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La fantastica Signora Maisel

Durante la premiazione come miglior regista dell’anno per C’era una volta… a Hollywood in occasione del Palm Springs Film Festival, Greta Gerwig ha fatto commuovere Quentin Tarantino con un discorso che coglie l’essenza del suo cinema più recente:

«Quentin Tarantino realizza film come se questi potessero salvare il mondo. I film possono uccidere Hitler, liberare gli schiavi, e dare a Sharon Tate ancora un’altra estate…»

E se sicuramente è vero per Tarantino, una intenzione simile si può cogliere anche nella positività della serie Prime Video La fantastica Signora Maisel (The Marvelous Mrs Maisel) che segue la vita della fittizia comica Midge Maisel durante il passaggio tra gli anni ’50 e gli anni ’60. E se, al contrario del cinema di Tarantino, la serie in costume non altera la linea temporale per dare una alternativa speranzosa a eventi tragici, sicuramente però amplifica le dinamiche positive che stavano solo germogliando in quegli anni, proiettando su quel tempo storico una sensibilità moderna e quindi antirazzista, antisessista e antiomofoba.

la fantastica signora Maisel

Creata da Amy Sherman-Palladino, la creatrice anche dell’iconico Una mamma per amica (Gilmore Girls), la serie sembra il terreno adatto allo stile botta-e-risposta che caratterizza l’autrice losangelina. Infatti, il serrato stile di dialogo e le battute a mitraglietta funzionano splendidamente in bocca alla comica in erba Midge, e i momenti più belli di ogni puntata sono appunto quelli delle esibizioni di stand-up.

Siamo nel 1958, e Midge Maisel (Rachel Brosnahan) è una scoppiettante casalinga dell’Upper West Side di Manhattan. È sposata con Joel (Micheal Zegen), ha una bella casa spaziosa, due figli e una lingua affilata come una lama di coltello. È sempre impeccabile in tutto, dai vestiti, alla forma fisica, alle relazioni sociali. Insomma, ha la vita in palmo di mano, finchè Joel non la lascia per la segretaria con cui la tradisce da mesi. Midge si vede crollare il mondo addosso e, ubriaca e sfatta, quella sera si presenta al Gaslight, un pub in cui Joel fa ogni tanto degli spettacoli di stand-up, e conquista la platea con un torrenziale quanto caustico sfogo sulla sua vita andata in pezzi. Quella sera viene arrestata per oscenità, ma la barista Susie (Alex Bornstein) nota un suo potenziale come stand-up comedian e si propone di farle da manager.

la fantastica signora Maisel

La fantastica signora Maisel è una serie che segue la progressiva emancipazione femminile dagli anni ’50 agli ’60 senza denigrare né un’epoca né l’altra. Infatti, Midge, nella sua strada verso l’indipendenza e la fama, non rinnega mai le sue origini, i suoi gusti o il suo stile di vita. Anzi, tutta la serie è incentrata sull’equilibrio tra l’uno e l’altro aspetto della vita di una donna. Da una parte quindi la famiglia, la femminilità e la rispettabilità, soprattutto nella seconda stagione, in cui Midge non vuole rinunciare alle vacanze ai Catskills, dove va da una vita ma dove ormai tutti sparlano della sua separazione dal marito. Dall’altra però la libertà di parola e di espressione, e la libertà anche di costumi, dal sesso alle frequentazioni, in primis Susie, che veste in modo per l’epoca sconvenientemente maschile e viene sistematicamente scambiata per un uomo.

La fantastica Signora Maisel

Questa compresenza di due anime opposte in un’unica persona porta all’allargamento di prospettive di tutte i famigliari di Midge. E quindi soprattutto i genitori Rose (Marin Hinckle) e Abe (Tony Shalhoub, famoso per il telefilm Detective Monk), che passano da una situazione di tranquillità economica e lavorativa a mettere in discussione quegli stessi valori a cui si sono affidati tutta la vita, valori che non condividono più. La loro parabola è infatti interessante: come vittime di una seconda adolescenza Rose e Abe sono costretti a rinunciare alla loro stabilità e sono catapultati nel mondo reale, in cui devono capire cosa vogliono e come fare a procurarselo senza aiuti esterni. Sbandati e senza strada, preferiscono aderire a dei nuovi valori di giustizia e libertà piuttosto che rimanere ciechi nell’agio. Questa parabola presenta infatti il culmine nella terza stagione, in cui ricorre il motto “it’s the sixties, man”, che esemplifica un’epoca di cambiamento, di apertura, e soprattutto di ideologie.

Ideologie che vengono però presentate con le loro idiosincrasie e incoerenze e che quindi vengono costantemente alleggerite dall’ironia e da una gioiosa ma disincantata nostalgia degli anni ’50. Infatti, tutto nella serie è storicamente accurato, dai vestiti ai modi di dire a soprattutto alcune figure storiche, come per esempio l’antifemminista Phyllis Schlafly (che sarà interpretata da Cate Blanchett nella prossima serie Hulu Mrs America) o la comica Moms Mabley, interpretata qui dalla comica Wanda Sykes.

La serie, arrivata alla sua terza stagione, è co-prodotta e distribuita da Amazon, ed è stata già rinnovata per una quarta grazie al suo incredibile successo, sicuramente amplificato dalla bella performance della sua protagonista, Rachel Brosnahan, che ha vinto un Emmy e due Golden Globe per questo ruolo. Azzeccato però l’intero cast, in particolare Tony Schalhoub nella parte del padre professore avulso dal mondo, Alex Bornstein nella parte della manager Susie, e Jane Lynch nel ruolo della insopportabile e ipocrita comica Sophie Lennon.

Voto Autore: [usr 3,0]

Marianna Cortese
Marianna Cortese
Attualmente laureanda in Lettere Moderne, ho sempre avuto un appetito eclettico nei confronti del cinema, fin da quando da bambina divoravo il Dizionario del Mereghetti. Da allora ho voluto combinare cinema e scrittura nei modi più diversi e ho trangugiato di tutto: da Kim Ki-Duk a Noah Baumbach, da Pedro Almodovar a Alberto Lattuada. E non sono ancora sazia.

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