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The Innocents (1961), il capolavoro di Jack Clayton

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Il 24 novembre 1961 debutta in Gran Bretagna The Innocents film con cui Jack Clayton abbandona il realismo, che due anni prima aveva contraddistinto la sua opera prima, La strada dei quartieri alti (1959), a favore di tonalità più gotiche e orrorifiche. Presentato in concorso per la Palma d’Oro all’edizione di Cannes del 1962, The Innocents, nella versione italiana Suspense, non solo fu un grande successo, ma diede ragione alle intuizioni di coloro che in Clayton videro una promessa registica già al suo debutto.

The Innocents: la trama

Sceneggiato da William Archibald e Truman Capote, The Innocents, si basa sul racconto Il giro di vite dello scrittore americano Henry James.

The Innocents

La storia si svolge a Bly, un’enorme magione nella campagna inglese, dove Miss Giddens (Deborah Kerr) è stata assunta per accudire i due nipoti del ricco proprietario (Michael Redgrave): Flora (Pamela Franklin) e Miles (Martin Stephens). Con il passare delle giornate Miss Giddens viene assalita da minacciose apparizioni e comincia a nutrire dei sospetti per l’atteggiamento dei bambini. L’istinto porta l’istitutrice a voler indagare su quanto sta accadendo. Nulla è come sembra e la spiegazione, forse, risiede proprio nel recente passato della villa.

Un’inquietudine fondata sull’ambiguità

Nella sceneggiatura iniziale di William Archibald i fenomeni soprannaturali vissuti in prima persona da Miss Giddens venivano legittimati come tali. Fu proprio questo punto di vista a non convincere del tutto Jack Clayton. Il regista era alla ricerca di qualcosa che potesse potenziare ulteriormente l’ambiguità del racconto di Henry James.

Per riuscirci, si servì dell’abile penna dell’amico Truman Capote, al tempo impegnato nella stesura di A Sangue Freddo, che rimodellò il lavoro di Archibald attraverso una chiave di lettura più psicologica e psicoanalitica. Il proposito di Jack Clayton si concretizzò e The Innocents si colora così anche di un simbolismo freudiano che apre le porte a una molteplicità di interpretazioni.

The Innocents

Visivamente il medium legittima la presenza di fantasmi, sono mostrati, la loro presenza non è nascosta allo spettatore. Tuttavia, il fatto che solo Miss Giddens sia in grado di vederli, rende plausibile il loro poter essere proiezione inconscia della repressione sessuale dell’istitutrice.

I volti, i dialoghi, le azioni, sono strutturati con chirurgica attenzione al dettaglio. Mappano una serie di percorsi alternativi parimenti giustificabili e per questo l’uno con l’altro costantemente conflittuali.

Ogni conclusione a cui si giunge non ammette l’altra e in tale modo si fa opinabile e quindi vaga, alimentando l’inquietudine.

La critica al perbenismo

A differenza dell’approccio realista adottato per La strada dei quartieri, che aveva accostato il suo nome a quelli del free cinema, in questo film Clayton approfitta della libertà che ha sempre caratterizzato il cinema, se così si può definire, di genere. Le splendide atmosfere di Bly Manor ergono The Innocents a teatro gotico di una lucida messa alla gogna del perbenismo anglosassone.

Sotto il tetro velo del paranormale, del mistero, si annida la decostruzione del moralismo più ipocrita. Una presa di posizione che fa a brandelli il semplicismo dicotomico bene-male e tutti i pregiudizi che ne derivano.

Una vera e propria critica che, in parte, deve la propria riuscita a un reparto tecnico completamente al servizio della pellicola.

Il direttore della fotografia Freddie Francis coglie a pieno le necessità che la messa in scena richiede. Le immagini che si susseguono sono d’indubbia bellezze, ma anche piene di significato.  L’utilizzo esemplare del bianco e nero va oltre il mero estetismo e contribuisce a focalizzare visivamente l’impossibilità che vi sia sempre una netta separazione tra i due colori.

L’utopico dualismo viene così a perdersi nella torbida opacità della nebbia, nella sovrapposizione di oggetti vivi e inanimati attraverso delle dissolvenze incrociate, nella fioca illuminazione di una candela, nella visione di un nero insetto che esce dalla candida bocca di una statua, nelle sfumature dei grigi.

La musica di Georges Auric, unita a un uso pioneristico di suoni elettronici sintetizzati a opera della non accreditata Daphne Oram, non è da meno. Regala all’ambiente un’aura ancora più sinistra e decadente. Deturpa la quiete di chi siede dall’altra parte con il ripetersi dell’inquietante motivo “O Willow Waly” a volte eseguito da un carillon, altre dalla voce dei bambini.

Tutto al fine di una metafora-morale visiva e sonora straordinaria.

Deborah Kerr nella sua più grande interpretazione

Basta qualche minuto, uno sfondo nero pece, due mani in preghiera, e un volto sofferente per presagire l’arrivo della più grande interpretazione di Deborah Kerr.

Poche attrici sono riuscite a incarnare così alla perfezione eleganza e terrore, controllo e angoscia.

L’ambiguità di Miss Giddens vive e diventa palpabile nell’interpretazione della Kerr.

The Innocents

La sua purezza e la sua sessuofobia vacillano fin da subito. Lo si vede quando involontariamente fa cascare i petali di alcune rose bianche, per poi sostituirle. Lo si percepisce ancora di più quando gli stessi fiori le cadono di mano durante un’apparizione. I suoi freni vengono sempre meno, fino a sfociare in un maniacale bisogno di aggiustare, di redimere gli altri. Alla fine lo spettatore non sa più se sta assistendo a delle allucinazioni. Quel che è certo, è che la psicosi prende il sopravvento e si nutre della protagonista. Miss Giddens rifiuta ogni forma di “immoralità”, ma finisce per lasciarsi andare a uno dei baci più belli e disturbanti della storia del cinema.

Rendere un personaggio così dinamicamente frammentato è estremamente complesso, ma Deborah Kerr lo accoglie con tutta la sua esperienza. The Innocents deve molto a questa attrice, che nella sua carriera aveva già ottenuto il plauso della critica per film come Il re ed io (1956) di Walter Lang o L’anima e la carne (1957) di John Huston, ma che dona a Clayton la sua prova migliore.

The Innocents: un’influenza incalcolabile

Conoscere una parte del cinema del passato è fondamentale per comprendere il cinema del presente.

E se c’è un film che va recuperato, in particolare dagli amanti dell’horror è proprio The Innocents.

L’influenza che ha avuto sul cinema a venire è incalcolabile. Prima di tutto ci sono le opere cinematografiche che si sono espressamente ispirate al capolavoro di Clayton. Prime fra tutte The Others (2001) di Alejandro Amenábar con Nicole Kidman. Più recentemente perfino Mike Flanagan ha citato The Innocents tra le proprie ispirazioni per la splendida serie The Haunting of Bly Manor, anch’essa un riadattamento del racconto di Henry James.

Ma queste sono solo alcune delle numerose opere che devono qualcosa a questo prezioso gioiello cinematografico.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

The Innocents fa dell'ambiguità il concetto su cui fondare tutta la sua inquietudine. Un film horror-gotico, profondo e visivamente splendido. La più grande interpretazione di Deborah Kerr.
Riccardo Brunello
Riccardo Brunello
Il cinema mi appassiona fin da quando ero un ragazzino. Un amore così forte che mi ha portato ad approfondire sempre di più la settima arte e il mondo che la circonda. Ho un debole per i film d’autore e per il cinema orientale, ma, allo stesso tempo, non riesco a fare a meno di un multisala, un secchio di popcorn, una bibita fresca e un bel blockbuster.

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