Ci sono pochi film tra le produzioni italiane con la grandeur de Il Gattopardo. Erano gli anni del grande cinema italiano, di più: il 1963 fu un anno d’oro delle produzioni italiane. Basti pensare che assieme al film di Luchino Visconti, arriva in sala Otto e mezzo di Fellini. È in generale un periodo che in termini di produzioni, registi, interpreti forse non si è più rivisto, senza nostalgie facili, solo un tempo diverso. Visconti si era già in passato confrontato con film storici, anche con lo stesso periodo del Risorgimento, già con Senso nel 1954. Questa volta però fa di più, la trasposizione del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, richiedeva un impegno e uno sforzo economico veramente importante.
Fu il capo della Titanus a scegliere Visconti dopo delle divergenze di vedute coi due registi scelti in precedenza. Su impulso dello stesso si decise di riscrivere la sceneggiatura alla quale aveva lavorato Ettore Giannini, considerata troppo lontana dal libro di Tomasi e più orientata a raccontare il Risorgimento. Tra gli autori impegnati nella riscrittura va menzionata Suso Cecchi D’Amico vera e propria pioniera in un mondo generalmente maschile come quello della sceneggiatura.

Il Gattopardo – trama e cast
È il maggio del 1860 a Marsala, in Sicilia, dopo lo sbarco di Garibaldi e dei suoi uomini. Qui, con un misto di rassegnazione e nostalgia per il passato il Principe Fabrizio Salina (Burt Lancaster). Salina ospita in casa il nipote, Tancredi Falconeri (Alain Delon), verso il quale nutre un affetto forse superiore a quello che nutre per i suoi figli. Tancredi, al contrario dello zio, ritiene che la nuova situazione sia da guardare con favore e che sia necessario trarne dei vantaggi. La famiglia si reca nella abituale residenza estiva di Donnafugata, dove incontra il nuovo sindaco del paese, Calogero Sedara (Paolo Stoppa). Il sindaco ha una bellissima figlia, di nome Angelica (Claudia Cardinale), della quale Tancredi si innamorerà subito.
La relazione tra i due giovani sarà anche l’occasione di intessere nuovi rapporti sociali e politici per tutta la famiglia. È il caso dell’arrivo a Donnafugata del Cavaliere Chevalley (Leslie French) inviato in Sicilia dal Piemonte. L’uomo offre a Fabrizio la possibilità di essere nominato senatore del neonato Regno d’Italia. Tuttavia, il principe si dimostra riluttante ad accettare l’offerta, adducendo come motivazione il suo legame con le strutture politiche passate. È durante un gran ballo con l’alta società siciliana, ormai riposizionatasi per il Regno d’Italia che il principe si renderà conto dell’irreversibilità delle vicende del paese. Gli alti costi de Il Gattopardo assieme al flop di Sodoma e Gomorra, costrinsero Titanus a sospendere le proprie attività.

Il Gattopardo – cosa dire quando si è detto tutto?
Cosa resta da dire di un film come Il Gattopardo, quando probabilmente tutto è stato detto? Si sono sprecate le disamine artistiche, non sono mancate quelle politiche. È un film che ha rappresentato un momento di tensione tra Visconti e il Partito Comunista Italiano, per un’opera ritenuta conservatrice, dai toni financo reazionari. La dimensione artistica: quanto si può dire che non sia già stato detto attorno a un film che ancora oggi è un emblema? Forse poco. È un film colossale, nella durata, nella cura maniacale dei dettagli del regista, nelle inquadrature, nella rappresentazione degli ambienti, nella musica. È una magniloquenza quasi irripetibile, una grandezza che ancora ci illumina.
Ma cosa sarebbe stato questo film senza il suo cast? Ma anche viceversa. Dei tre interpreti principali solo Lancaster arrivava con la dimensione di grandissimo attore, in questo ruolo che gli sembra cucito addosso. Ma è il film in cui si rivedono assieme Claudia Cardinale e Alain Delon, di nuovo sotto la regia di Visconti dopo Rocco e i suoi fratelli. Il Gattopardo non potrebbe essere più lontano da Rocco, in ogni senso. L’opera tratta dal romanzo di Tomasi di Lampedusa è in qualche modo una forma di disimpegno di Visconti. È lo è laddove Rocco e i suoi fratelli era invece un film pienamente politico. Il regista decide di ripiegare sul suo passato da nobile, ma lo fa mantenendo i suoi interpreti.

Cardinale e Delon – le forme della divinità
Quanto ha influito, dunque, sul Gattopardo la presenza straordinaria di Claudia Cardinale e Alain Delon è una domanda retorica. In un cinema, quello degli anni ’60, che iniziava anche a cercare nuovi volti, nuovi miti, loro sembravano essere al posto giusto al momento giusto. Cardinale è stata l’icona di quegli anni, Delon è stato l’icona di quegli anni. Entrambi a rappresentare quella nuova idea di cinema che iniziava a farsi spazio, attori e divi oltre lo spazio dello schermo cinematografico. Eppure, cosa rimane è una domanda che l’attrice si poneva in una domanda di qualche anno fa. Forse un’irripetibilità, una presenza che è inutile anche tentare di riprodurre nuovamente. È singolare il modo in cui le loro vite si siano toccate, come i richiami dell’una sull’altra si ripropongano.
Hanno segnato un passaggio di epoca, di status, di un mondo che iniziava irrimediabilmente a cambiare. Con loro pochi altri hanno inciso il loro nome su questo passaggio. Nell’affresco risorgimentale di Visconti, ma anche nelle nuove direzioni del cinema francese e italiano, la fine del Neorealismo, dell’immediato Dopoguerra. Entrambi hanno spesso lavorato nel paese dell’altro, in quel rimescolamento culturale italo-francese di quegli anni. Un incrocio che, oltre a Visconti, ha preso le fattezze del grande Zurlini: con lei per La ragazza con la valigia, con Delon nel bellissimo La prima notte di quiete. Cosa rimane, come si chiedeva Cardinale. Forse non uno stanco nostalgismo sempre rivolto verso ciò che è stato, più dei lampi di bellezza così forti da essere diventati eterni.


