po’ e con essa i film horror che allietano -si fa per dire- queste giornate afose. Siamo solo all’inizio della stagione, eppure qualche titolo si è già ritagliato un po’ di spazio nelle nostre sale. Questo è il caso di The Other Side, uscito il 9 giugno per BIM Distribuzione. Horror svedese diretto da Tord Danielsson e Oskar Mellander, ha una componente drammatica piuttosto forte a livello emotivo, eppure non basta questo per poterlo distinguere dai suoi simili. Sì, perché principalmente The Other Side appartiene a quel sottogenere di horror ambientato in una casa infestata dove la minaccia deriva da una presenza misteriosa. La famiglia protagonista si ritroverà a dover sopravvivere ad ogni costo. Sa già di visto e rivisto, infatti quando si compie la scelta di rimaneggiare materiale così tanto abusato bisogna dargli una forte impronta personale così da renderlo quantomeno riconoscibile. The Other Side, purtroppo, pecca su questo fronte, perché i suoi creatori hanno osato poco e così ci troviamo di fronte all’ennesimo horror da vedere e accantonare quanto prima.
La trama di The Other Side
Fredik e Shrin, una giovane coppia, si trasferisce in una nuova casa insieme a Lucas, figlio di Fredik. La casa è una villetta bifamiliare, posta accanto ad un’altra disabitata e malmessa. Lucas ha da poco perso la mamma a causa di una malattia e nei confronti di Shrin ha un atteggiamento ambivalente, mentre il padre è sempre amorevole con lui. Spesso l’uomo si ritrova a dover lavorare lontano da casa e Shrin e Lucas passano molto tempo da soli. Il bambino in un momento di gioco afferma di avere un amico della sua età dall’altra parte della casa, ma ricordiamoci un piccolo particolare: quella casa è disabitata da anni. Iniziano così a manifestarsi i primi segnali di una presenza misteriosa nella loro casa che porterà Shrin a dover combattere per salvare la sua nuova famiglia.
Sempre i soliti cliché…
The Other Side, come già accennato, è un horror che al genere non porta nulla di nuovo. Chiaro che non tutti sono Ari Aster o Robert Eggers, ma dal Nord Europa non ci si aspetta un tale appiattamento, una così mansueta sottomissione ai cliché del genere. Il film dimostra di non avere sufficiente forza narrativa o coraggio per portare a casa un risultato dignitoso. Il problema principale è l’aver deciso di rimaneggiare l’argomento della casa infestata in maniera superficiale. Ricalca abbastanza fedelmente le varie tappe che si susseguono da decenni ovvero il trasferimento in una nuova casa, la presenza infestante, il bambino come primo personaggio a cui lo spirito si manifesta e molti altri. Spaventa? Potrebbe, alcune scene sono ben orchestrate con la giusta regia e atmosfera, ma nel complesso la componente horror deficita parecchio. E’ apprezzabile, tra tutte queste mancanze, l’aver voluto richiamare la freddezza della terra da cui proviene attraverso i colori degli ambienti. Raggelano, non sono i soliti colori con cui abbiamo a che fare quando si tratta di una casa infestata. L’impressione generale comunque resta quella che avrebbe potuto osare decisamente di più.
Il dramma familiare
The Other Side, dicevamo sopra, non è un semplice horror, perché tra gli snodi della trama vi è una componente emotiva e drammatica piuttosto intensa di cui vale la pena parlare. Fondamentale ai fini dello svolgimento narrativo è il rapporto tra i componenti della famiglia e in particolare tra Shrin e Lucas. Il piccolo ha perso da poco la mamma e vede Shrin come una possibile nuova figura materna, ma ha paura di perdere anche lei. La donna, d’altro canto, si impegna per far sì che la sua presenza sia concreta per Lucas, ma senza affrettare i tempi del bambino. Il rapporto madre-figlio non è una novità nel genere horror e innumerevoli sono gli esempi: The Ring, Case 39, Babadook e tantissimi altri hanno trattato questo topos narrativo. Il fatto che Shrin e Lucas non abbiano un legame biologico e quindi non vi è nessuna forzatura rende le scene tra i due ancora più intense e drammatiche. Il finale riguarda principalmente loro due e suggellerà per sempre il loro rapporto così da vivere una tranquilla vita familiare.
Derivativo, forse un po’ troppo…
Tante, troppe sono le scene e le situazioni che ricordano altri film. Tutto quello fino ad ora scritto siamo sicuri vi abbia rimandato ad altri capisaldi del genere. The Other Side purtroppo non ha avuto coraggio, preferendo rifugiarsi in qualcosa di sicuro che al pubblico sarebbe piaciuto, perché già provato e riprovato. Qui scatta una riflessione: il genere horror per molti non ha più nulla da dire e capiamo che sia difficile emergere dalla massa, ma molti ci riescono quindi perché non provare ad andare oltre i classici stereotipi e cliché? Sicuramente il provarci è più apprezzabile che restare nella comfort-zone. Confidiamo che la prossima opera dei due registi svedesi sia di gran lunga migliore di questa.