Musica a palla, sparatorie e un’anti-eroina in cerca di vendetta: sono questi gli ingredienti di Furies, frenetica serie action di Netflix diretta da Cédric Nicolas-Troyan e con protagonista Lina El Arabi, che cerca di distinguersi da altri prodotti analoghi del genere, senza però trovare una propria identità.
Furies, la trama e il cast
Lyna (Lina El Arabi) è una ragazza come tante, che trascorre tranquillamente la propria quotidianità assieme al poliziotto Elie (Jeremy Nadeau). Ciò che Elie non sa però è che Lyna ha un padre criminale che, nel mezzo di una festa di compleanno in famiglia, viene fatto fuori brutalmente. Dopo sei mesi rinchiusa in un carcere (senza un motivo ben definito), comincia così il viaggio della protagonista, ambientato in una Parigi contemporanea, alla ricerca della colpevole dell’assassinio del suo caro.
Tutti gli indizi porterebbero ad una donna misteriosa chiamata “La Furia” (Marina Foïs), che ha l’incarico di eliminare gli esponenti della malavita che non si attengono alle “regole” dell’ambiente ma, come vuole la sceneggiatura per incuriosire lo spettatore, non tutto è come sembra. La donna che è inizialmente la principale indiziata dell’omicidio del padre di Lyna comincerà una collaborazione con lei per fare chiarezza su quella che sembra una storia piena di intrighi. Presenti nel cast anche Quentin Faure (Le Boueux), Sandor Funtek (Orso Sandor) ed Eye Haïdara (Keita Eye).
La recensione della nuova serie TV targata Netflix
Furies è un prodotto privo di ambizione, che cerca di barcamenarsi tra il genere action e thriller, senza però trovare riferimenti degni di nota in nessuno dei due casi. Il cast si trova a fronteggiare una narrazione che prova senza impegno a interessare il pubblico, e quest’ultimo ha l’impressione di aver impiegato il proprio tempo in maniera non proprio ottimale.
Una scrittura poco ispirata
Mentre per alcuni versi Furies mostra proprio ciò che ci si aspetta da un prodotto action, purtroppo la serie diretta Cédric Nicolas-Troyan finisce per mescolarsi al calderone di film e serie TV dello stesso genere, non riuscendo a trovare una propria originalità. Non basta far immergere lo spettatore, fin dalle prime scene mostrate, in una pioggia di pallottole e scazzottate, non se tutta l’impalcatura non può contare su un minimo di scrittura per mettere insieme i pezzi del puzzle.
Gli sceneggiatori della serie creata da Jean-Yves Arnaud e Yoann Legave sottovalutano infatti l’importanza di un filo conduttore tra la componente di mera azione e quella thriller: se i colpi di scena, se tutte le scoperte della protagonista risultano nient’altro che scelte narrative derivative, non si può pretendere dal pubblico di prendere sul serio ciò che si sta osservando. Il risultato finale è un’accozzaglia di espedienti mirati a far trascorrere quelle otto puntate senza il minimo impegno.
Furies, un gioco per console?
Un’altra chiave di lettura di Furies, considerando la struttura narrativa vista e rivista, potrebbe essere che si tratti di un prodotto che trae ispirazione, forse anche troppo, da dinamiche che potrebbero facilmente essere integrate in un gioco per console. Il problema però è che, nonostante vi siano molti prodotti validi anche nell’ambito dell’entertainment legato all’utilizzo del joypad, Furies non riesce comunque ad attingere l’ispirazione necessaria a strizzare loro l’occhiolino.
In fin dei conti, dunque, qualunque fosse l’intento degli addetti ai lavori, indipendentemente dalla fonte di ispirazione, non si è arrivato a centrare l’obiettivo. Anche quando sembra quasi raggiunto lo spiraglio di una visione d’insieme, ecco che arrivano, l’istante dopo, il disimpegno e l’omologazione che prendono il sopravvento.
Un’attrice protagonista convincente
Lina El Arabi rappresenta uno dei pochi punti a favore di un prodotto privo di spunti. Non basta offrire al pubblico intrattenimento action che alterna scene di violenza brutale a battute di serie infima per ottenere il consenso cercato, però si deve riconoscere all’attrice protagonista la capacità di calarsi nel ruolo in maniera quantomeno convincente.
Lyna viene prima presentata come una ragazza semplice, dal carattere forte, ma sicuramente non capace di scatenare la baraonda che comincia a partire da una prima puntata inoltrata fino alla fine della serie. Quando si cambia registro però, El Arabi accompagna la crescita della protagonista senza troppe sbavature. La protagonista, implacabile nel suo viaggio di vendetta, trae ispirazione da alcune delle antieroine più celebri e recenti (vedasi Atomica bionda con Charlize Theron). Dunque si può affermare che la penna, almeno nel caso di Lyna, abbia fatto incontrare sapientemente l’inventiva con l’attrice in carne, ossa (e proiettili).
Marina Foïs, si può fare di più
Lo stesso discorso riguardo la prova attoriale della protagonista El Arabi non si può fare però per Marina Foïs, attrice navigata ma che, evidentemente, è stata troppo ostacolata da una scrittura frivola e senza ambizione.
In un contesto narrativo immaginato dagli sceneggiatori come dominato dalla lotta tra bande criminali parigine, Fois non riesce a trovare il proprio spazio, e diventa vittima di errori di sceneggiatura ed espedienti inutili che riescono anche a rovinare le scene d’azione presenti.
In conclusione
Cedric Nicolas-Troyan confeziona un prodotto che ammicca alla tendenza crescente delle pellicole action senza chiedere un perché, ma il risultato si distingue per una superficialità tale da inficiare la maggior parte degli spunti anche vagamente interessanti.
Un susseguirsi quasi incessante, fino a diventare stucchevole, di trame e sottotrame, la ricerca continua di colpi di scena, rende la messa in scena frammentaria, priva di quella stabilità necessaria a portare a casa un prodotto almeno divertente. Ci si augura che l’attrice protagonista, Lina El Arabi, possa trovare in futuro un team di addetti ai lavori che possa valorizzarne il talento recitativo. Dopo Citadel di Prime Video, anche Netflix aggiunge alla sua collezione un altro prodotto che non vale il tempo speso a guardarlo.