The Northman è il nuovo film di Robert Eggers, giovane regista statunitense che ha conquistato la critica e il pubblico con il suo primo film nel 2015, The Witch. Nel 2020 la sua opera seconda, The Lighthouse, ha confermato il talento di questo autore, senza dubbio uno dei giovani registi più promettenti del cinema contemporaneo.
The Northman: trama
Il giovane Amleth, figlio di un re islandese, assiste impotente all’uccisione del padre da parte dello zio. Passano gli anni e Amleth decide di affrontare il passato, per fare ciò che il destino ha deciso per lui: vendicare suo padre. Quando, però, cercherà di tirarsi indietro scoprirà che nessuno può sfuggire al proprio destino.
The Northman: recensione e analisi
I primi due film di Robert Eggers, The Witch e The Lighthouse, erano due film piccoli, che si erano fatti conoscere poco a poco per poi conquistare critica e pubblico per la loro forza e originalità. Erano due horror molto diversi dal cinema horror mainstream, in cui il soprannaturale era in realtà un modo per parlare del fanatismo religioso e del rapporto tra l’uomo e il divino.
The Northman è un film completamente diverso, nonostante parli degli stessi temi. La prima opera da alto budget di Eggers è un’epopea epica, che copre tanti anni e che per la prima volta espande notevolmente i confini narrativi.
Non è un horror, ma un racconto tragico che si rifà esplicitamente alla figura di Amleto. Eggers ha scritto il film insieme a Sjón, scrittore islandese il quale ha co-scritto anche la sceneggiatura dell’insolito Lamb di Valdimar Jóhannsson.
Come nei suoi precedenti lungometraggi, Eggers lavora combinando il folklore, le tradizioni popolari e grandi testi letterari. Come per The Lighthouse, in questo film ci sono richiami al cinema di Ingmar Bergman, in particolare a Il settimo sigillo e a La fontana della vergine, sia per la resa dei paesaggi e dell’immagine, ma anche per il legame che si crea tra religione, violenza e vendetta.
Questa volta è l’Islanda del X secolo l’ambientazione del racconto, un contesto storico violento, feroce e assoggettato alla religione. Anche qui, come nei precedenti film di Eggers, il divino muove ogni cosa, è la ragion d’essere delle persone e Eggers mette in scena questo elemento con alcune sequenze che sfociano nell’onirico e nel fantastico.
Ancora una volta, attraverso la messa in scena delle credenze e delle superstizioni di una società, Eggers riesce a far entrare completamente lo spettatore nel mondo rappresentato.
L’incredibile messinscena
Ancora una volta, attraverso la messa in scena delle credenze e delle superstizioni di una società, Eggers riesce a far entrare completamente lo spettatore nel mondo rappresentato.
Merito di questa immersione nel film è anche di tutto il reparto artistico di scenografia, costumi e trucco, nonché delle ottime interpretazioni degli attori. Eggers si circonda anche di un cast di prim’ordine, guidato da Alexander Skarsgård nel ruolo del protagonista, e insieme a lui Anya Taylor-Joy, Nicole Kidman, Claes Bang, Willem Dafoe, e Ethan Hawke.
Eggers si dimostra ancora una volta un regista con un grande senso dell’inquadratura, intesa come dimensione attraverso cui il film esiste. C’è una ricerca della spettacolarità che non è mai fine a se stessa, ma che ha il compito di coinvolgere chi guarda, di catturarlo e calarlo all’interno del film.
Emblematiche sono le numerose battaglie che animano il film, rappresentate con pochissimi tagli e in cui decine di personaggi si muovono e combattono senza che si perda mai la chiarezza di quanto accade. Il modo in cui la pellicola si apre annuncia da subito la potenza di un film che non si ferma mai, dove le scene sono sempre accompagnate da una musica profonda, avvolgente, quasi assordante. Si tratta anche qui del modo attraverso cui Eggers esprime la potenza del divino, in un’epoca in cui anche le manifestazioni di forza della natura erano interpretate come segnali dall’alto.
E se nei due film precedenti non aveva avuto modo di dimostrarlo, qui Eggers si rivela estremamente abile a gestire complesse scene d’azione. I numerosi scontri che si susseguono nel film sono stati girati con una sola macchina da presa e in piano sequenza, scelte registiche che hanno creato alcune difficoltà, ma che hanno reso questi momenti di tensione ancora più coinvolgenti e realistici.
Un mondo dominato dal destino
Impossibile non rimanere affascinati difronte a sequenze d’azione come queste, in un film che poi per gran parte del tempo si ferma, diventa quasi un thriller dal sapore tragico, in cui alcune aspettative vengono sovvertite e altre confermate.
Quello che The Northman riesce meglio a fare è esprimere l’idea di un mondo dominato dal destino, in cui il libero arbitrio sembra non esistere. È un mondo violento e da questo punto di vista Eggers non si risparmia.
Se nei due film precedenti la violenza era quasi inesistente, qui il sangue sgorga a fiumi e non mancano scene intense, che comunque non sono fini a se stessi, bensì funzionali alla storia e alla creazione del mondo pensato da Eggers.
Va detto che la macchina da presa non indugia mai eccessivamente sulla violenza, a differenza di quanto invece faccia sui momenti onirici, molto frequenti e che spesso e volentieri si mescolano alla realtà, come nella magnifica sequenza di combattimento finale.
The Northman: la conferma di un enorme talento
Con The Northman quindi Eggers conferma definitivamente il proprio talento e completa un’ideale trilogia che parla dei nostri antenati, del loro rapporto con la religione e, più in generale, del rapporto universale tra l’uomo e il divino.
In The Witch il divino era qualcosa da rispettare e allo stesso tempo di cui avere paura, in The Lighthouse era qualcosa di sconosciuto ma anche attraente. Qui, infine, è il destino che regola ogni vita umana, da cui non si può scappare.
Amleth proverà a sfuggire al cammino che è stato tracciato per lui, proverà a lasciare l’Islanda con la donna di cui si è innamorato, ma alla fine, per salvare la propria famiglia, dovrà tornare indietro e fare ciò che gli è stato profetizzato tanti anni prima. E trovare così la morte.
Ecco che la profezia si (auto)avvera ed ecco che ancora una volta il cinema di Robert Eggers ci mostra fin dove possano spingersi le conseguenze della fede cieca.