La prima notte di quiete (1972) di Valerio Zurlini, un melodramma queer in una Rimini crepuscolare e grigia; un professore di storia dell’arte, Daniele Dominici (Alain Delon), si aggira trasognato e in cerca di un vuoto esistenziale da colmare tra il sottobosco criminale di provincia e una storia d’amore maledetta. Questi, i pochi ma chiari ingredienti che costituiscono l’opera capolavoro di Valerio Zurlini, film che negli anni è stato riscoperto diventando una pietra miliare del cinema italiano da riscoprire.
Torna la riviera romagnola dei “vitelloni” anche se meno spensierati e rubizzi di Fellini, e meno nostalgica di Amarcord; Zurlini, invece, concentra la sua attenzione su dei personaggi di provincia che sono poco rappresentati e che vagano ognuno alla ricerca di senso tra partite a poker, serate in discoteca e notti di miseria e bagordi. Zurlini dopo La ragazza con la valigia, Estate violenta e Le soldatesse segna uno spartiacque nella sua cinematografia, portando in scena tutto lo squallore di una vita vuota e attraversata da dilemmi esistenziali profondi.
La prima notte di quiete – La trama
Daniele Dominici si trasferisce a Rimini per un impiego come supplente di lettere in un liceo classico. La sua poca passione per l’insegnamento è palese fin da subito, ma la supplenza si rivela ugualmente un palliativo da opporre alla sua vita mesta e infelice. Convive con Monica (Lea Massari), una donna che per lui aveva abbandonato anni prima il marito, un rapporto che ormai vive di inerzia e di un affetto che impedisce una reale separazione.
Dominici ama giocare a carte, e trova nei locali di Rimini alcuni amici con cui condividere notti di poker, tra cui Giorgio Mosca detto Spider (Giancarlo Giannini), Marcello (Renato Salvatori) e Gerardo Pavani (Adalberto Maria Merli), quest’ultimo fidanzato con Vanina Abati (Sonia Petrova), una studentessa dagli occhi magnetici ma spenti di cui Dominici si invaghisce.
Tra i due nasce un rapporto intimo e clandestino per nascondersi dalla violenza del ricco fidanzato Gerardo, un uomo di pochi scrupoli che intende i rapporti umani nient’altro che merci di scambio. Alla contrapposizione tossica e mascolina tra Daniele e Gerardo, si compone anche un rapporto complicato di amicizia con Spider, mago e veggente, con tinte omosessuali.
Tra i due nasce una complicità, Spider porterà Dominici nei luoghi della sua infanzia, e lo stesso professore rivelerà aspetti della sua vita personale che non rivela nemmeno alla sua amata Vanina.
La prima notte di quiete – La recensione
La prima notte di quiete parte con un’immagine che proviene dal mare, una barca a vela galleggiante, sospesa tra cielo e terra, un po’ come lo sguardo di Alain Delon, che Zurlini gli cuce addosso perfettamente. Simbolico di un senso di smarrimento e di perdizione, sul set ci furono molti scontri tra il regista e l’attore francese, rientrati poi per la riuscita della pellicola.
Zurlini infatti realizza quasi un doppio di sé stesso, dando ad Alain Delon il suo inseparabile cappotto cammello, una corazza di lana che lo protegge dal mondo esterno. Inscalfibile, tenebroso, oscuro, Dominici vaga per una Rimini tempestosa con un cappotto che ricorda quello di un altro grande film del 1972, Ultimo Tango a Parigi, con un Marlon Brando perennemente in cappotto, dolcevita e sigaretta in bocca.
È un’iconografia che si ripete. Cambiano i luoghi e i personaggi, ma non lo spirito errante dei due personaggi. La prima notte di quiete è un film intenso, cupo, maledettamente sincero nei suoi rapporti umani, che corrono sempre sull’orlo della disperazione e dell’abisso. La regia di Zurlini si muove lenta per offrire uno sguardo originale sui protagonisti sempre immersi nel paesaggio che li circonda. Una provincia che protegge ma che li isola nello stesso tempo, dove lo spettro della morte aleggia sulle teste dei prescelti.
Tra riferimenti letterari e simbolismi artistici
La prima notte di quiete è anche un film pieno di citazioni letterarie, un simbolismo marcato con la letteratura che prorompe e, quasi, anticipa il destino dei personaggi. Vanina prende il nome da un racconto di Stendhal, di cui – come espresso nel film – “ne hanno fatto anche un film”, riferendosi a quello di Roberto Rossellini del 1961. Ancora, il titolo del film e della raccolta di poesie del professore sarebbe, come riferito da Zurlini, un adattamento di un verso celebre di Goethe.
Sempre Vanina in aula è sorpresa a leggere Donne in amore libro di David Herbert Lawrence. Così come la figura del professori Dominici, un personaggio che sembra essere la crasi di molteplici rappresentati della letteratura: un Lord Jim casalingo, un principe Myškin da L’idiota sostenitore della bellezza che salverà il mondo, un po’ Dick Diver da Tenera è la notte di Fitzgerald, e infine, un Meursault da Lo straniero di Camus.
Ma i rimandi non sono solo di provenienza letteraria. Nel viaggio che compiono Dominici e Vanina i due entrano in contatto con la Madonna del parto di Piero della Francesca a Monterchi, accompagnandoli con i versi di Dante dal canto XXIII del Paradiso. Fino alla scena in discoteca, in cui con un’alternanza di primi piani stretti vediamo il triangolo amoroso tra il professore, Vanina e Gerardo, in un crescendo di emozioni sulle note di Domani è un altro giorno di Ornella Vanoni.