Vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes 2009, Il profeta è un notevole thriller carcerario diretto dal regista Jacques Audiard. Il film, oltre al premio di Cannes, ha vinto anche il Bafta come miglior film straniero, ed è stato nominato sia ai Golden Globe che agli Oscar per la medesima categoria.
Mentre il suo protagonista, Tahar Rahim, ha vinto l’ European Film Award. In Francia Il Profeta ha trionfato con nove premi Cèsar: miglior film, regia, attore protagonista, attore non protagonista, promessa maschile, sceneggiatura originale, fotografia, montaggio, scenografia. La pellicola è una storia di paziente e meticolosa ascesa criminale in una realtà terribile che è quella del sistema carcerario, in questo caso francese.
Il Profeta: il cast
Il ruolo del protagonista, l’algerino analfabeta Malik El Djemena, è interpretato da Tahar Rahim. Mentre la sua controparte, il temibile e terribile boss della malavita corsa Cesar Luciani, è impersonato dal noto caratterista Niels Arestrup. Il resto del cast è composto da Adel Bencherif (Ryad), Hichem Yacoubi (Reyeb), Rada Kateb (Jordi Lo Zingaro), Jean Philippe Ricci (Vettori), Antoine Basier (Pilicci), Gilles Cohen (Prof), Leila Bekhti (Djamila), Frederic Graziani (capo della sorveglianza), Slimane Dazi (Brahim Lattrache), Pierre Leccia (Sampierro), Rabah Loucif (avvocato di Malik), Taha Lemaizi (Hassan).
Il Profeta: trama e recensione
Il giovane Malik El Djebena viene scaraventato in totale solitudine in carcere, e per sopravvivere dovrà affrontare il suo battesimo del fuoco: un omicidio imposto tra quelle quattro mura infernali. Questo ne determinerà la faticosa e dolorosa ascesa nel mondo della malavita. Il profeta è una storia di formazione delinquenziale, un vero e proprio romanzo criminale dove l’ascesa di Djaman ha degli echi quasi scorsesiani.
Mafia corsa, un clan capeggiato da una figura inquietante che si impone con violenza esagerata, cruda e realistica. E’ un po’ la versione francese del nostro Gomorra, in quanto crimine, violenza e alleanze si scambiano continuamente. Spesso vittime e carnefici appaiono così sfumati da apparire difficilmente distinguibili.
Non sappiamo nulla del personaggio di Malik, è un personaggio che non ha alcuna origine nella pellicola. Ovvero chi è? Da dove viene? Perchè è lì? Dalla povertà più estrema, nella sua redenzione l’analfabetismo viene distrutto con la sua crescita personale e con la forza di volontà. Individuato come anello debole e potenzialmente plasmabile, finisce sotto l’ala protettiva del boss Cesar Luciani.
L’apprendimento e l’osservazione lo aiutano fino al ribaltamento della situazione, un arco narrativo che porta allo sradicamento totale delle regole. Malik assume un’aurea quasi soprannaturale che attende fino alla sua vendetta, perchè il motto è Uccidi o sarai ucciso. In palio c’è la vita stessa, in una realtà dove anche solo il semplice respirare è un premio.
O come gli aveva sussurrato la sua prima vittima, l’intento è quello di uscire meno coglione di quando sei entrato. L’emancipazione va avanti con la cultura della scuola carceraria. Non esita a diventare uomo di fiducia per tradire al momento opportuno. Si tratta di restare vivi in qualche modo, sopravvivendo ad un mondo crudele e spietato.
L’ostilità del contesto tuttavia innesca delle abilità in Malik che gli permetteranno di sopravvivere sia alla ferocia dei suoi controllori corsi, che alla diffidenza dei compagni arabi. L’uomo impara in fretta e in effetti, è l’unico modo per sopravvivere alla malvagità di un universo senza speranza che tutto inghiotte e tutto vuole far proprio.
Jacques Audiard dimostra ancora una volta la sua abilità nella straordinaria costruzione di una pellicola impeccabile, caratterizzata da un’estetica rigorosa unita al tempo stesso di una precisione mirabile. Lo spettatore riesce ad intravedere autentici sprazzi di crudezza uniti ad un cupo realismo che documentano al meglio le pericolose insidie della realtà carceraria.
Malik entra in carcere che è totalmente analfabeta, e dopo il suo primo omicidio, sarà proprio lo spirito guida dello stesso uomo ucciso a guidarlo verso le azioni che ne avrebbero caratterizzato la difficile ma inarrestabile ascesa nel mondo del crimine. Quella stessa ascesa sarà lastricata di omicidi e di feroci imposizioni, soprattutto da parte del boss Luciani.
I temi universali all’interno della pellicola
Il Profeta si distingue anche per la sua capacità di affrontare temi universali come la redenzione, l’identità, la violenza e la sopravvivenza in un contesto così ostile come quello del carcere. La narrazione trasmette una profonda empatia per il protagonista Malik, un personaggio complesso che cerca la sua umanità in un ambiente disumano. Questo rende il film avvincente e coinvolgente, poiché porta a riflettere sulla condizione umana in situazioni estreme.
La regia di Jacques Audiard è magistrale nella creazione di un’atmosfera claustrofobica e tetra all’interno del carcere. L’uso della fotografia, della colonna sonora e della scenografia contribuisce a immergerci nel mondo interiore ed esteriore di Malik, facendo sentire la pressione costante e la tensione che circonda il personaggio.
Inoltre, il modo in cui il film tratta la relazione tra Malik e Cesar è particolarmente interessante. La dinamica tra il giovane detenuto e il criminale anziano è complessa e ricca di sfumature. La trasformazione di Malik da un uomo indifeso in un individuo che cerca di trovare il suo posto nel mondo criminale, è affascinante da osservare.
Il lavoro raffinato sulla sceneggiatura, dimostra le grandi capacità di Jacques Audiard nel delineare i personaggi come parte caratterizzante delle sue storie. Infatti la sceneggiatura di Il Profeta è caratterizzata da una coerenza interna straordinaria. Il film riesce a prendere una storia di genere e a trasformarla in un’opera cinematografica completamente personale.
Il regista mantiene una chiarezza talmente lucida che può permettersi di citare esplicitamente numerosi prison-movie e crime-movie senza che ciò sembri forzato o decontestualizzato rispetto alla storia narrata. Questo dimostra la maestria del cineasta nel creare un’opera che si distingue nel panorama cinematografico contemporaneo.
Conclusioni
Infine, Il Profeta dimostra la maestria registica di Audiard nel trasformare una storia di genere in un’opera cinematografica di valore artistico. Il film ha ottenuto riconoscimenti importanti, confermando la sua importanza nel campo della settima arte odierna.
Il risultato ottenuto da Jacques Audiard con Il Profeta è encomiabile, meritevole del grande successo di critica che il film ha riscosso. La sua capacità di portare il pubblico in un mondo così duro e complesso, mantenendo allo stesso tempo un alto livello di maestria cinematografica, è davvero impressionante.
La pellicola è un’opera che lascia un’impronta duratura nella mente degli spettatori e che ancora rimane un solido caposaldo nel genere carcerario europeo mediterraneo. Il Profeta è disponibile sulla piattaforma Mubi dal 01 Novembre.