Sono passati trent’anni dall’uscita nelle sale di uno dei più grandi film della storia del cinema: parliamo di Carlito’s Way, cult del 1993, diretto da Brian De Palma che, dopo Scarface, di dieci anni prima, torna a lavorare con Al Pacino.
Prodotto dalla Universal Pictures e dalla Epic Productions Carlito’s Way nel 1994 ha ottenuto una candidatura ai Golden Globe per il migliore attore non protagonista (Sean Penn), e un’altra al miglior attore straniero (Al Pacino) ai David di Donatello.
Carlito’s Way: la trama
1975: Carlito Brigante (Al Pacino) è un ex narcotrafficante portoricano appena uscito dal carcere e deciso a rifarsi una nuova vita. Intende mantenersi pulito e risparmiare abbastanza denaro da trasferirsi su un’isola dei Caraibi, con l’obiettivo di aprire un autonoleggio e rompere definitivamente con l’illegalità.
Per esaudire il suo sogno prende in gestione “El Paraiso”, un locale in cui investe denaro anche il suo avvocato David Kleinfeld (Sean Penn). Una sera proprio nel suo locale Carlito ha un confronto animato con uno spacciatore del quartiere, Benny Blanco (John Leguizamo), a causa di qualche conto in sospeso.
Intanto Carlito rincontra la sua ex fidanzata Gail (Penelope Ann Miller), lasciata poco prima di entrare in carcere.
Il protagonista vive del suo sogno e nel tentativo di redimersi attraverserà diversi eventi che lo riporteranno indietro nel tempo, in quel mondo dal quale sarebbe voluto scappare per sempre.
Carlito’s Way: la recensione
Carlito’s Way compie quindi trent’anni e non smette mai di entusiasmarci. Dopo il successo di Scarface De Palma consegna di nuovo i panni del protagonista ad Al pacino, che qui ci regala una delle sue migliori prove: Carlito Brigante è infatti un personaggio, così come Tony Montana, in “bilico”, sull’orlo del burrone, portavoce di un mondo di occasioni mancate e perse per sempre, per un soffio.
Il regista chiama a raccolta anche l’infallibile Sean Penn che, nei panni dell’avvocato e amico di Carlito, ci regala un’interpretazione da fuoriclasse.
L’ex gangster, in virtù del codice etico della strada, mette sempre l’onore e la lealtà sopra tutto così che quando rientra nel giro criminale del suo quartiere si sentirà costretto a “ripagare il favore” agli amici, rischiando spesso la sua stessa vita.
Da mettere in luce è di certo il diverso sviluppo dei due personaggi, quello di Carlito e quello di David: entrambi partono da due situazioni opposte, il primo è nato e cresciuto tra la povertà e la delinquenza, il secondo nasce nell’agio della ricchezza.
Ma se Carlito sogna di raggiungere il suo posto in paradiso, Kleinfeld invece scende progressivamente verso l’inferno da quando ha deciso di corrompersi diventando un servo del crimine e dell’edonismo. Le loro necessità in seguito troveranno un punto d’incontro l’uno nell’altro, forse scambiando opportunismo per amicizia.
Il monologo finale
“Mi dispiace ragazzi. Non basterebbero nemmeno tutti i punti del mondo per ricucirmi. È finita. Mi metteranno nel negozio di pompe funebri di Fernandez sulla 109esima Strada. (…) L’ultimo… dei Mohiricani. (…) Gail sarà una brava mamma, di un nuovo e migliore Carlito Brigante. Spero che li userà per andarsene, quei soldi: in questa città non c’è posto per una che ha il cuore grande come il suo. Mi dispiace, amore, ho fatto quello che potevo, davvero.. Non ti posso portare con me in questo viaggio… Me ne sto andando, lo sento. Ultimo giro di bevute, il bar sta chiudendo. Il sole se ne va. Dove andiamo per colazione? Non troppo lontano. Che nottata… Sono stanco, amore. Stanco.”
Nel monologo finale Al Pacino si fonde completamente con il suo protagonista: gli occhi lucidi, la rassegnazione in viso e una macchia di sangue che si allarga sul petto. Brian De Palma ci porta nelle note finali di una vita che si sta spegnendo e che non ha più possibilità di riscatto perchè le ha sprecate tutte.
In Carlito’s Way il fato è già deciso, non ci sono sorprese: in una perfetta narrazione ciclica il pubblico sa già fin dal principio la fine che farà Carlito Brigante. Questo è il destino di chi pretende di arrivare in cima con qualsiasi mezzo a disposizione.
Il monologo finale ci emoziona ancora dopo trent’anni perchè comunica il desiderio illusorio di Carlito, quella sua voglia d’amore e di onestà destinata a frantumarsi con i due colpi di pistola che avevano aperto e ora chiudono la pellicola.
Una redenzione mancata
Il film si conclude quindi con la tragica caduta di un tentato cammino di redenzione che doveva concludersi alle porte del paradiso, alle Bahamas.
Il pubblico sa che Carlito Brigante su quel treno per Miami, assieme a Gail che aspetta un bambino da lui, non ci salirà mai.
Lo sa perché Brian De Palma l’ha annunciato fin da subito, poiché Carlito’s Way inizia con la sua scena finale e tutto quello che vediamo nel mezzo è un flashback, il ricordo narrato proprio dal Carlito che non è riuscito ad aggrapparsi al sogno di una vita.
Questo straordinario personaggio, interpretato da un Al Pacino più in forma di sempre, lo si segue con passione, emozione e affetto.
Carlito’s Way: le conclusioni
Il finale di Carlito’s Way ci offre una mezzora di cinema validissimo, con un De Palma che si cita e si supera, regalandoci sequenze e sentimenti potentissimi e inserendo il suo genio visivo dentro canoni classici degni del buon Hitchcock.
Se Tony Montana, sulle note di The World Is Yours, faceva il possibile per raggiungere quel mondo che credeva essere suo, senza scrupoli nè dubbi, fino ad autodistruggersi, Carlito invece si muove nella direzione opposta: non vuole che quel mondo criminale faccia ancora parte di lui, e deve quindi resistere al peso del suo passato che piano piano lo spinge sempre più in basso.
Carlito’s Way, destinato a risiedere all’ombra del più celebre Scarface, apre una narrazione più complessa rispetto a quest’ultimo. Mette in scena il tentativo di riscatto di un uomo che crede ancora in quel sogno americano che Tony Montana aveva, illusoriamente, sfiorato.