Hatching-La forma del male, la schiusa di un uovo come simbolo di crescita
Uscito circa un mese fa nelle sale italiane, Hatching-La forma del male è un po’ passato in sordina. Per capirne il perché bisognerebbe fare l’ennesima disamina sullo stato di salute del cinema horror e in generale della distribuzione nelle sale italiane, ma non è questo il luogo adatto. Merita invece d’essere messo in luce questo film finlandese, esordio alla regia di Hannah Bergholm. Con stile e una certa originalità, la regista ci racconta di una ragazzina in una fase della crescita particolare. Non è ancora un adolescente, ma neanche più una bambina. Soffre dell’ingerenza della madre nella sua vita, donna alquanto ossessionata dalla perfezione e ossessiva nei suoi confronti. Come rappresentare la sofferenza, l’inadeguatezza e quella sensazione di disagio giovanile nei confronti di una famiglia la cui unica preoccupazione è apparire perfetta agli occhi del mondo? Ecco entrare in scena un uovo che la bambina trova per caso in un nido e decide di covare, accudire fino alla schiusa. Da quell’uovo che continua a crescere sempre di più verrà fuori qualcosa di bizzarro, ma allo stesso tempo inquietante. Ecco la forma del Male suggerita sin dal sottotitolo italiano.
Hatching-La forma del male, la trama
Tinja è una ragazzina di dodici anni che vive, apparentemente, una vita priva di difetti. Molto carina, pratica come sport la ginnastica artistica e sta per partecipare alle sue prime gare importanti. Madre, padre e fratello completano un quadro familiare idilliaco ad un occhio esterno. Se ci si avvicina senza l’uso dei social che piacciono tanto alla madre e tramite cui non manca di documentare la loro quotidianità, si scopre che non è tutto rose e fiori. La donna è un personaggio strano, molto bizzarro e con un amore ossessivo verso Tinja che considera il suo gioiello più prezioso. E’ plausibile che in lei veda una parte di sé stessa arrivista sin dai tempi in cui praticava pattinaggio. La ragazzina soffre di questa situazione, ma non riesce ad accorgersene subito. Tutto cambia quando nel bosco trova un uovo di uccello che decide di portare con sé. Lo accudisce, se ne prende cura e intanto l’uovo cresce a dismisura. Non sarà un pulcino a venirne fuori, ma una creatura decisamente più pericolosa strettamente connessa a lei.
Tutto perfetto, ma…
Hatching-La forma del male presenta la famiglia protagonista come perfetta. Una bella casa, un clima di comunione familiare, sorrisi e gesti d’affetto sin dalle prime immagini. Inoltre, la mamma è proprietaria di un blog online il cui scopo è proprio condividere con migliaia di utenti la loro vita felice. Quindi…cosa c’è che non va? Beh, noi spettatori sappiamo ormai che non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze, soprattutto quando un film horror presenta i protagonisti come fatti e finiti. E’ un po’ la stessa sensazione vissuta con il Get Out di Jordan Peele. Questo film finlandese fa in modo di nascondere il marcio proprio sotto il tappeto di casa, peccato però che ad un certo punto esca fuori e diventi incontrollabile. Il marcio, se così vogliamo chiamarlo, si nasconde proprio in Tinjia, questa ragazzina di dodici anni trattata come una bambola dalla madre. Padre e fratello sono praticamente inesistenti, la donna è una cosiddetta madre-controllo. L’uovo che la ragazzina trova e decide di tenere con sé raggiunge una grandezza insolita e, gelosamente, lo tiene nascosto, quasi fosse l’unica cosa di sua proprietà, poiché niente all’atto pratico lo è vista l’ingerenza della madre nella sua vita. L’uovo ad un certo punto si schiude e ne viene fuori una creatura simile ad un uccello, ma grande quanto lei. La dimensione non è certo l’unica cosa che le accomuna, perché Tinja, anche se involontariamente, riversa dolore e frustrazioni varie che cova metaforicamente proprio nell’uovo e la creatura diventa più simile a lei di quanto non si creda all’inizio.
Rinascere con stile e originalità
Il passaggio dall’età infantile a quella adolescenziale è la colonna portante dei cosiddetti coming-of-age. Anche Hatching-La forma del male, tra le tante cose, può essere considerato tale, ma in modo decisamente particolare. Perché scegliere un uovo come forma del Male e che cos’è questo Male che Tinja cova esplicitamente nel suo letto e implicitamente dentro di sé? L’uovo è riconosciuto come simbolo di rinascita, un involucro apparentemente “morto” che dentro nasconde una vita. Tinja, in un certo senso, sembra subire passivamente il comportamento della madre e non avendo una figura paterna che la supporti si sente sola. Quell’uovo contiene la parte più oscura della ragazza, quel lato che ha sempre nascosto al mondo per ricercare ossessivamente la perfezione, familiare e sportiva. L’uccello si nutre della sua rabbia quotidiana, fino a tramutarsi nel suo doppelganger. Una rinascita, quindi, all’insegna del conoscere la parte più profonda di sé fino a scontrarsi in un finale drammatico e commovente. L’approccio all’argomento è abbastanza originale, anche se forse è meglio dire inusuale, così come lo stile registico risulta raffinato e per nulla banale.
Due performance da lodare
Ultimo punto, ma non meno importante, le performance delle due attrici protagoniste. Siiri Solalinna e Sophia Heikkilä, rispettivamente interpreti di Tinja e la madre, sono assolutamente perfette nel ruolo. In particolare, Solalinna dimostra una grande capacità di immedesimazione in una parte che in realtà risulta doppia e di certo non dall’approccio facile. Heikkilä invece ha un’espressività incredibile, il suo viso dice tutto sul carattere del suo personaggio e trasmette quella giusta dose di ambiguità e disagio, senza strafare o rendere troppo grottesca la performance. Hatching-La forma del male è un esordio potente, imperfetto forse, ma di certo consapevole da parte di Hannah Bergholm che dimostra di sapere cosa vuole raccontare e qual è il miglior modo per farlo. Una regista da tenere sicuramente d’occhio per il futuro.