Non è il miglior titolo del mondo quello toccato per sorte o impaccio di traduzione a questo Relative Worlds (titolo orginale), pastiche fantascientifico di recentissima fattura ovviamente giapponese, nato dall’animazione goniometrica di Yuhei Sakuragi, a sua volta già responsabile della computer grafica di quel Kemushi no boro, primo cortometraggio del maestro Hayao Miyazaki entrato di diritto negli annali storici della sua leggendaria produzione poiché prima opera interamente realizzata con questa tecnica.
A ciò si aggiunga che il regista in questione è anche stato il direttore di Neon Genesis Impacts, uno dei numerosi corti dedicati al culto della saga principe del genere, iniziata dall’ormai famosissimo Neon Genesis Evangelion, dominatore assoluto di un certo immaginario dagli anni Novanta in poi, creatore di epigoni, copie, spin off, riscritture, sequel, prequel, fanfiction di ogni tipo.
Perciò nessuna meraviglia se questo suo recente lungometraggio cerchi di sposare insieme filosofia esistenzialista e fantascienza immaginifica secondo un’ estetica rigorosa ed affascinante, che ci sembra domestica ed in qualche modo già vista, ma non stanca; il problema semmai è la mancanza di un carattere definito nello sviluppo della sceneggiatura, a tratti carente, a tratti didascalica, probabilmente persa in un dettaglio non necessario o in un’ eccessiva strutturazione a monte dei passaggi di svolta, che per questo motivo risultano bruschi ed indicizzati, fuor di grazia narrativa o di coupe de theatre.
Sicuramente non giova nemmeno qualche rigidità e disfonia dialogistiche, riscontrabili almeno ad un primo ascolto, nella traduzione testuale: essa impatta la spontanea seguibilità della storia rendendone l’effetto complessivo a volte più distraente del necessario, con danno progressivo di empatia rispetto alle vicende raccontate.
Queste ultime di per sé hanno basi preliminari assolutamente interessanti: non poi così lontano dai nostri giorni gli scienziati hanno portato avanti in modo sistemico ed organizzato una serie di studi sul trasferimento di materia, in altre parole sul teletrasporto.
Le continue sperimentazioni hanno causato una distorsione spazio temporale che ha scisso il Giappone, creando accanto allo stato contemporaneo che conosciamo, un altro Giappone, non democratico ma oligarchico, un principato cupo e liberticida, affidato alla guida dispotica e violenta di un manipolo di misteriosi dignitari che ne dominano scopi ed obiettivi tramite il controllo esercitato su Kotoko, la principessa reggente.
Questo mondo parallelo e malvagio ha in programma di distruggere ed asservire il suo mondo gemello; per farlo usa ed abusa delle doppie vite legate, ossia della condizione per cui ad ogni abitante di un Giappone corrisponde la sua copia identica nell’altro Giappone: se uno dei due muore, anche l’altro segue la stessa sorte. Risultato è che nella Tokyo di oggi, al principio della nostra storia, è in atto un’epidemia definita di morti improvvise, che altro non sono che stragi di stato programmate dalla Tokyo malvagia.
La famiglia di Shin, schivo e leale studente al terzo anno delle superiori, ne è stata tutta travolta: prima la madre quando il giovane era piccolo, ultimamente il padre da sempre assente da casa impegnato in non specificate ricerche per la propria ditta di lavoro. Accanto a lui resta solo Kotori, la sua cara amica d’infanzia di cui è segretamente innamorato. La ragazza nutre per lui gli stessi sentimenti, ma non riesce, in perfetto stile giapponese, a confessarsi.
L’arrivo di Jin copia di Shin dalla dimensione parallela precipita le cose, accelerando i tempi e la gravità della situazione: egli infatti, ignorando la longa manus dei dignitari, vuole vendicarsi del governo di terrore e sangue con cui la principessa Kotoko ha mietuto molte vittime innocenti tra i suoi concittadini ed è deciso ad ucciderla. Per farlo vuole la morte della sua gemella che vive nell’altro Giappone, che altri non è che Kotori. A Shin tocca la difesa del suo amore, della sua città, forse del mondo, sicuramente del proprio futuro.
Dunque un buono spunto, articolato e svincolato al punto giusto capace di incuriosire ed intrecciare più piani e diversa caratura di dramma insieme; di questa allure risente la prima parte, probabilmente la più interessante. Poi una prima battuta d’arresto la subiamo con la spiegazione ex-voice over proprio dell’antefatto, di cui evidentemente per complessità e ridotto spazio di sviluppo temporale, non si offre l’evento, ma solo il racconto.
Poi ancora, invece che puntare su una semplificazione, si aggiungono vari conflitti speculari, i quali appaiono più come materiale da battaglia per giustificare la parte action, i duelli tipici degli anime orientali, gli scontri epici tanto magnificamente quanto inverosimilmente orchestrati, meno come humus per conoscere i vari personaggi, la cui centralità si alterna a seconda del momento narrato e che rimangono piuttosto stereotipati ed in superficie. Lo stesso Shin, le cui composte disgrazie dovrebbero appassionarci, resta più manovrato che agito intimamente e non convince mai del tutto nella sua umanità da manuale, di fatto impersonale.
Forse il progetto iniziale era sufficientemente corposo da necessitare un trattamento più ampio, non relegato a poco più di novanta minuti; probabilmente una serie a puntate o un’antologia di film sul pezzo, che avrebbero dato alla notevole premessa iniziale il giusto respiro e la necessaria tempistica di disvelamento.
Nel suo precipitato di azioni, tra timori, morti improvvise, morti eccessive, scontri dal nulla, scontri troppo annunciati, deviazioni, depressioni, conversioni, riparazioni che hanno del magico più che dello scientifico, ampie citazioni ex-Evangelion, sembra di assistere a tutto e al suo contrario, per puro gusto di terrorizzare e riavvolgere il nastro come se niente fosse poi successo.
Certo è sempre il Giappone che non digerisce il conflitto nucleare quello narrato, con tanto di fungo atomico sprigionato nell’aria tra un’ostilità e l’altra; e c’è sempre l’animo di un gentile cavaliere che deve diventare uomo dietro la scelta affidata interamente a Shin di scendere in campo, ma non si esula dal già visto ed articolato, altrove e meglio.
Punto di forza la colonna sonora scritta e musicata dalla giovane pop star Aimyon, qui al suo debutto, che spezza la monotonia con la propria freschezza e modernità in contrasto con la natura dei momenti in cui si palesa: risultato ne è la sdrammatizzazione della classica tensione amorosa tra due incerti adolescenti nipponici, resa giocoso companatico accessibile a tutti.
Inattaccabile il comparto tecnico che fornisce il mondo buono di una luce consolatrice e struggente ed il suo speculare marcio di un fumo grigio, quasi incolore; mentre le sagome tratteggiate sono eleganti e perfette, in ogni particolare, inquadrate in strani grandangoli che sembrano presagio di qualcosa o indicatori di attenzione.
Tra vedute aeree precise, quasi geometriche e profili raccolti, ogni movimento agita fluidità ed una dolcezza sovraumana anche laddove si è in pieno conflitto, dimostrando una maestria e un gusto non convenzionale per l’animazione che riconfermano Yuhei Sakuragi, maestro nel campo: non a caso il film è rientrato nella selezione ufficiale del Festival Internazionale di Animazione di Annecy del 2019.