22 contro la terra spin off di Soul prodotto dalla Pixar
Accade in Soul, ultimo lungometraggio Pixar, vincitore degli Oscar 2021 come miglior film di animazione, di imbatterci nella buffa 22: si tratta di una gocciolina azzurra, che ha per nome un numero e che altro non è se non un’anima ostinatamente e maldestramente determinata a non trovare la propria vocazione. Nasce da qui il corto 22 contro la terra.
22 infatti spedisce dritti dritti sulla Terra, pianeta che la nostra protagonista detesta con tutta se stessa, dove l’esistenza è un caos di ostacoli e delusioni, e pare nulla di buono possa succedervi, se non a prezzo di sfiancanti sacrifici e fatiche demoralizzanti.
Ora, prima di incontrare il musicista jazz Joe Gardner e, volente o nolente, cambiare idea, 22 metteva in campo ogni mezzo per sottrarsi al suo destino di anima: questo brevissimo cortometraggio scanzonato, lo racconta.
22 contro la terra trama
In particolare la vediamo impegnata nel reclutare cinque compagne giovanissime, destinate a reincarnarsi;
Con loro crea un gruppo di sovversive del sistema, ribattezzato Apocalisse, nome impronunciabile e sistematicamente storpiato dalla totalità dei suoi piccoli componenti.
La “gang” si impegna in azioni generalizzate e disorganizzate di sabotaggio delle buone pratiche così da evitare che gli spiriti spuri possano appassionarsi a qualcosa e riconoscersi pronti a diventare umani; eppure ogni tentativo comporta l’opposto risultato ossia far emergere un’ inclinazione chiara e localizzata in un membro della sua malconcia resistenza.
Per questo la banda apocalittica di ribelli, pur volenterosa, perde pezzi clamorosamente.
La sua campagna d’odio e sabotaggio della Terra, stupido sasso blu e verde che galleggia nello spazio, volge alla dolorosa inarrestabile sconfitta, ma la capitana 22, che pur ammette di aver perso la battaglia, non si dichiara sconfitta nella guerra.
Quel globo calamita di anime resta sempre il suo nemico numero uno.
22 contro la terra recensione del corto disponibile su Disney Plus
Diretto da Kevin Nolting, distribuito su piattaforma Disney+ ed uscito ad aprile di quest’anno, 22 contro la terra è un prequel parziale del precedente Soul, di cui rappresenta un corto anticipatorio.
Un teaser di spin off, la rivelazione di com’era qualcosa già comparso su grande schermo e già assimilato; sostanzialmente una lunga scena che focalizza l’abitudinario temperamento da bastian contrario della piccola 22, forza motrice conflittuale di tutta la storia.
Suoi contraltari fantocci sono le innocenti anime della sua banda sgangherata, del tutto ingenue, impreparate, goffe, sprovvedute e tenere, che incarnano l’età della non ragionevolezza, dell’intuito guida, dell’emozione epidermica, destinate ad accendersi alla vita e all’amore per un niente: basti pensare che la cieca fedeltà di una di esse la porta a scoprire che il suo destino di rinascita è reincarnarsi in un cane.
Cercando con sgraziata maestria di contemperare il piano criminoso con le scarse capacità criminali, nel corto si ipotizza e si ricostruisce, senza troppi pensieri, il comportamento di uno solo dei due personaggi principali di Soul, l’animella in cerca di scopo, che tanto danno e tanto beneficio porta a Joe musicista miracolato.
Non sembra un caso la scelta, a dimostrazione che le domande sottostanti una simile produzione fossero effettivamente esistenziali, di un certa ambiziosità e spessore, interessate più all’aldilà che all’aldiqua, secondo i dettami tipici di Docter.
22 è cinica e sarcastica, disillusa, ma straripante di energie, allegra e ad un passo dal vuoto, solitaria per scelta ed infelice della solitudine, praticamente un essere umano medio a tutti gli effetti.
Le sue gesta recuperano frettolosamente la dimensione comica, divertente ed infantile dell’intera operazione, smorzando il carico filosofico che si portano dietro certi interrogativi, e mettendo in risalto, nuovamente, architetture, morfologie e colori di un antemondo cubista, essenziale, astratto, sospeso in cui la cromatura separa gli spazi e allarga il respiro.
Come mai un’anima non vuole nascere, si chiede il regista, raccogliendo quesiti spontanei sorti durante la lavorazione di Soul; qui si prova a darne un’illustrazione, anche se il tentativo è più un compendio di monellerie spudoratamente tese al bonum exemplum, che un approfondimento del complesso tema.
D’altronde tutto accade in soli sette minuti: durata concisa, ritmata, sfrenata, rumorosa, in puro stile 22, quasi una strizzata d’occhio ai più piccoli, perché non si dimentichino che tutti i nodi prima o poi vengono a patti col pettine e che il fine ultimo dell’essere umano è vivere.
Paola Cortellesi presta la sua voce per doppiare la dirompente protagonista e ci lascia invasi di una qualità frizzante, che detta i tempi delle azioni scombussolate in mano agli spiritelli dissenzienti.
Peccato perché spesso nella dimensione breve si possono evocare esistenzialismi in modo più riuscito che su archi lunghi: ma qui si opta per risolvere tutto in un chiassoso gioco, che non finisce come dovrebbe, lasciando pochi strascichi in chi ne avrebbe dovuto imparare la lezione, escluso forse, un rafforzato allarme cinico nella protagonista, arma con cui mettere a distanza chiunque gli parli di mondo.
L’ironia del finale in cui i due guardiani ci rivelano a loro modo senza dircelo il senso della vita, è una gradevole variante in cui sembra emergere lo scherzo autoriale e beffardo verso chi si aspetta, forse, sempre troppo da un film per bambini.