Presentato in concorso al decimo festival di Cannes e uscito nelle sale cinematografiche statunitensi il 13 febbraio del 1957, Cenerentola a Parigi (titolo originale Funny Face) è un film musicale diretto dal regista statunitense Stanley Donen. La nota attrice icona del cinema Hollywoodiano degli anni 50-60 Audrey Hepburn interpreta la protagonista Jo Stockton; l’attore e ballerino Fred Astaire l’affianca nei panni del fotografo Dick Avery. La pellicola ottenne quattro candidature alla cerimonia degli Oscar del 1958, per miglior sceneggiatura originale, miglior fotografia, miglior scenografia e miglior costumi, non aggiudicandosi sfortunatamente nessuna statuetta.
Cenerentola a Parigi: trama
La rivista di moda Quality, guidata dalla direttrice Maggie Prescott, cerca continuamente di innovarsi; per dare l’idea di un tipo di donna affascinante ed intelligente, si sceglie come location per le foto una piccola libreria di New York. Qui lavora Jo Stockton, una giovane bella, anche se trascurata, e molto acculturata; viene immediatamente notata dal fotografo della rivista Dick che la propone come nuova donna Quality. Dopo molte resistenze e titubanze, Jo accetta di diventare il volto della nuova collezione di un noto stilista francese. Parte per Parigi con Dick e Maggie, e qui scoprirà un nuovo lato di sé stessa.
Cenerentola a Parigi: recensione
Cenerentola a Parigi brilla per i suoi particolari: partendo dalle canzoni, si tratta di brani più lenti che tendono più ad uno stile classico, differente rispetto ai musical più recenti come mamma mia; tra queste si ricorda soprattutto Funny Face, canzone che segue tutto il corso del film della scena di apertura alla fine, cantata dal protagonista maschile Dick Avery. Il brano era stato originariamente scritto e composto per il musical Funny Face nel 1927.
Altro elemento focale della pellicola sono i costumi: essendo la trama incentrata proprio sulla moda e lo stile, si è avuto per essi un particolare riguardo. Gli abiti indossati da Jo a Parigi sono opera di uno dei pilastri della moda francese, ovvero Hurbert de Givenchy, fondatore dell’omonimo brand. Lo stilista, infatti, deve molta della propria fama proprio per essere divenuto stilista e costumista della Hepburn in diversi suoi film, quali anche Sabrina, Colazione da Tiffany e vacanze romane.
Un altro elemento che rende Cenerentola a Parigi così piacevole da seguire è proprio la bravura degli attori. Qui non ci si limita ad una semplice performance interpretativa, ma alla recitazione si uniscono armoniosamente il canto e la danza. Nel caso di Fred Astaire, si tratta di una bravura già nota al pubblico, essendo già egli all’apice della propria carriera all’uscita del film. Può sorprendere, anzi, la destrezza dell’attore nella danza ed il suo fascino considerando che nel 1957 avesse 58 anni. Più sorprendente può risultare, invece, la performance della Hepburn, la quale si dimostra essere una stella del cinema a tutto tondo. Ciò nonostante, alcune scene di canto e ballo potrebbero risultare troppo lunghe e persistenti, tali da perdere un po’ di quello splendore che fa emozionare il pubblico.
Da un punto di vista più tecnico, si può notare anche l’utilizzo dello split screen durante la canzone Bonjour, Paris! , quando i tre arrivano a Parigi.
Nel cast ritroviamo anche Kay Thomson nei panni di Maggie Prescott ed il francese Michel Auclair nel ruolo del professor Flostre.
Una nuova figura di donna
“- Jo: Perde tutto il suo tempo a fotografare stupidi abiti addosso a stupide donne.
– Dick: Lo sa? Quasi tutti pensano che siano begli abiti su belle donne…
– Jo: Al massimo sono bellezze sintetiche… Gli alberi sono belli: perché non fotografa gli alberi?”
In Cenerentola a Parigi si contrappongono due figure di donna: da una parte si hanno le modelle, belle ma così poco intelligenti da sembrare quasi caricature, come Marion. Dall’altro lato invece Jo, all’inizio del film, rappresenta la figura di donna sveglia, acculturata ed appassionata di filosofia, la quale però non si preoccupa del proprio aspetto e ripudia la moda. Si tratta in entrambi i casi di figure estreme, agli antipodi, ma non è detto che bellezza e intelligenza non possano coesistere in una stessa persona. Ciò è proprio rappresentato dall’evoluzione della protagonista, la quale pian piano riesce ad apprezzare lo stile e l’eleganza, senza reprimere qualsiasi possibilità di brillare anche esteticamente. Questa è una tematica ancora attuale: spesso molte donne in posizioni di potere finiscono per preferire uno stile poco femminile per evitare di essere in qualche modo giudicate e sminuite per il proprio aspetto. Ma così non deve più essere: una donna non deve dover scegliere tra sentirsi bella ed essere tenuta pienamente in considerazione per le proprie opinioni. Citando una frase della parlamentare dem americana Alexandra Ocasio-Cortez: “Le mie mentori hanno subito una forte pressione per minimizzare la loro femminilità per farcela. Io non ho intenzione di farlo. Questo toglierebbe il mio potere. Non ho intenzione di compromettere ciò che sono”.